Tutti i post della categoria: Economia

Equitalia, una riflessione

postato il 4 Gennaio 2012

In questi giorni, il comico Beppe Grillo ha parlato del difficile rapporto tra gli italiani ed Equitalia, culminato nei pacchi minatori e negli atti di violenza dei gironi scorsi.
Il comico genovese, pur condannando la violenza, sostiene che ormai Equitalia è diventato il terrore degli italiani, dicendo testualmente: “se Equitalia è diventata un bersaglio bisognerebbe capirne le ragioni oltre che condannare le violenze. Un avviso di pagamento di Equitalia è diventato il terrore di ogni italiano. Se non paga l’ingiunzione ‘entro e non oltre’ non sa più cosa può succedergli. Non c’è umanità in tutto questo e neppure buon senso. Monti riveda immediatamente il funzionamento di Equitalia, se non ci riesce la chiuda. Nessuno ne sentirà la mancanza”.
A questo punto vorrei fare rilevare alcune cose molto importanti: intanto che Equitalia non fa le leggi e non sceglie come agire, ma agisce secondo norme stabilite da altri e si limita a svolgere la sua funzione, ovvero di riscossione dei crediti da parte della Pubblica Amministrazione.
Faccio inoltre rilevare che, se Equitalia chiudesse, come auspica il comico ligure, si verrebbe a creare una situazione altrettanto ingiusta: lo Stato italiano non potrebbe riscuotere i crediti vantati, e alcuni italiani pagherebbero e altri no.
Con quanto sopra, non intendo dire che il funzionamento di Equitalia non sia migliorabile, ma che la protesta deve essere costruttiva, e proprio per questo motivo, ben prima che Grillo scrivesse sul suo blog, l’UDC aveva presentato in primavera una sua proposta (primo firmatario l’on. Libè) estremamente concreta su come aiutare le famiglie, portando avanti la richiesta di una moratoria di un anno verso le procedure di esazione crediti poste in essere da Equitalia.
Che significa nel concreto? Significava aiutare circa 6 milioni di famiglie e piccoli imprenditori, che hanno problemi a pagare i crediti vantati da aziende ed Enti (ad esempio INPS) e riscossi da Equitalia.
Questo aiuto sarebbe avvenuto sottoforma di moratoria, ovvero bloccando per un anno le procedure di riscossione verso i soggetti che realmente versano in stato di bisogno.
Altri punti interessanti della proposta erano focalizzati a considerare la possibilità di ridurre gli interessi delle sanzioni annesse, di prevedere un aumento del numero massimo di rate concesse nelle rateizzazioni da Equitalia (fino a 120 rispetto alle attuali 72) nonché di concedere la possibilità di compensare i debiti nei confronti di Equitalia con i crediti verso enti pubblici.
Altro punto molto interessante era quello rivolto ad ‘iniziative normative volte a utilizzare sui territori regionali i profitti che Equitalia matura dalla riscossione dei tributi insoluti’ e ‘l’istituzione di un fondo di garanzia a sostegno delle imprese in difficolta’ per le pendenze e che si troverebbero costrette a licenziare i dipendenti e fallire’. Lo scopo era quello di distinguere tra evasori (da perseguire e sanzionare) ed italiani onesti in difficoltà a causa della crisi e che devono essere aiutati.
Purtroppo questa proposta fu bocciata, inspiegabilmente, dal vecchio governo Berlusconi e anzi vorrei ricordare come si espresse l’on. Libè in quei giorni, affermando che il governo aveva ignorato ”chi per anni ha concorso a creare onestamente la ricchezza nazionale e si trova momentaneamente in crisi e che paradossalmente si trova ad essere trattato come un delinquente qualsiasi”.

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Con Monti siamo in buone mani

postato il 29 Dicembre 2011

La conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio mi conforta ulteriormente: siamo in buone mani, nelle migliori possibili per guidare il Paese nella drammatica crisi europea. Abbiamo percorso solo un tratto di strada e mi auguro che il senso di responsabilità dei principali leader politici consolidi lo sforzo comune che abbiamo iniziato.

Pier Ferdinando

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Perché lo spread non scende?

postato il 24 Dicembre 2011

In tanti mi chiedono: “perché lo spread non scende rispetto ai livelli del Governo Berlusconi?”. La risposta è semplice: ieri la BCE comprava miliardi di titoli di Stato per sostenere l’offerta, oggi non più. Procediamo con le nostre gambe!

Pier Ferdinando

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Ora liberalizzazioni: le vogliono i cittadini

postato il 18 Dicembre 2011

Le  liberalizzazioni significano più concorrenza e attenzione verso il consumatore e prezzi più bassi. Noi dobbiamo scalfire i monopoli, che vanno contro gli interessi dei cittadini. E’ chiaro che a liberalizzare si perde voti,  ma sappiamo che questa è una delle sfide nodali di questo Paese.
E poi siamo davvero convinti che questi voti sono voti che perdiamo con i cittadini? Secondo me li perderemmo solo con qualche corporazione, ma contemporaneamente ne guadagneremmo altri, perché i cittadini le liberalizzazioni le vogliono.

Pier Ferdinando

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Casini: «Governo più forte premier avanti fino al 2013»

postato il 18 Dicembre 2011

L’intervista pubblicata su ‘Il Messaggero’ di Alberto Gentili

«Quei cento voti in meno alla Camera fanno chiarezza. Ora il governo è più forte». Pier Ferdinando Casini preferisce guardare al « bicchiere mezzo pieno». E scommette sulla durata «fino alla primavera del 2013» di Mario Monti a palazzo Chigi.

Non peccherà d’ottimismo? Berlusconi ha detto che non sa quanto Monti durerà e Bersani ha sostenuto che l’orizzonte del Pd sono le elezioni. Segnali poco incoraggianti, non crede?
«Io sostengo che è stato un miracolo, un vero miracolo, essere riusciti a passare nel giro di venti giorni dalla contrapposizione più esasperata tra Berlusconi e Bersani, al fatto che ormai da diverse votazioni si sommino in Parlamento i voti di Pdl e Pd. Poi è naturale che alcuni esponenti manifestino mal di pancia».

Però i distinguo ci sono e Monti ci deve fare i conti.
«Ce li facciamo pure noi e ce li faremo. Ma vedo Monti solido e forte fino alla fine della legislatura. Nessuno può permettersi di staccare la spina a questo governo: l’effetto sarebbe chiaro, chi ne sarebbe responsabile avrebbe su di sé il marchio dell’irresponsabilità. Abbiamo da collocare miliardi e miliardi di titoli di Stato e se non convinciamo gli investitori della serietà dei nostri propositi, non ci salveremo. A quel punto tutto sarò ben peggio di ciò che oggi può essere ipotizzato: precipiteremmo verso la bancarotta, vanificando i sacrifici che stiamo compiendo». [Continua a leggere]

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La manovra era inevitabile

postato il 17 Dicembre 2011

Solo pazzo può pensare a nuove elezioni

Di questa manovra non si può essere soddisfatti perché chiede tanti sacrifici agli italiani ma era inevitabile. Solo un pazzo e un irresponsabile può pensare che le dimissioni del governo o nuove elezioni siano la soluzione per il Paese. Non credo che né il Pd né il Pdl, né altri in questa maggioranza, possano assumersi la responsabilità di compromettere i risparmi degli italiani e provocare la bancarotta del Paese.
Noi, senza tanti populismi e demagogie, sosteniamo il Governo Monti per senso di responsabilità, ben consapevoli dei sacrifici che sono stati chiesti all’Italia, ma l’alternativa e’ la rovina per tutti. L’Italia e i risparmi delle famiglie sono sull’orlo del baratro.

Pier Ferdinando

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Stop all’aggio di Equitalia: finalmente un risparmio per i cittadini

postato il 15 Dicembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

In questi mesi di Equitalia è stato detto e scritto molto, e tutti erano concordi che bisognava intervenire, quanto meno per mitigare certe azioni di Equitalia (cui l’ente non poteva sottrarsi, ricordiamolo, in quanto “obbligato” per legge).
Oggi possiamo dire che oggi finalmente abbiamo delle notizie positive per i cittadini, infatti Equitalia non farà più pagare un aggio del 9% ai contribuenti a cui devono riscuotere i tributi; sarà invece lo Stato a stabilire l’entità dei costi di riscossione a carico dei debitori, che dovranno comunque essere inferiori a quelli attuali. E’ quanto prevede uno degli emendamenti alla manovra dei relatori, Maurizio Leo e Pier Paolo Baretta, approvate ieri sera dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera.
Ma cosa significa questo emendamento? Con la finanziaria 2009, Tremonti stabilì che l’attività degli agenti della riscossione fosse remunerata con un aggio (ovvero una integrazione del tributo iscritto a ruolo) pari al 9% delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora, una somma a carico del debitore. Dopo numerosi ricorsi alle varie commissioni Tributarie, la manovra recepisce le richieste di riforma delle modalità di pagamento dell’attività di riscossione di Equitalia. Il testo afferma che ”gli agenti della riscossione hanno diritto al rimborso dei costi fissi risultanti dal bilancio certificato da determinare annualmente, in misura percentuale delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora”.
Tali costi saranno determinati da un decreto del Ministero del Tesoro che terrà conto ”dei carichi annui affidati, dell’andamento delle riscossioni coattive e del processo di ottimizzazione, efficientamento e riduzione dei costi del gruppo Equitalia Spa”.
In pratica si ribadisce che gli agenti della riscossione hanno diritto al rimborso dei costi fissi in proporzione, ma la novità è che il decreto del ministero che dovrà stabilire i rimborsi a Equitalia, dovrà in ogni caso prevedere oneri sensibilmente minori rispetto a quelli odierni.
In pratica non si pagherà più il 9% ma una cifra inferiore, stabilita dal ministero; a questo risparmio se ne può aggiungere uno ulteriore: se il contribuente paga entro 60 giorni dalla notifica della cartella, il cittadino pagherà solo il 51%, mentre la restante parte è a carico dell’ente.

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Nella manovra il primo segnale concreto alle famiglie

postato il 14 Dicembre 2011


Noi crediamo che il principio che il Governo Monti ha stabilito di una tassazione differenziata secondo componenti del nucleo familiare sia finalmente, dopo anni di attesa,  il primo segnale concreto che arriva alle famiglie italiane.

Pier Ferdinando

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Liberalizzazioni cercansi. Urgentemente.

postato il 13 Dicembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

L’Italia è un Paese di Caste e di Castine, in cui poteri pubblici e interessi privati sono sempre andati a braccetto e in cui le rendite di posizione sono sempre state considerate alla stregua di beni primari. L’Italia è un Paese che vanta una classe politica strapagata, ma largamente insufficiente ad espletare i suoi compiti, e gran parte del resto della popolazione che si impegna caparbiamente – almeno, chi ha l’opportunità di farlo – nella difesa ad oltranza del proprio orticello e che è pronta a riciclare gli slogan contro i privilegi della “Casta dei politici che ruba”, ma che si indigna stizzita quando qualcuno prova a mettere naso negli affari che li riguardano. Con tutti i macroscopici privilegi che hanno i pezzi grossi in Italia, dicono, proprio quelli dei tassisti o dei farmacisti, dei notai o degli avvocati dovete venire a discutere? Uh, figurarsi. Guai a chi, impavido o piuttosto ingenuo, proverà ad modificare questa incresciosa situazione, tirando fuori dal cassetto le celebri (o si dice “fantomatiche”?) liberalizzazioni. Si vedrà costretto a soccombere di fronte alla ferma e ferrea opposizione delle corporazioni dei mestieri, di quelle categorie di settore che anziché essere, come nel resto d’Europa, libere associazioni di lavoratori, sono piuttosto l’ultimo regalo lasciatoci in eredità dell’economia fascista: “tutela di tutti gli interessi che armonizzano con quelli della produzione e della nazione”. Simona Bonfante, quest’estate, lo aveva spiegato molto chiaramente: “nel nostro defascistizzato paese dove non si può – per carità – manco evocarlo il Duce, si può, invece, ed anzi è titolo di merito, mantenerne in vita le infrastrutture liberticide e gridare allo scandalo quando solo se ne ipotizza la chiusura, ovvero l’apertura alla plurale, libera concorrenza dei meriti professionali”. Queste infrastrutture liberticide hanno i nomi più disparati e vanno dai vari ordini professionali alle altrettanto varie confederazioni del lavoro, tutti con caratteri comuni: difesa più intransigente della loro struttura chiusa e conservatrice e avversione più decisa a ogni provvedimento che provi a rendere finalmente libero il mercato in cui operano (per l’appunto, le liberalizzazioni).

Personalmente sono sempre stato un fan della concorrenza e perciò ho sempre visto di cattivo occhio ogni ostacolo al libero mercato: per questo quando il Premier Mario Monti ha licenziato la manovra economica, che pure è pesante e rischia di essere perfino recessiva, ho gioito alla vista delle liberalizzazioni inserite nel testo. Che forse non avrebbero avuto immediati effetti sulla crescita e sulla competitività, ma che comunque avrebbe imposto alle imprese italiane produttive, commerciali e di servizi di adeguare la loro offerta e di migliorare la loro competitività (a vantaggio loro, dei loro dipendenti e di noi consumatori). Nel decreto c’erano nuove tasse, ok, ma c’era anche il via a un cammino improntato a politiche pro-crescita. E invece la portata innovativa della manovra del governo si è schiantata contro l’orgoglio corporativo di questa parte del popolo italiano, che ha reagito con vigore alle prime due, importanti liberalizzazioni: la libera vendita dei farmaci di fascia C nei supermercati e l’apertura alla concorrenza per le licenze dei taxi (notare, poi, come in Parlamento, l’opposizione a questi due provvedimenti sia andata di pari passo a quella sui tagli ai costi della politica). Le corporazioni hanno potuto più dei sindacati, in fondo: la minaccia di chiudere e sabotare tutto ha potuto più di uno sciopero congiunto di CGIL, CSIL e UIL.

Tutto questo è inaccettabile. Qui lo si è sempre sostenuto: il compito del Governo Monti non è solo quello di traghettare l’Italia in mezzo a un mare in tempesta; c’è bisogno di riforme strutturali e profonde, che non investano solo le pensioni o il mercato del lavoro, ma che contemplino, per l’appunto, le liberalizzazioni e le privatizzazioni. Perché se non si riusciranno a piegare davvero le assurde pretese di queste corporazioni, il duro sacrificio economico chiesto agli Italiani sarà davvero iniquo e impossibile da digerire. Per questo, Presidente Monti, qui bisogna dire no a questo ricatto e aprire la porte al futuro (al libero mercato, cioè). Proprio come Lei ci ha giustamente spiegato tempo addietro.

 

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Banche e crisi, appunti a margine.

postato il 12 Dicembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Le banche, nel sistema economico sono fondamentali: tramite loro, le imprese e le famiglie possono finanziarsi, e soprattutto per le prime è fondamentale avere accesso al credito per potere proseguire la propria attività. Con un paragone semplicistico potremmo dire che le banche sono il sistema venoso che porta ossigeno e nutrimento (i soldi) ai muscoli (le imprese). Se la circolazione sanguigna si blocca, il corpo muore.

Premesso quanto sopra, può capitare che le banche vadano in crisi, come rischia di accadere in Germania. In questi giorni, si è anche affacciata l’ipotesi di una nazionalizzazione della Commerzbank, dato che l’istituto bancario tedesco ha grossi problemi di tenuta e anzi c’è chi parla apertamente di un possibile crack finanziario di questo istituto, cui seguirebbe quello di Deutsche Bank, Deutsche Post, Credit Suisse e Societe Generale.

Questa situazione ha generato una conseguenza importante: con l’esclusione dell’overnight o di scadenze brevissime, il mercato bancario è svanito, più o meno come accadde nel 2009 subito dopo Lehman. Che significa in concreto? Che le banche non si fidano tra loro o comunque preferiscono tenersi in casa il cash necessario per far quadrare a fine giornata i flussi finanziari. Inoltre, finora si poteva bussare (e lo si è fatto in modo massiccio) alla Bce per ottenere liquidità con una sorta di pronti contro termine, ma per scadenze anch’esse brevissime. Di più la Bce sembrava non poter fare, ma ora, come abbiamo detto, la situazione è cambiata e adesso vi è la possibilità per le banche di portare alla Bce “carta” con scadenze più lunghe, ma provvista di garanzia statale. Questo vuol dire che in astratto le banche potrebbero indebitarsi fino al patrimonio di vigilanza (è un’esagerazione, ma dà l’idea) per ottenere liquidità preziosa fino a quando sul mercato non si saranno ristabilite le normali condizioni di funzionamento. Pare che sia un meccanismo che le banche irlandesi stanno già sfruttando. Nel frattempo il fondo EFSF (il fondo salvastati) vedrà la luce nell’estate del 2012 con una capienza di 500 miliardi. Questa decisione è molto importante, perché ad oggi se il fondo Efsf andava sul mercato a chiedere soldi, rischiava un mezzo fiasco e comunque non avrebbe risolto il problema, perché molti gestori avrebbero sottoscritto bond dell’Efsf e per finanziarsi avrebbero venduto Btp e Bonos spagnoli, aumentando le tensioni sul mercato. Adesso, con il commitment, ovvero l’impegno degli Stati Ue a contribuire per 500 miliardi che è all’origine del fondo stesso, il fondo EFSF può ottenere dalla BCE una ulteriore riserva di 1.000 miliardi di euro. A questo punto, il fondo salvastati ha le dimensioni necessarie per mettere paura al mercato ribassista e dare tempo a Italia e Spagna di mettere a punto le loro manovre e riforme fiscali per risanare i conti.

Come si vede, ci siamo ricollegati alla situazione italiana, la quale ha un altro punto importante: l’articolo 6 della manovra voluta da Monti che è quello riguardante la possibilità da parte dello Stato di concedere la propria garanzia alle passività delle banche di durata da tre mesi fino a cinque o addirittura sette anni. E’ una garanzia sottoposta al vaglio preventivo della Banca d’Italia circa l’adeguata patrimonializzazione e solvibilità della banca stessa. E sarà ovviamente una garanzia a pagamento, con fee variabili a seconda della natura della passività. Perché questa garanzia è così importante? Le banche italiane sono patrimonialmente solide (più di molte banceh tedesche e francesi per capirci), ma hanno poca disponibilità liquida da concedere in prestito e al mercato secondario un bond a cinque anni di una banca italiana, sia pure con garanzia dello Stato, oggi interessa assai poco. La garanzia è invece importante se è possibile da parte delle banche emettere un bond a cinque anni, comprare dallo Stato la garanzia, presentarsi dalla Bce e utilizzare quel bond garantito dallo Stato come collateral (garanzia) per ottenere liquidità per un periodo pari a quello del bond stesso. Questa possibilità cambia di colpo lo scenario per tutte le banche e potrebbe permettere loro di superare l’attuale impasse della assoluta mancanza di liquidità interbancaria, soprattutto per le scadenze medio-lunghe. E l’effetto di questa mancanza di liquidità, per l’economia italiana è pericolosissimo: da più di un mese tutte le migliori medie e piccole aziende sono chiamate dalle banche per riavere indietro soldi o per comunicare loro di non voler concedere altre, determinando ulteriori effetti restrittivi per le imprese e l’economia italiana. Invece, i soldi ottenuti dalle banche italiane nel modo sopra detto, devono, per legge, essere destinati a crediti verso le PMI con tassi di interesse più bassi di quelli attuali, dando così ossigeno all’economia italiana.

 

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