postato il 18 Dicembre 2011 | in "Economia, Politica"

Ora liberalizzazioni: le vogliono i cittadini

Le  liberalizzazioni significano più concorrenza e attenzione verso il consumatore e prezzi più bassi. Noi dobbiamo scalfire i monopoli, che vanno contro gli interessi dei cittadini. E’ chiaro che a liberalizzare si perde voti,  ma sappiamo che questa è una delle sfide nodali di questo Paese.
E poi siamo davvero convinti che questi voti sono voti che perdiamo con i cittadini? Secondo me li perderemmo solo con qualche corporazione, ma contemporaneamente ne guadagneremmo altri, perché i cittadini le liberalizzazioni le vogliono.

Pier Ferdinando

5 Commenti
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Antonino Trunfio
Antonino Trunfio
12 anni fa

LIBERALIZZAZIONI !! La prima liberalizzazione da farsi Casini, sarebbe quella di ridurre lo Stato, i suoi servizi non richiesti, i suoi servizi pieni di inefficienze, sprechi e corruzione. Lo STATO, cioè il suo datore di lavoro, è il primo distruttore di ricchezza per tutti gli italiani o cittadini o consumatori che dir si voglia. Lo STATO è una vera e propria turbativa del mercato libero. E non intoni con me la chiacchiera della STATO che non persegue fini di lucro, mentre il privato SI.
Lo stato non persegue fini di lucro, ma solo di consenso infatti. A pagarne le conseguenze sono i cittadini di ogni regione e ogni epoca dal 1946. Il privato persegue si, il lucro, ma quello suo e non il nostro e neppure il suo che dipende a sua volta dal nostro.
A.T.

anna giunchi
12 anni fa

mommamma…eliminare lo Stato è un pò duretta, visto che già fanno storie per i farmaci di fascia C…

bo ???
bo ???
12 anni fa

L’ASPETTATIVA DI VITA IN ITALIA PER I MASCHI NATI NEGLI ANNI 50 SI AGGIRA INTORNO AI 69 ANNI (FONTE ISTAT) LEI (FORNERO) HA FISSATO L’ETA’ PENSIONABILE A 66-70 ANNI IN QUANTO SI PRESUME CHE L’ASPETTATIVA PER I NATI OGGI SI AGGIRI INTORNO AI 79 ANNI.
qualcosa non torna ???

Angelo
Angelo
12 anni fa

A meno che non mi sia perso qualche passaggio, nel qual caso mi correggerete, è una grossa inesattezza, spero in buona fede, dire che la proposta del governo riguardante le farmacie potesse dar luogo a crescita e risparmio per i consumatori.
Attenzione, non cado nella trappola di dire che così facendo si attenta alla salute dei cittadini. Me ne guardo bene; anche in questi esercizi ci sono farmacisti professionalmente ben preparati.
E’ sul fatto che questa operazione determini concorrenza fra esercizi commerciali che io dissento.
Se si da la Fascia C alla Grande distribuzione e Parafarmacie , lo si fa perchè essi pratichino la concorrenza alle farmacie tramite l’abbassamento del prezzo, a tutto vantaggio dei consumatori, siamo d’accordo?
E invece no! Vi chiederete il perchè!!
Perché l’abbassamento del prezzo è IMPOSSIBILE!! PER LEGGE!!
Perché i prezzi dei farmaci in fascia C li stabilisce l’industria farmaceutica e lo Stato, tramite la legge, dice che debbono essere fissi ed identici su tutto il territorio italiano. I prezzi sono BLOCCATI!
E’ vietata qualsiasi forma di sconto, tant’è vero che debbono essere esclusi dai prodotti che possono concorrere alla raccolte punti tramite carte di fedeltà. Non è corretto pertanto illudere i consumatori dicendo loro che potranno risparmiare milioni di euro.
Se il farmaco XXXYYY costa 10 euro in farmacia, costerà sempre 10 euro nella parafarmacie, come nei supermercati, almeno con le leggi ora in vigore.
I riferimenti di legge che sanciscono questo sono:
L’art 8 comma 10 legge 537/1993, in cui in pratica c’è la nuova suddivisione dei farmaci per fasce con la scissione della fascia C e c-bis(farmaci da banco)

Successivamente la legge 390/1995 all’art 1 comma 2 dice:
” 2. A partire dal 22 marzo 1995 i prezzi dei farmaci di cui alla lettera c) dell’articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993,n. 537, sono liberamente determinati dalle imprese produttrici e SONO UNICI SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE”

Nel 2004 la legge Storace ha introdotto il principio della possibilità di uno sconto del 20% massimo sul prezzo dei farmaci da banco.

nel 2006 il decreto Bersani ha permesso l’apertura delle parafarmacie, decretando che per i farmaci da banco (e solo quelli) il prezzo fosse liberamente fissato dall’esercente farmacista o titolare di parafarmacia (sempre farmacista).

Oltre non essere possibile praticare sconti, ciò non contribuirà nemmeno alla cosiddetta crescita, se per crescita vuol dire maggiori vendite e quindi maggior produzione e più posti di lavoro.
Del farmaco si ha bisogno se si sta male oppure non se ne ha bisogno. Non è che ,dal momento che ce lo troviamo di fronte al supermercato, facciamo il cosiddetto acquisto d’impulso e ce lo portiamo a casa.
Ricordiamo che c’è sempre bisogno della ricetta medica; non è un pastigliaggio o un colluttorio di automedicazione (sop o otc).
E allora perchè tutto questo? debbo pensare che si debba rispondere ad altre lobbies: quella della grande distribuzione, per esempio?
Le farmacie hanno tanti difetti, cui volendo si potrà porre rimedio, ma sono nate per essere presidi sanitari che coprano tutto il territorio nazionale. Non a caso sono soggette al vincolo della territorialità, cioè hanno un territorio delimitato da confini ben precisi entro i quali operare, altrimenti tutti sceglierebbero centri urbani densamente popolati, lasciando senza copertura del servizio tutti i piccoli centri, economicamente poco appetibili.
Vi siete mai chiesti perchè un grande marchio come la COOP, che tra l’altro ha fortemente sponsorizzato l’apertura delle parafarmacie raccogliendo le firme per sostenerne il cammino parlamentare, abbia aperto i corner parafarmaceutici solo nelle loro filiali situate in città di dimensioni medio-grandi? Abito in una città di 40.000 abitanti, c’è la COOP, ma non ha il corner parafarmacia.
La spiegazione che mi sono dato(Sbagliando?) è che al di sotto di una certa soglia di affluenza non è economico fornire il servizio, decidendo, in tal modo, che ci sono cittadini di serie A che possono usufruire degli allettanti prezzi offerti dal punto vendita , altri di serie B che non possono usufruirne.
Tra l’altro la manovra in questione fa lo stesso errore prevedendo che questa elargizione di fascia C avvenga solo nei centri al di sopra dei 12500 abitanti. Quelli sotto la soglia perchè non dovrebbero usufruire dei grandi vantaggi economici?
La Farmacia invece, proprio per la territorialità, raggiunge tutti i paesi. Certo i prezzi dei prodotti di contorno (non dei farmaci) possono essere diversi ma essi rispettano le regole di mercato tra piccolo esercizio e grande distribuzione la quale può spalmare i propri costi su milioni di articoli e quindi contenere i prezzi. Ma sul farmaco di fascia C nemmeno loro potranno fare qualcosa di diverso.
La farmacia per legge, proprio perchè presidio sanitario, ha dei costi obbligatori, propri del servizio che deve sostenere e che gli altri esercizi non hanno.
Faccio solo un paio di esempi: le farmacie, non certo le parafarmacie, debbono assicurare la copertura del servizio anche in ore notturne e nei festivi in alternanza con altre farmacie, laddove ne esistono, il che comporta più unità lavorative (che costano) anche se gli incassi notturni non coprono la spesa.
Sono obbligate per legge ad avere dei piccoli laboratori per effettuare le preparazioni galeniche, sempre sotto la lente d’ingrandimento durante le visite da parte dei NAS (giustamente visto che vi si prepara farmaci che i pazienti debbono assumere), ma che sono sempre meno usati poiché i medici, al 99% dei casi, non prescrivono più preparazioni galeniche.
Nonostante questo gli strumenti debbono essere sempre aggiornati e le sostanze obbligatorie sempre presenti.
Esse debbono essere smaltite regolarmente tramite appositi canali quando scadono, ma proprio perchè obbligatorie debbono essere rimpiazzate anche se destinate a scadere nuovamente.
Questi costi il farmacista li recupera spalmandoli sulla gamma dei prodotti che distribuisce. Togliendo alle farmacie una ulteriore fetta importante di prodotti le si porterebbe in sofferenza, soprattutto le medio -piccole, forse alla chiusura.
Già la farmacia ha dovuto sopportare una drastica riduzione dei guadagni con l’uscita sul mercato dei generici i quali fanno risparmiare lo Stato ma che, a parità di numero dei pezzi dispensati, ha fatto diminuire gli introiti della farmacia mediamente del 50-60% senza contare poi gli sconti obbligatori al SSN da parte della farmacia.
E che dire della sempre più grande fetta di farmaci che vengono dispensati obbligatoriamente in confezione ospedaliera per conto delle ASL (con alcune differenze tra regione e regione) per i quali la quota di spettanza della farmacia è di un misero 4,5% mentre se fosse dispensata nella confezione al pubblico, come gli altri medicinali, la quota di spettanza lorda sarebbe del 26.7%.
Si è aggiunta poi l’uscita dal settore dei farmaci da banco (legge Bersani) sui quali la farmacia non potrà mai fare sconti troppo alti proprio per i costi di cui sopra.
Se a questo continuo dissanguamento aggiungeremo pure l’uscita dei farmaci di fascia C, parecchie farmacie, non quelle che si tramandano da generazioni e che, non avendo da ammortizzare il costo d’acquisto della farmacia, potrebbero risentirne meno. Soprattutto nei piccoli centri chiuderebbero e ciò equivarrebbe a costringere le persone a spostarsi di qualche chilometro quando occorre il farmaco rimborsabile.
Faccio una provocazione: liberalizziamo a questo punto le farmacie, si elimini la territorialità. Si permetta alle parafarmacie di diventare farmacie a tutti gli effetti, ma a questo punto dovranno assumersi anch’ esse l’onere dei laboratori e dei turni che triplica il personale necessario. Ci sarà un fiorire di nuove farmacie nei posti più appetibili, le quali si dovranno a quel punto fare una concorrenza spietata; moltissime dovranno chiudere poco dopo in preda ai debiti, a tutto vantaggio della grande distribuzione. E i piccoli centri chi li vorrà servire?
Non è forse meglio, se si vuol garantire un miglior servizio provvedere ad abbassare il quorum, dai 4000 abitanti necessari per l’apertura di una farmacia in pianta organica e portarli a 2000, raddoppiando praticamente il numero delle farmacie, sempre con il vincolo della territorialità, per un servizio sempre più capillare e vicino al consumatore-paziente.
Per chi vuol dare un colpo alle lobbies, ci sarebbe poi un’altra questione che agli occhi di molti, anche di molti farmacisti, rappresenta una anomalia da eliminare. Le farmacie si aprono in base ad una concessione pubblica, dopo aver vinto un concorso (per le farmacie private) o dai comuni per fornire un servizio laddove il privato era restio ad aprire (almeno nello spirito originale).
Capita che per le private la titolarietà della farmacia si trasmetta per eredità, di padre in figlio, oppure si venda a caro prezzo. Ultimamente anche i comuni hanno cominciato a vendere per fare cassa.
Non è assolutamente giusto! Quando non si esercita più l’attività, per morte sopraggiunta, o per raggiunta età della pensione, la concessione deve essere resa all’autorità pubblica che la rimette a concorso, fatto salvo il diritto di avviamento da riconoscere a chi l’ha gestita in precedenza, comunque non più a quelle cifre assurde che si sentono in giro, determinate dalla penuria di offerta di sedi farmaceutiche.
Soprattutto ai comuni, i quali non hanno nemmeno dovuto far la fatica di fare i concorsi, qualora per sopravvenute esigenze diverse, o perché non sono in grado di sostenere economicamente l’attività, non avessero più l’intenzione di gestire la farmacia, dovrebbe essere vietata la vendita e dovrebbero restituire la licenza da rimettere a concorso.
All’obiezione che si leva da molti farmacisti, i quali hanno dovuto sostenere un costo enorme per rilevare la proprietà di una farmacia e quindi riceverebbero un danno dalla mia proposta, si potrebbe rispondere con una specie di credito di imposta spalmato sugli anni di gestione della farmacia, che potrebbe far in parte recuperare quanto pagato, ma alla fine la licenza torna pubblica.
Se si ha a cuore la salute pubblica, attraverso una presenza capillare delle farmacie, si possono fare tante cose. Se si vuole privilegiare solo il lato economico, depauperandole di risorse, a mio avviso, è solo miopia che a lungo andare nuocerà solo ai pazienti-consumatori.

Antonino Trunfio
Antonino Trunfio
12 anni fa

Per ANGELO : lei scrive delle cose approfondite e fondate, sulle sue conoscenze ed esperienze, devo immaginare. Solo per segnalarle, che a mio modo di vedere, il paradosso non è sui contenuti dei provvedimenti in corso sulle farmacie. Il paradosso sta nel fatto che di liberalizzazioni, si occupino giusto coloro (i politici) che non volendo liberalizzare il mercato di ogni settore, dallo stato e dal suo interventismo cancerogeno, rimane loro il tempo, di cercarsi l’alibi di liberisti occupandosi di farmacisti, taxi e altre inezie. Diffidare di questo tipo di liberalizzazioni è il minimo che si possa fare. Saluti
A.T.



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