postato il 14 Settembre 2010 | in "In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo, Sport, Spunti di riflessione"

Lo “sciopero” dei calciatori e del buon senso

We are the champions di Iguana JoLa notizia è stata oramai ufficiliazzata da qualche giorno:  l’Aic (Associazione Italiana Calciatori) ha proposto uno stop (indebitamente definito “sciopero”) al campionato di calcio di massima serie per protestare contro le modifiche apportate dalla Lega di serie A al contratto collettivo.
In pratica, i calciatori, hanno annunciato che non scenderanno in campo durante la quinta giornata di campionato per dimostrare, con forza, il loro dissenso riguardo le nuove disposizioni normative cogitate dalla Lega.

Tralasciando il fatto che si tratterà con molta probabilità dell’ennesima farsa che porterà alla cancellazione della norma contestata ed alla regolare discesa in campo delle squadre, sarebbe imperdonabile non analizzare un episodio che, soprattutto in tempi di crisi e di tagli sempre più severi imposti ai lavoratori di ogni categoria, ha il sapore dell’assurdo e del privilegio quasi assoluto che vuole essere tramutato in diritto inviolabile.

Lungi dallo scadere nel populismo proletario che demonizza ogni riccone ed il benessere economico in genere, occorre però analizzare con obiettività i punti della diatriba e l’incredibile schiaffo al buon senso dato dall’Aic a tutti i cittadini italiani e a tutte le altre, vessatissime categorie di lavoratori ai quali, come noto, si richiedono ogni giorno sacrifici più difficili e debilitanti.

I giocatori, infatti, contestano una nuova disposizione secondo la quale, uno strapagato e stratutelato professionista di serie A, è costretto ad accettare il trasferimento ad un’altra squadra qualora il suo contratto sia in scadenza. A patto, però, che il nuovo ingaggio pattuito tra squadra che vende e squadra che acquista sia pari o superiore a quello precedente. In parole povere, dunque, si eviteranno i soliti giochi al rialzo e le consuete speculazioni dei giocatori in scadenza contrattuale i quali, puntualmente, rifiutano le offerte di nuove squadre per alzare il proprio prezzo d’acquisto e quindi il proprio stipendio. Il team acquirente, infatti, non dovendo versare un cent a nessuna squadra, potrà dimostrarsi molto più generoso nei confronti del nuovo acquisto.

Un meccanismo che tanti guai e squilibri finanziari ha causato a squadre italiane e staniere e che la Lega vuole giustamente distruggere. Per difendere i propri spropositati interessi economici, però, Massimo Oddo scomoda addirittura “i diritti umani” e il rispetto dei lavoratori; lamentando inoltre una presunta mancanza di tutele per la sua classe d’appartenenza e, dulcis infundo, l’essere trattati “come oggetti e non come persone“.

Insomma: in un periodo in cui gli stipendi da 1000 euro vengono tagliati e milioni di giovani e meno giovani sono disoccupati e senza futuro a causa della crisi, i megamiliardari del gioco del pallone indicono addirittura uno “sciopero” nazionale in nome dei diritti umani e di presunte vessazioni ordite ai loro danni.

C’è persino qualcuno che, molto disinformato sui fatti e sulle ragioni della inaccettabile protesta, si affanna a difendere le ragioni di questa marmaglia di bamboccioni viziati e materialisti. Una delle giustificazioni avanzate in questi giorni, ad esempio, parla di uno sciopero indetto anche per tutelare i colleghi meno fortunati che militano nelle serie minori. Nulla di più falso dato che, come si evince del resto anche dallo stesso discorso di Oddo, lo stop al campionato è chiesto esclusivamente per tutelare la categoria di professionisti che milita nella massima serie (non a caso contro la Lega di Serie A).

L’aspetto scandaloso e poco confortante è che, se un gruppo di miliardari sono riusciti a trovare coesione per un’azione di protesta che avrebbe tolto loro non dei diritti ma dei privilegi inaccettabili soprattutto in tempi come quelli attuali, lo stesso non sono riusciti ancora a fare gruppi di lavoratori sul serio vessati, sottopagati, umiliati e presi in giro da sindacati e sindacalisti. In ultimo, al caro terzino del Milan che si dice risentito perchè “ci impediscono di svolgere attività parallele“, bisognerebbe ricordare che il doppio lavoro è vietato a tutte le categorie professionali (avvocati, ingegneri, giornalisti, medici ecc) e non solo a chi, con una singola attività, riesce comunque a percepire svariati miliardi di vecchie lire all’anno. Inoltre, come Francesco Totti e tanti altri testimonial di lusso dimostrano inequivocabilmente, queste “attività parallele” (spot televisivi, telecronache ecc.) vengono permesse eccome a questa categoria in un periodo  in cui sempre più persone devono cedere al ricatto della crisi; accettando turni di lavoro di 12 ore giornaliere e stipendi inferiori ai mille euro mensili.

Al di la delle chiacchere da bar, dunque, da amanti del calcio, invitiamo questi signori a ritrovare un po’ di buon senso e di rispetto per chi riempie loro le tasche quotidianamente ed in barba alla miseria patita.
Ai tifosi di tutta Italia e ai gruppi Ultras da sempre pronti ad ogni sacrificio pur di seguire la passione per questo bellissimo sporto che è il calcio, proponiamo parimenti un’azione di “contro-sciopero” simbolica; lasciando magari vuote le curve dei principali stadi Italiani durante almeno una delle giornate in calendario; evitando anche di acquistare alla non modica cifra di 10 euro le partite di Euorpa League e Champions trasmesse su Sky.

Per inciso ed onde evitare sciocche e facili strumentalizzazioni di ordine politico, chi scrive non chiede ai calciatori o ai miliardari di tutto il mondo di rinunciare ai propri diritti fondamentali; riducendosi magari lo stipendio fino a guadagnare come un’operaio di Melfi ma, semplicemente, di ritrovare il contatto con la realtà e di essere abbastanza umili da comprendere che, in tempi di pressante crisi economico-finanziaria, i sacrifici economici debbono sostenerli (proporzionalmente) tutti i lavoratori e non solo ed esclusivamente determinate categorie, per giunta già deboli e tartassate. Il resto è pura e sterile propaganda populista che non può interessare chi crede sul serio in uno Stato liberale in cui il colpevole non è il ricco ma l’ingordo ed il disonesto.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Germano Milite

1 Comment
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nicolò
nicolò
13 anni fa

I calciatori probabilmente non si rendono più conto che chi si reca allo stadio ha uno stipendio medio di 1000/1100 euro mensili. Le curve sono riempite da giovani che hanno un lavoro precario o da studenti che facendo dei lavori saltuari ogni tanto vogliono andare a vedere una partita. Si dovrebbe portare più rispetto considerato che il calcio è il primo sport nazionale. Sarebbe arrivato il momento di porre dei limiti ma questo lo si dovrebbe fare a livello europeo.



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