Tutti i post della categoria: Spunti di riflessione

Ucraina: Investire sulla difesa comune significa consolidare la pace, tutto il resto sono chiacchiere

postato il 29 Maggio 2024

Una campagna elettorale desolante che trascura i contenuti. Uscire dalla Nato? Una follia

La mia intervista su Il Messaggero, a cura di Andrea Bulleri

Pier Ferdinando Casini, senatore indipendente eletto col Pd, hanno ragione Borrell e Stoltenberg? Kiev deve poter usare armi occidentali contro Mosca?

«Prima di biasimare Borrell e Stoltenberg bisognerebbe capire cosa sta capitando nel mondo. C’è un’assoluta mancanza di consapevolezza dei rischi che corre l’Occidente. È ovvio che certe frasi potrebbero essere più equilibrate, ma il problema è che l’insufficienza di aiuti all’Ucraina sta facendo pendere la bilancia a favore di Putin e della sua arroganza».

Vede un rischio escalation?

«La domanda è: che mondo vogliamo lasciare ai nostri figli? Uno in cui la pace si consolida attraverso l’affermazione del multilateralismo, o uno in cui vince chi usa la forza? Alle tante anime belle che chiedono la pace, facendo finta di non vedere che tutti noi vorremmo la pace ma stiamo subendo la guerra, chiedo: qual è la ricetta miracolosa che custodiscono? Io non la conosco. Vedo solo una grande potenza che ha invaso uno Stato libero. E per fortuna l’Italia, sia con Draghi che con Meloni, sta dalla parte di coloro che resistono perché vogliono essere artefici del loro destino. Tutto il resto è una fuga dalla realtà. O peggio, una mistificazione».

Salvini però ha definito Borrell un “bombarolo”, per Tajani la sua linea non è la nostra.

«Salvini non mi sorprende: è coerente a modo suo, sulla stessa linea di Orban. I sovranisti europei sono i principali alleati della Russia. Tajani invece si muove in un solco di ragionevolezza: anche se ha ritenuto non appropriate certe parole, sa da che parte stare».

Parlava di “anime belle”: Marco Tarquinio, candidato pd alle Europee, ha parlato di sciogliere la Nato e ha equiparato il suo presidente a Putin. Che ne pensa?

«Per fortuna il Pd non è su questa posizione. Stimo Tarquinio, ma sono molto sorpreso che si possa fare un’equazione tra Stoltenberg e Putin e personalmente la rifiuto con forza. Così come l’ipotesi di uscire dalla Nato: una follia».

Una linea compatibile col Pd?

«Una posizione che purtroppo sta prendendo piede nel Paese. Anche perché la classe politica si limita a usare toni da campagna elettorale desolante invece di spiegare cosa accade. Tutti vogliamo la pace, ma la pace come si determina? Quando la vecchia Dc e i partiti della cosiddetta Prima Repubblica installarono gli euromissili in risposta agli ss20 dell’Urss fecero una scelta di pace o di guerra? Col metro di oggi dovremmo dire di guerra. Invece quella scelta ha prodotto il più lungo periodo di pace in Europa. E se le trattative sul disarmo sono andate avanti fu anche per quella decisione».

Una realtà ignorata dai tanti che si appellano allo stop alle armi?

«I Paesi democratici possono usare la forza per offendere o per dissuadere da offendere. Rispetto i giovani che sventolano le bandiere della pace, sono la parte migliore della società. Ma va spiegato loro che il modo per garantirla, a volte, è quello di assumersi responsabilità».

C’è chi agita lo spettro della terza guerra mondiale.

«Alla guerra rischiamo che si vada davvero se lasciamo campo libero alla prepotenza: sulla prevaricazione non si è mai costruito qualcosa di giusto nella storia».

La difesa europea è la risposta?

«Sì. È così che si consolida la pace: il resto sono chiacchiere. Ma serve un’operazione verità: dire che vogliamo la difesa europea significa riconoscere che nel breve periodo le spese militari saranno destinate ad aumentare, non a diminuire. Usciamo da questa fase di infantilismo politico istituzionale in cui preferiamo che siano altri a difenderci senza assumerci le nostre responsabilità come ci hanno chiesto tutti, da Obama a Trump. Agli elettori va chiesto: vogliamo giocare un ruolo o continuare a essere irrilevanti?».

La prossima legislatura Ue sarà quella buona per la riforma dei trattati?

«Sono ottimista. Le più importanti svolte storiche sono avvenute quando c’erano momenti di grande difficoltà. Mi auguro che dal male nasca il bene: una spinta su quella politica estera e di sicurezza comune che De Gasperi chiedeva già 70 anni fa. E mi auguro anche che le forze politiche più rappresentative si occupino di contenuti, invece che di alleanze. Che senso ha ipotizzare un asse di destra in Europa? Per tenere quale posizione sulla Russia? Magari quella che fino a poco fa aveva Le Pen? Io dico no, grazie».

Sulla crisi a Rafah condivide le parole di Crosetto? Israele rischia di seminare odio?

«Le condivido. Tra le pagine più belle della mia vita ricordo il discorso alla Knesset coi leader israeliani, da presidente dell’Unione interparlamentare. E tra le pagine altrettanto belle, ricordo quando con un consenso quasi unanime proposi e ottenni che la Palestina entrasse a pieno titolo nell’UIP. Chi è davvero amico di Israele e deve riconoscere che la politica di Netanyahu è deleteria per quello Stato, mai tanto isolato come oggi, ed è funzionale ad Hamas. La nostra condanna di certe derive estremiste dev’essere senza riserve».

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Riforme: col premierato umiliazione definitiva del Parlamento

postato il 15 Maggio 2024

Il mio intervento nell’Aula del Senato durante la discussione sulla riforma costituzionale

Ho sempre cercato di servire le istituzioni senza integralismi, ma con la convinzione che nessuno ha il monopolio della verità. La riforma della Seconda Parte della Costituzione è stata più volte proposta, negli ultimi decenni, da tutte le forze politiche che si sono succedute nel governo del Paese allo scopo di adeguare il sistema istituzionale ai cambiamenti della società e dell’economia, nonché all’evoluzione del sistema politico.
Tutti i tentativi di riforma sono falliti non tanto per le soluzioni prospettate, quanto perché non si è cercata una forte condivisione, sia nel metodo sia nel merito delle scelte operate. Le riforme costituzionali hanno possibilità di successo quando sono frutto di scelte ponderate e condivise: più ampia è la convergenza tra le forze politiche di maggioranza e di opposizione, più solida e robusta è la costruzione che ne risulta.
Più coesa è la costruzione più forte è l’impianto, come dimostra la Costituzione vigente, elaborata da forze allora ideologicamente contrapposte al culmine della guerra fredda, ma capaci di uno sforzo comune in nome dell’Italia e della sua coesione nazionale.
E poi, i referendum confermativi di riforme approvati a maggioranza e all’esito di dinamiche politiche conflittuali hanno avuto sempre esito negativo, proprio perché quelle riforme sono state recepite dai cittadini come proposte fortemente divisive.
Sul piano politico, inoltre, in quei casi si è verificato l’effetto di compattare le opposizioni contro il Governo e di spingere gli elettori a esprimere un voto più sui leader e sulle forze politiche in campo che non sul merito del progetto costituzionale.

La politica costituzionale è, per sua natura, lo spazio della condivisione, nella misura in cui è chiamata ad assolvere a una funzione unificante e stabilizzante dell’intero sistema democratico, fissando le regole in cui una comunità possa riconoscersi e attraverso le quali prosperare. Non a caso il Costituente, nei procedimenti di revisione, ha previsto maggioranze qualificate.

Anche con riguardo alla riforma oggi all’esame del Parlamento, nonostante il dibattito in Commissione affari costituzionali del Senato si sia stato lungo in termini temporali, constato che non c’è stata una reale ricerca di condivisione, né un convinto ascolto delle soluzioni avanzate dalle opposizioni.
Peraltro, è mancata finora un’attenta ponderazione delle criticità espresse nel dibattito pubblico, soprattutto non si sono ascoltate le voci dei più insigni costituzionalisti. 

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Berlusconi: con lui se ne va un’epoca della storia italiana

postato il 12 Giugno 2023

Con la scomparsa del Presidente Berlusconi se ne va un’epoca della storia italiana e delle nostre vite.
Nella mia mente si affollano un’infinità di ricordi: alcuni belli ed anche divertenti che hanno segnato la nostra amicizia, altri più amari, com’è inevitabile nelle cose di questo mondo. Silvio è stato un grande della vita italiana e penso che, a questo punto, dovrebbero riconoscerlo anche i suoi oppositori: il che non significa condivisione, ma rispetto.
Ho negli occhi l’ultima passeggiata che feci con lui nel parco della sua villa ad Arcore, dopo la riconferma del Presidente Mattarella: addio Silvio, tu sai che, nonostante i nostri contrasti, ti ho voluto bene!

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UIP: PRIMA RIUNIONE PRESIDENTI SEZIONI BILATERALI AMICIZIA

postato il 12 Aprile 2023

Questo pomeriggio in Senato ho convocato la prima riunione dei presidenti delle 85 Sezioni bilaterali di amicizia dell’Unione Interparlamentare (UIP).
La diplomazia parlamentare è uno strumento indispensabile che contribuisce al dialogo tra i Paesi, consente di interloquire con maggiore libertà rispetto a quanto possano fare i governi e può rafforzare le relazioni non solo sotto il profilo politico ed economico, ma anche sotto quello culturale e sociale

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C’era una volta la politica

postato il 2 Febbraio 2023

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Programma Politiche 2022

postato il 28 Agosto 2022

 

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Capisco i Circoli del Pd perché io ho un’altra storia, ma servono alleati come me

postato il 28 Agosto 2022

L’intervista pubblicata sull’edizione di Bologna di La Repubblica a cura di Silvia Bignami

«Certo, non mi ha fatto piacere la reazione di alcuni circoli Pd alla mia candidatura, ma la capisco e la rispetto. È chiaro che una candidatura come quella di Sandra Zampa è molto più parte della storia della sinistra di quel che puó essere la mia. Perché è vero: io ho una storia diversa». Pier Ferdinando Casini, candidato dal Pd nel collegio senatoriale di Bologna contro Vittorio Sgarbi del centrodestra e Marco Lombardo per il Terzo Polo racconta come ha vissuto il disagio di una parte dei militanti Pd sulla sua candidatura a Bologna.

Casini, è passato qualche giorno: cosa direbbe agli iscritti scontenti per la sua corsa col Pd?
«Che li rispetto profondamente, perché conosco la loro passione. Quando nel quartiere Mazzini con la sezione Kennedy organizzavamo le Festa dell’Amicizia, i nostri della Dc chiedevano consigli ai più esperti delle Feste dell’Unità. Eravamo popoli diversi? Forse sì, ma con una passione civile e politica comune. E non è poco».
Peró la reazione di una parte del Pd l’ha ferita.
«Certamente non mi ha fatto piacere, ma ripeto: capisco. Voglio dire, uno come Virginio Merola è la storia di questo partito, io no. È offensivo dirlo?
No, è realistico ed è anche giusto.
Tuttavia proprio per questo io insisto sul valore della diversità, perché non capire il valore della diversità in una coalizione significa precludersi delle possibilità. Diceva Churchill: “La cosa peggiore di avere un alleato fastidioso è non avere alleati”. E se si ritiene questo un momento straordinario, allora avere alleati è logico ed auspicabile».
Il momento è straordinario perché questa destra è pericolosa e neofascista?
«Evocare il rischio fascismo per me è un errore. Difendere la Costituzione invece è doveroso. Intendiamoci: l’elezione diretta del Capo dello Stato è democratica e tante esperienze lo dimostrano, dagli Usa alla Francia. Ma introdurla da noi significa scassare l’unica istituzione che ha dato di sé un’ottima prova. Io voglio continuare ad avere un presidente arbitro, non un giocatore coinvolto nelle risse quotidiane. Non è un caso che tutti gli italiani vedano in Sergio Mattarella un pater familias da cui si sentono rappresentati e garantiti».
Se sarà eletto resterà nel gruppo Pd. E sul Ddl Zan voterebbe a favore?
«Stare in un gruppo parlamentare significa esprimere le proprie opinioni e poi decidere collegialmente coi colleghi. In questa logica ho votato per le unioni civili e a questa logica mi atterrò. Peraltro sui diritti bisogna tener presente anche il tema generazionale. Quando parlo con mia figlia diciottenne dello Zan vedo che sul tema della sessualità ci sono sensibilità diverse. Non c’entra solo la destra e la sinistra, ma anche la generazione cui si appartiene».
Sua figlia sostiene il ddl Zan?
«Assolutamente. Ma d’altra parte io credo che un militante della Festa Pd di 66 anni come me, sarebbe forse più vicino alle mie posizioni. Si tratta anche di retaggi generazionali».
Lei conosce bene Prodi. Vi siete sentiti?
«Con Prodi ci sentiamo spesso e non lo inseguo certo in campagna elettorale. Detesto i candidati “petulanti”. Penso che il tempo abbia collocato Prodi dove merita di stare, cioè tra le grandi personalità italiane ed europee».
Errani dice di evitare di inseguire la destra, e consiglia al Pd di parlare della sua idea di Paese. È d’accordo?
«È una domanda difficile. Vede, io dalla mia prospettiva, conosco solo una parte degli elettori del Pd. E come candidato mi sforzerò di parlare anche con personalità che in passato hanno votato magari per il centrodestra. È mio compito avvicinare quei mondi. Letta invece deve tenere tutto insieme: deve rassicurare gli elettori Pd e aprire ad altri. Oggi il Pd, secondo me, è il partito dell’Italia. Il partito che s’è sacrificato per l’Italia nei momenti difficili: da Monti e Draghi. Sacrifici essenziali per salvare il Paese dal baratro, per me. È il partito che più di tutti coltiva il valore della diversità. E questa è una ricchezza, perché il resto è faziosità. Altrimenti tanto vale chiudersi nella propria parte e rinunciare a vincere.»
La sua candidatura, per effetto del Rosatellum, sarà “gemellata” a quella di Pippo Civati: votando lei si vota Civati e viceversa. Farete iniziative insieme?
«Diciamo che questa legge elettorale strana non l’ho concepita io… Comunque posso avere opinioni diverse da Civati, ma lo stimo. Non lo conosco bene, ma vede quante opportunità fornisce la politica? Ad esempio, io conoscevo Elly Schlein solo superficialmente. Dopo averle parlato a lungo posso dire che ha una marcia in più, e un po’ di esperienza per giudicare ce l’ho. Anche con Civati, dopo il 25 settembre, ci conosceremo meglio».

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ENTRERO’ NEL PD. LA PASSIONE POLITICA NON MUORE MAI

postato il 21 Agosto 2022

Il partito di Letta si è mosso con coerenza. Io sarò indipendente. Sì allo Ius soli, è una battaglia di civiltà: lo ripeto da vent’anni. No all’elezione diretta del Presidente: non tiene conto della Carta.

L’intervista a cura di Valerio Baroncini, pubblicata su Quotidiano nazionale.

Pier Ferdinando Casini, a 39 anni dalla prima elezione alla Camera dei deputati si ricandida per il Senato, con il Pd: non si è stancato?
«E’ una domanda che mi hanno fatto i miei figli e che mi faccio anche io tante volte: la politica, comunque, prima che una professione è una passione che non muore mai. E poi aveva ragione quel filosofo greco quando diceva che “le città si difendono con le lance dei giovani e con i consigli degli anziani”. Comunque tutti sono importanti, nessuno è indispensabile».

E a chi dice invece ‘Siamo stanchi di Casini’? I critici ci sono.
«La critica è il sale della democrazia e io non sarò mai tra quei politici che alzano le spalle. Cerco di capire, com’è mio dovere, anche se non condivido. Chi è spaventato di affrontare le critiche è bene che cambi mestiere. Certo, confesso una grande nostalgia per le preferenze, un metodo sicuro per verificare il consenso delle persone».

Perché la conferma di candidarsi ancora insieme con il Pd?
«Ho sostenuto da tempo in Parlamento governi legati al Pd (Letta, Renzi, Gentiloni) e altri in fase diverse, come Draghi, con la mozione di Fiducia presentata fino all’ultimo giorno. Il Pd, ai miei occhi, ha preso la posizione più coerente su tutti i dossier principali: interni, europei e internazionali. E sui conti pubblici ha saputo responsabilmente evitare demagogie. Monti e Draghi sono stati passaggi dolorosi, ma il Pd ha fatto prevalere l’interesse dell’Italia».

E qui viene da pensare alla Costituzione, da giorni al centro del dibattito politico soprattutto quando si evoca la vittoria del centrodestra: Enrico Letta dice che lei servirà a difendere la Carta. Ma la Carta o, a dire meglio, la democrazia è davvero sotto attacco? [Continua a leggere]

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L’Italia non diventi l’anello più debole del nostro Occidente

postato il 28 Luglio 2022

I governi Ue anti-Putin cadono, in politica estera serve continuità con la linea Draghi

La mia intervista a Il Messaggero a cura di Mario Ajello 

Presidente Casini, è cominciata la campagna elettorale e tra meno di due mesi si vota. Che cosa accadrà?
«Anzitutto, la classe politica italiana dovrebbe chiedersi se è consapevole del momento storico che stiamo vivendo. E non solo per la crisi economica e sociale, ma perché siamo dentro a una rivoluzione geopolitica che ci coinvolge sotto il profilo militare, sotto quello energetico e sotto quello alimentare».
E la classe politica italiana non le sembra consapevole di tutto questo ma solo intenta a guardarsi l’ombelico o a combattersi tra battutine e battutacce?
«Quando negli anni passati Papa Francesco ha parlato di una terza guerra mondiale combattuta a pezzettini, nessuno ha inteso pienamente che cosa significava quel monito. Oggi almeno i più avvertiti dovrebbero aprire gli occhi. Chi è chiamato in causa drammaticamente è l’Occidente. Un Occidente disarmato e non tanto sul piano militare, ma sotto il profilo morale e ideale. Abbiamo davanti una doppia sfida: all’esterno chi, in nome di un revanscismo zarista, ci vuole piegare e all’interno nemici non meno temibili».
Quinte colonne di Putin anche nei partiti italiani?
«Sono coloro che ritengono che la democrazia sia un meccanismo non più adatto a rispondere alle sfide dei nostri tempi: la democrazia con le procedure legislative, decisionali e anche burocratiche è lenta, incompatibile con le necessità di un mondo globalizzato. Pertanto – secondo questa corrente di pensiero – c’è bisogno dell’uomo forte anche qui. Non a caso, in termini culturali, si comincia a parlare della cosiddetta democratura: ossia, appunto, la democrazia dell’uomo forte. Ovviamente i due concetti sono antitetici e incompatibili».
Quali sono le avvisaglie di questa situazione tremenda?
«Scusi, le sembra normale che un ex presidente degli Stati Uniti, una nazione che è il tempio della democrazia, giustifichi l’attacco a Capitol Hill? Le sembra normale che nel giro di qualche settimana cadano tutti i principali governi europei, da quello di Johnson a quello di Draghi, Macron in Francia sia senza una maggioranza parlamentare e il governo tedesco post Merkel intimidito quotidianamente dal partito filo russo del gas?».
C’è lo zampino di Putin in tutto questo?
«Non lo so. Ma che ci sia il suo zampino o solo una coincidenza, mi sembra in ogni caso molto pericoloso. E non mi meraviglierei, come già il Copasir ha avvertito, che gli hacker russi si mobilitassero durante la nostra campagna elettorale appena cominciata».
Ma Putin oggi, a causa della guerra, non è assai indebolito e in altre faccende affaccendato?
«Sarei molto cauto a dire che sia indebolito. In realtà certi ottimismi in politica estera sono espressioni di analisi molto superficiali. Putin ha indebolito l’Occidente economicamente. Gioca con il fattore tempo perché sa che per le democrazie il tempo è un punto fragile in quanto i cittadini sono disabituati ai sacrifici e una volta esaurita l’ondata emotiva per l’attacco all’Ucraina si possono stancare. Fa accordi sul grano con il governo di Zelensky e il giorno dopo bombarda Odessa. Fa i vertici con Turchia e Iran e cerca di realizzare nuove convergenze con i Paesi non allineati. Insomma, siamo ancora in campo aperto. E l’Italia rischia di essere l’anello fragile di un Occidente debole».
Questo rischio Italia si può verificare chiunque vinca le elezioni del 25 settembre? [Continua a leggere]

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Ius scholae: Vedo una regressione, la cittadinanza amplia gli spazi di legalità

postato il 4 Luglio 2022

«Vent’anni fa parlavo di ius soli e dal centrodestra non ci furono polemiche, oggi vedo una preoccupante involuzione. Dare la cittadinanza a ragazzi che studiano non solo è giusto, ma riguarda il nostro comune destino»

L’intervista pubblicata sul Corriere della Sera a cura di Fabrizio Caccia

Senatore Pier Ferdinando Casini, lo ius scholae divide il Parlamento.

«E allora vi dico una cosa. Vent’anni fa ero presidente della Camera, eletto da una maggioranza di centrodestra. E in più occasioni feci delle dichiarazioni a favore dello ius soli, ma non ricordo nessuna polemica contro di me, neppure da parte di quello che allora si chiamava Polo delle Libertà…».

Era il centrodestra dell’epoca. Oggi invece Lega e Fratelli d’Italia sembrano pronti ad alzare le barricate in Aula.

« Vent’anni dopo stiamo parlando di ius scholae e rispetto ad allora trovo persino più giusto che la cittadinanza oggi venga data a dei ragazzi che abbiano completato almeno un ciclo di studi. Ma tutte queste polemiche sono terribili, un segno di preoccupante regressione, d’involuzione. Oh attenzione, io sono un moderato. E non voglio essere provocatorio, non mi permetto di criticare. Però mi chiedo perché Giorgia Meloni, che si sta preparando a governare il Paese, non faccia uno sforzo di comprensione su questo punto. Lei ritiene, giustamente, il suo essere di destra più importante rispetto al dichiarare qualcosa politically correct . Ma questo non è politically correct , lo ius scholae riguarda milioni di persone in carne e ossa e il nostro comune destino».

Matteo Salvini dice che con lo ius scholae si finirà per dare la cittadinanza alle baby gang di immigrati.

«É un finto problema, non si può fare una campagna elettorale sulle spalle degli immigrati. Nessuno vuol dare cittadinanza alle baby gang, qui non stiamo parlando di spacciatori delle periferie, ma di ragazzi fantastici che a scuola superano tutti gli esami e prendono voti migliori di quelli dei nostri figli. Ho letto alcuni dei 1.500 emendamenti presentati dal Carroccio: non si può legare la cittadinanza alla conoscenza delle sagre. Io sono di Bologna, bolognese fino al midollo. E magari è possibile che i figli degli immigrati non sappiano nulla della festa della Madonna dell’Acero di Monte Acuto. Ma credo che la ignorino anche molti dei nostri figli. Invece sono convinto, per esempio, che la Madonna di San Luca la conoscono bene anche loro, perché ormai sono più bolognesi di me, alcuni con la “s” addirittura più accentuata della mia. Lo ius scholae non restringe gli spazi di legalità, piuttosto li amplia».

Che vuol dire?

«L’equazione clandestinità uguale illegalità non l’ha creata la destra, come vorrebbe da sempre una certa sinistra ideologica, ma l’ha creata la disperazione. Se arrivi in Italia e anziché venire accolto vieni respinto, è inevitabile poi cadere nella rete di gente senza scrupoli che ti sfrutta ovunque: nelle case, nei campi. E molti di quelli che li sfruttano sono proprio italiani. Italiani di cui vergognarsi».

E allora?

«É tempo di costruire assieme un destino, noi e questi ragazzi che sono ormai italiani, anche se hanno la pelle di un colore diverso. Non si tratta di essere per forza filantropici, basta essere intelligenti: noi abbiamo bisogno di loro. Mio nonno Romeo a 2 anni partì per l’America col resto della famiglia, poi lui tornò ma metà dei suoi fratelli rimasero e vissero là per sempre. Gli Stati Uniti sono un grande Paese anche per questo: perché hanno saputo creare un sistema, anche duro, rigido, ma alla fine accogliente».

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