postato il 20 Febbraio 2024 | in "Esteri, Politica, Rassegna stampa"

Navalny: L’Italia ora è unita. Il sì a Kiev sia convinto

«Il sostegno all’Ucraina non è uguale per tutti ma il no alla Russia dei gulag è netto» Le identificazioni a Milano? Sarà stato un funzionario poco intelligente»

Presidente Pier Ferdinando Casini, anche lei era alla fiaccolata in Campidoglio?

«Sì, in certe circostanze la presenza non è un’opzione, è un obbligo morale: il posto della politica era in quella piazza», spiega il senatore eletto nelle liste del Pd ed ex presidente della Camera. 

Perché era così importante una manifestazione unitaria?

«Perché è la dimostrazione simbolica che l’Italia è unita nel ritenere la morte di Navalny una gigantesca ricaduta nella Russia dei gulag. La politica estera di un grande Paese del G7, qual è il nostro deve essere, per quanto è possibile, unitaria. I governi passano ma i Paesi rimangono».

Alla fine una delegazione leghista, guidata dal capo dei senatori Romeo, è venuta alla fiaccolata ma è stata oggetto di contestazioni e insulti.

«Io non li ho sentiti, ma se ci sono stati contraddicono certamente il sentimento collettivo di una piazza che voleva manifestare per la libertà in modo unitario». 

Pensa che l’adesione di M5s e della Lega fosse sincera? 

«È una domanda che va rivolta a loro. Io mi auguro che la solidarietà ai dissidenti russi non sia a intermittenza, secondo le convenienze o le circostanze, ma sia un’adesione di fondo». 

Il consigliere leghista dell’Emilia Romagna, Bargi, ha definito ipocrita la fiaccolata.

«Mi pare che stia facendo autocritica. C’è una famosa frase che dice che la democrazia si deve difendere soprattutto per chi non la pensa come noi. Io difendo la democrazia anche per i filo-putiniani italiani. Non voglio che finiscano in un gulag. Troppi non capiscono le implicazioni che questa vicenda ha con alcune aree di guerra come quella ucraina».

Vale a dire?

«Se non siamo sordi e ciechi dobbiamo aprire i nostri occhi e le nostre orecchie: non abbiamo bisogno di altre dimostrazioni. Se ci eravamo dimenticati chi è Putin, questa vicenda ce lo ricorda. E se noi accettiamo un mondo costruito sull’arroganza e la prevaricazione, è difficile dire dove finiremo».

Dunque? Occorre sostenere Zelensky?

«La resistenza ucraina va sostenuta perché in questo modo difendiamo noi stessi. Tutti noi ci interroghiamo su chi vince tra Trump e Biden. Ma nessuno si chiede chi vince tra Putin e il signor nessuno, perché le prime sono elezioni democratiche, le seconde una finzione. Io voglio vivere in una società in cui non si sa chi vince. Se qualcuno preferisce una società in cui il gioco è truccato, è affar suo».

Si riferisce a qualcuno?

«In linea di massima i partiti italiani, come si è visto nei voti per l’Ucraina, sostengono e hanno sostenuto una posizione prima di Draghi e poi della Meloni».

La sostengono tutti allo stesso modo?

«Certo che no. C’è chi la sostiene per finzione e chi per convinzione. Io mi auguro che emergano i secondi».

A Milano chi manifestava per Navalny è stato identificato. Le sembra normale?

«Secondo me sarà stata l’iniziativa di un funzionario molto zelante, quanto poco intelligente».

Lei ha proposto al sindaco di Bologna, Lepore, di concedere la cittadinanza onoraria per Navalny: lui ha replicato che si può dare solo ai vivi, ma dice che la città lo ricorderà.

«Non mi interessava la cittadinanza onoraria in sé, ma attribuire un riconoscimento alla memoria per sottolineare che, in linea con la sua grande tradizione, Bologna è solidale. Possiamo attribuire un archiginnasio d’oro o un’altra onorificenza per riaffermare quel principio».

C’è altro che può fare l’Italia? Il renziano Nobili propone di intitolare a Navalny la via dell’ambasciata russa a Roma. 

«Al di là dei temi più o meno estemporanei, è importante che l’Italia faccia la sua parte difendendo gli aiuti all’Ucraina e andando avanti su questa strada. E soprattutto, è importante che il nostro Paese capisca quanto sia necessaria una politica di difesa europea, altrimenti ci dobbiamo rassegnare a diventare irrilevanti». 

Qual è il senso politico della morte di Navalny?

«Certamente è un messaggio di Putin agli oppositori interni e all’opinione pubblica che restaura la società della paura: per lui è un’assicurazione sulla vita. È una prova di forza e di debolezza assieme».

Perché Navalny, che era in carcere, rappresentava ancora un pericolo per Putin?

«Mandela, che era in carcere, era un pericolo? No e sì allo stesso tempo. I testimoni disarmati, che hanno quel quid di profetico che li porta a non avere paura, sono i più pericolosi per un regime perché rompono le categorie del terrore che i leader vogliono instillare. Dieci anni fa abbiamo assistito alle manifestazioni di Navalny che non erano represse, oggi si reprime chi deposita un fiore. L’ escalation del terrore serve a Putin per perpetrare il potere».

La morte di Navalny può essere un boomerang per Putin nella guerra in Ucraina?

«Sarà un boomerang per la guerra in Ucraina. Come sarà un boomerang la testimonianza disarmata della moglie di Navalny. In queste ore, ha dato la dimostrazione di come può essere straordinario il coraggio di una famiglia. Lui si era curato in Germania, ed è rientrato in Russia convinto che non gli avrebbero fatto niente». 

Vittima dell’ottimismo della volontà?

«I patrioti veri, quelli che hanno costruito l’Italia, quelli che hanno fatto la resistenza, erano muniti di questo coraggio, quasi ai limiti dell’incoscienza».

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