Senza i moderati il centrosinistra non vince. Marina Berlusconi ha capito che la ricetta è la pluralità
postato il 4 Luglio 2024Il Fronte popolare non può essere un modello per l’Italia, consegnerebbe il Paese a Meloni. Il mondo cattolico ora è il grande assente
L’intervista di C. Vecchio pubblicata su Repubblica
Pier Ferdinando Casini, come finisce in Francia?
«Mi auguro per l’Italia, e per Giorgia Meloni, che Marine Le Pen non faccia cappotto. E che si crei la possibilità di formare una coalizione repubblicana».
Perché se lo augura anche per Meloni?
«Perché una vittoria delle destre finirebbe per spingerla verso derive lepeniste. Penso che la prima ad augurarsi che non finisca così è lei stessa».
Quindi vede con favore il Fronte popolare?
«Lo vedo con terrore autentico».
Ah, e perché?
«La desistenza in Francia è obbligatoria. Ma non prenderei il Fronte a modello per l’Italia, perché significherebbe consegnare il Paese alla Meloni per altri dieci anni».
È una mossa difensiva?
«È la pars destruens. Noi dobbiamo puntare alla pars costruens. Il modello dev’essere la Gran Bretagna, non la Francia, dove gli esponenti del Fronte fanno il pugno chiuso davanti al Parlamento».
Come la immagina l’alternativa credibile alla destra?
«Senza l’inclusione di un’area moderata convincente nel centrosinistra non si vince».
Ma Renzi e Calenda non hanno dato una mano.
«Il bipolarismo rende inutile il centro autonomo, mentre non lo è affatto se si ragiona in termini di coalizione».
Il Pd è andato bene alle Europee.
«Benissimo, non bene. Ma non è autosufficiente».
Lei vede un leader?
«Si vota tra tre anni. Non impicchiamoci al toto nomi. È necessario avere chiaro il problema. Poi in politica vince chi si prende gli spazi: se c’è qualcuno che se la sente si faccia avanti».
Qual è l’errore da non fare?
«Pensare che con la discriminante ideologica si vincano le elezioni. C’è un’ampia fetta di antifascisti che ha votato per Meloni alle ultime elezioni».
Non è una discriminante l’antifascismo?
«Assolutamente sì. E lo dice uno che lo ha ribadito come valore costitutivo della Repubblica nel suo discorso di insediamento da presidente della Camera. Ma non è una condizione sufficiente. Le pregiudiziali ideologiche sono cadute».
Non si rischia una prospettiva qualunquista?
«No, perché anche nel mio collegio, Bologna, più si va in periferia più i ceti popolari votano per i sovranisti perché si sentono abbandonati. Non li riconquisti con l’antifascismo».
Insomma, la foto di gruppo all’Anpi non le piace?
«Le foto, da quella di Vasto in poi, portano una grandissima sfortuna: è più facile farle che costruire cose serie».
Dentro Forza Italia comincia a farsi largo un’area liberal.
«E va salutata con favore. Del resto Berlusconi aveva radicato il suo partito nel Ppe. Ho trovato molto significativa l’uscita di Marina Berlusconi sui diritti: un avviso a non scivolare nell’oscurantismo».
Marina Berlusconi ha un progetto?
«No. È troppo intelligente per coltivare un disegno politico. Però ha capito che la pluralità fa vincere. Ed è esattamente quel che servirebbe al centrosinistra».
Cosa suggerisce esattamente?
«Di essere concreti nell’opposizione, offrendo alternative senza furori ideologici. Smascherare l’Autonomia differenziata come una riforma pericolosa e pasticciata. Denunciare le inefficienze della sanità, per fare due esempi. E unità sulla politica estera».
Tipo?
«L’Ucraina va difesa senza se e senza ma. E bisogna stare accanto a Israele, lavorando allo stesso tempo affinché si arrivi a uno Stato palestinese. E alzando la propria voce contro la politica di Netanyahu che ha moltiplicato gli insediamenti illegali».
Lei è in campo?
«Sono in Parlamento. E nessuno più di me è interessato alla qualità della democrazia. Ma come diceva il saggio: le città si difendono con le lance dei giovani e i consigli degli anziani. Io al massimo posso offrire qualche consiglio se me lo chiedono».
I cattolici dove sono finiti?
«Il mondo cattolico è il grande assente. Ma se i cattolici si pongono alla sinistra del Pd allora il loro contributo non ha molto senso».
Perché sono scomparsi?
«In parte perché la Chiesa ha chiesto di svolgere un ruolo diverso, e poi perché non sono emerse figure nuove. I tempi sono molto cambiati da quelli di Papa Wojtyla».
Come finirà col premierato?
«Ho fatto un sogno. Che Meloni riponga la riforma nel cassetto».
Pensa che possa perdere il referendum?
«Non c’è il quorum a differenza dell’Autonomia differenziata. Basta quindi votare no se la si vuole mandare a casa. Non penso che sia così autolesionista».