postato il 9 Novembre 2012 | in "Ambiente, Economia, Energia, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

La politica ambientale in Italia e nel resto del mondo: numeri a confronto

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

È indubbio che per potere attuare delle politiche ambientali bisogna non solo imporre normative contro l’inquinamento (e l’Europa in questi anni ha dato vita ad una normativa antiinquinamento tra le più rigide nel mondo), ma bisogna anche promuovere azioni tese all’utilizzo di carburanti ecologici, all’utilizzo di materiali per il risparmio energetico, il riciclaggio e sviluppare una “cultura verde” nei cittadini. Per fare tutto ciò, ovviamente, occorrono soldi, molti soldi e solamente uno Stato può permettersi di finanziare in maniera compiuta queste attività.

E qui sorge la domanda: come si comporta l’Italia rispetto ad altre nazioni?

È una domanda importante, perché questo settore non conviene solo per tematiche ambientali, ma anche per tematiche “economiche” in quanto può rappresentare un interessante traino per l’economia e il lavoro, basti pensare al mercato, che si è aperto solo negli ultimi due-tre anni, del riciclaggio delle terre rare (attualmente esportate solo dalla Cina e fondamentali per tutti i prodotti tecnologici che usiamo).

Uno dei provvedimenti recenti varato dal governo italiano è il “Fondo Kyoto” che è stato finanziato per 600 milioni di euro, e ha lo scopo di promuovere investimenti pubblici e privati per l’efficienza energetica nel settore edilizio e in quello industriale; diffondere piccoli impianti ad alta efficienza per la produzione di elettricità, calore e freddo; impiegare fonti rinnovabili in impianti di piccola taglia; la gestione sostenibile delle foreste; la promozione di tecnologie innovative nel settore energetico. Altro punto interessante è quello delle energie rinnovabili, soprattutto alla luce degli obblighi assunti dall’Italiaper arrivare a centrare il traguardo che l’Unione europea (e l’Italia) si è data con l’obiettivo 20-20-20, cioè entro il 2020 diminuire del 20% le emissioni di CO2, aumentare del 20% l’efficienza energetica e produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili. Al di là degli obblighi assunti, dobbiamo considerare che il mondo delle energie rinnovabili è una risorsa da esplorare: i benefici netti delle rinnovabili stimati al 2030 sono pari 76 miliardi di euro, divisi fra maggiore occupazione (+130.000 posti di lavoro entro il 2030), diminuzione dell’importazione di combustibili fossili, export netto dell’industria e riduzione del prezzo di picco dell’energia, come è affermato da uno studio condotto dall’Osservatorio internazionale sull’industria e la finanza delle rinnovabili presieduto da Andrea Gilardoni, dell’Università Bocconi, e realizzato con il supporto di Anev, Aper ed Enel Green Power. A proposito di Enel Green Power, segnalo che entro il 2015 entrerà in funzione la prima centrale termodinamica al mondo con tecnologia a sali fusi, che avrà rendimenti doppi rispetto alle attuali centrali fotovoltaiche e senza i problemi legati allo smaltimento dei pannelli fotovoltaici (questa centrale e tutto il lavoro di ricerca e sviluppo dietro, è stato finanziato in parte da Enel Green Power e in parte dallo stato italiano). Nonostante questo primato osserviamo che nella classifica legata alla capacità diattrarre investimenti nel settore delle rinnovabili siamo solo sesti peggiorando la nostra posizione, visto che nel 2010 eravamo quinti, e questo grazie ad una generale riduzione dei finanziamenti statali in tutta Europa e in particolare in Italia.

Migliora, anche se non di molto, la classifica italiana se ristretta al comparto fotovoltaico: quarto posto per l’Italia nel segmento dell’energia solare. Al vertice delle classifiche la Cina, mentre il secondo posto del podio spetta agli USA (grazie alle notevoli detrazioni fiscali per i progetti sulle rinnovabili, che sono in scadenza per fine 2012). Quello che penalizza l’Italia è da un lato un quadro normativo che cambia ogni anno e il prospettato taglio agli incentivi nei prossimi anni. Di contro, nel resto d’Europa, per ovviare al taglio dei finanziamenti statali si procede con una politica “dal basso”, ovvero impianti posseduti e gestiti da piccole comunità locali. Ad esempio in Germania e Danimarca, abbiamo un gran numero di impianti eolici gestiti da piccole comunità locali che si apprestano a soppiantare i grandi impianti nazionali; nel Regno Unito si assiste allo sviluppo di un analogo fenomeno, aiutato anche dalle riduzioni fiscali previste dal Governo per i progetti che vedono coinvolti due o più comunità locali.

Fuori dall’Europa è da segnalare il programma canadese ComunityFeed-In Tariff, rivolto a organizzazioni non profit, cooperative e municipalità, che sta avendo un successo senza precedenti. Se andiamo nello specifico osserviamo che la Cina è il paese dove il settore delle rinnovabili ha una maggiore capacità di attrazione di investimenti, in particolare per l’eolico offshore. Dopo la Cina, come abbiamo detto, vi sono gli Usa, grazie all’impegno preso dal Governo per installare 10 GW da rinnovabili su terreni pubblici oltre all’ipotesi di rinnovo del programma di detrazioni fiscali per i progetti sulle rinnovabili. Al terzo posto troviamo la Germania grazie all’approvazione a inizio 2012 di una nuova legislazione che garantisce di vendere l’energia rinnovabile direttamente ai consumatori e di accedere così a due vantaggi: il primo è la differenza tra la tariffa incentivante e il prezzo mensile medio a cui viene scambiata l’energia, il secondo è legato alla compensazione dei costi per la vendita dell’energia stessa. Dopo la Germania, troviamo l’India,grazie ai 400 MW di energia rinnovabile connessi nel 2011, e la Gran Bretagna che sta finanziando la creazione di un grande parco eolico offshore. Per l’Italia, il settore che attira maggiori investimenti è il fotovoltaico (seguono la geotermia e l’eolico onshore). Tra le sorprese “negative” spicca la Spagna che è uscita dalla top ten dei paesi con maggiori finanziamenti per le energie rinnovabili, a causa della sospensione degli incentivi per gli impianti di nuova costruzione. Anche l’Italia ha tagliato parecchio, ricordiamo che recentemente è stato annullato l’incentivo per la bonifica dell’amianto, una misura che ha consentito di bonificare 12 milioni di metri quadrati circa di tetti, che ospitano ora 1100 megawatt di energia elettrica pulita. Su questa situazione così diversa da stato a stato, interverrà a breve l’Unione Europea che, a giugno 2012, ha fatto sapere di essere intenzionata a sostituire i finanziamenti erogati dai singoli stati, con un corpus normativo unico a cui farà da contraltare una politica energetica europea che armonizzi le varie sovvenzioni.



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