postato il 16 Giugno 2011
Il dibattito sull’energia è un groviglio di fenomeni e valutazioni su cui incidono svariati temi tecnici, economici e socio-politici ed in cui nessuna ipotesi operativa è esente da punti deboli e rischi. Esso è stato semplificato dall’esito del quesito referendario cosiddetto “sul nucleare”, che ha eliminato da esso un’intera opzione, appunto l’energia nucleare.
L’affluenza alle urne è stata inattesa, al di là delle più ottimistiche previsioni. All’interno della percentuale di votanti è stata altrettanto inattesa la risposta quasi unanime ai quesiti, poiché varie forze politiche e comitati hanno suggerito agli elettori di andare a votare indipendentemente dalle loro preferenze. Questi dati annullano la portata dell’obiezione che il quesito in oggetto, in base al significato letterale, riguardasse la necessità di adottare un piano energetico in generale in Italia, essendo impensabile che oltre 25 milioni di Italiani abbiano inteso votare contro tale necessità. L’unica interpretazione è quindi che essi hanno votato Sì al quesito secondo il significato simbolico conferito a tale risposta, ossia contro il nucleare. E’ altrettanto impensabile che così tanti elettori siano stati contagiati da un’ondata di emotività, o da un “pensiero unico” che non c’è stato, essendo stato concesso spazio equamente tanto ai sostenitori del nucleare che ai suoi detrattori. Ancora, non resta che ammettere che una larga parte degli elettori contrari al nucleare ha maturato la sua scelta per il ragionevole dubbio sui livelli di sicurezza delle tecnologie attuali, dopo che l’incidente di Fukushima li ha tragicamente messi in discussione, e che non si è fidata della capacità del Governo attualmente in carica di ridefinire di conseguenza il suo programma nucleare, nemmeno dopo che esso ha deciso una moratoria proprio a tale scopo.
Una così massiccia e motivata avversione all’energia nucleare ha improvvisamente vanificato l’utilità di ogni discussione sui suoi vantaggi, svantaggi e rischi, poiché si tratta di un’opzione scartata, e, come detto sopra, ha ridotto il grado di complessità della questione energetica italiana, poiché viene meno una delle alternative che erano state prese in considerazione, appunto l’inserimento del nucleare nel mix di generazione di energia elettrica. La riduzione di alternative non può che rafforzare il peso di quelle superstiti, ossia i combustibili fossili e le fonti rinnovabili, mentre i problemi aperti restano immutati. In particolare, devono essere risolti in altro modo quelli che il nucleare avrebbe mitigato rispetto al ricorso ai combustibili fossili, ossia:
ed è immediato che le fonti rinnovabili rispondono a queste esigenze.
Ciò che le fonti rinnovabili al momento non risolvono, rispetto al nucleare, è la generazione di rilevanti volumi di energia elettrica, per cui il ricorso alle fonti fossili è imprescindibile, almeno per il prossimo decennio. E’ altrettanto indiscutibile, tuttavia, che è in atto un “conto alla rovescia”, in cui l’economia, la ricerca, l’industria e gli stessi cittadini devono favorire il raggiungimento della produzione di energia da fonti rinnovabili ai volumi necessari per manentere la qualità della vita attuale, a costi ed impatti ambientali sostenibili, prima di arrivare all’esaurimento delle fonti fossili. Chiaramente, la rinuncia al nucleare ha ridotto il tempo a disposizione. Ed ancora, non si può ragionevolmente pretendere che a tale scadenza la tecnologia ed i processi produttivi siano maturi per raggiungere i suddetti obiettivi di costi e volumi se non si sostengono fin da adesso la filiera industriale e gli ambiti di ricerca che riguardano le fonti rinnovabili.
La decisione di rinunciare al nucleare, alla luce delle presenti considerazioni, comporta senza appello l’accelerazione dello sviluppo delle fonti rinnovabili, che in Italia è in ritardo. Fra le cause di tale ritardo c’è un’avversione preconcetta, come dimostrano opposizioni non fondate su dati scientifici, come per esempio il presunto impatto delle turbine eoliche sull’attività del lupo, o che un semplice sopralluogo potrebbe confutare, come per esempio l’illazione che un parco eolico su terreno agricolo vi impedisca la coltivazione o perfino la crescita di manto erboso. Altre forme di opposizione si basano su motivazioni che hanno avuto riscontro in passato, ma le cui cause sono state risolte; eppure, curiosamente, esse persistono: per esempio la rumorosità delle turbine eoliche, anche se nei modelli recenti è nulla o trascurabile; oppure la realizzazione di parchi eolici in aree non sufficientemente ventose per sfruttare finanziamenti a fondo perduto, una forma di incentivazione che da anni non è più possibile, se non nelle Regioni a statuto speciale. Infine, ci sono motivazioni oggettive per l’opposizione alle fonti rinnovabili, come per esempio l’impatto visivo degli impianti, soprattutto degli aerogeneratori di grossa taglia e dei parchi fotovoltaici a terra. Nel “groviglio” di fenomeni che riguardano l’energia non mancano, purtroppo, comportamenti inaccettabili da parte di operatori senza scrupoli, come episodi di corruzione per ottenere le autorizzazioni, dichiarazioni false e truffe per ottenere incentivi e sconti fiscali , oppure altri comportamenti meno gravi e nell’ambito della legalità, ma comunque da scoraggiare, come le richieste di autorizzazione finalizzate alla rivendita (a caro prezzo) della stessa e non alla realizzazione dei progetti presentati, o i prezzi dei pannelli fotovoltaici “gonfiati” indebitamente grazie a tariffe incentivanti evidentemente non perfettamente calibrate.
Si tratta quindi di discriminare fra i problemi reali e quelli falsi causati dalle fonti rinnovabili, da parte della classe politica ma anche dei cittadini, i quali ultimi hanno dimostrato, invertendo la tendenza degli ultimi anni, di voler partecipare maggiormente ai processi decisionali relativi all’energia. La rinuncia definitiva al nucleare obbliga più che mai l’Italia a rilassare, altrettanto definitivamente, vincoli, come il rispetto dell’estetica, di secondaria importanza rispetto alla sicurezza nazionale, all’economia del Paese, alla salute dei cittadini e alla tutela dei diritti umani nel mondo. Occorre certo continuare a denunciare i casi di pratiche scorrette nel campo delle fonti rinnovabili e lavorare ai meccanismi regolatori per scoraggiarle, ma al tempo stesso fare pulizia di “leggende metropolitane”, fantasmi del passato, fobìe, accuse precostituite contro operatori seri. Questo anche informandosi meglio e discriminando fra l’informazione corretta e quella fuorviante, quest’ultima purtroppo proveniente anche dalle testate più apprezzate con frequenza e superficialità sconcertanti. Soprattutto, occorre che quella nuova maggioranza di Italiani che ha consapevolmente votato contro il nucleare sia coerente con le conseguenze delle proprie scelte; essere, a questo punto, contrari all’intervento militare in Libia o alle fonti rinnovabili sarebbe un comportamento irresponsabile ed ipocrita, nocivo al benessere futuro dell’Italia e della sua onorabilità.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Vittorio Olivati