Il Governo si prepara a tirare a campare
Signor Presidente, questa giornata segna l’epilogo di una stagione caratterizzata dall’odio, dai ricatti, dai dossier, da troppi rancori verso istituzioni e verso uomini colpiti anche nei loro affetti più intimi. Una stagione triste, che speriamo si chiuda oggi, perché ha disgustato gli italiani, alle prese con problemi più seri: disoccupazione, aziende che non riaprono, rifiuti che ricompaiono nelle strade, alluvionati siciliani o terremotati abruzzesi ancora nel dramma, famiglie che vedono assottigliarsi le riserve dei loro risparmi.
Noi continuiamo per la nostra strada, che è quella dell’opposizione repubblicana, che coincide con la strada della responsabilità, che nulla ha a che fare con le strade del trasformismo che a nostro parere sono il cancro della vita democratica.
«Abbiamo assunto un impegno d’onore con gli elettori», lei ha detto questa mattina, testuali parole. Sono gli stessi che abbiamo assunto noi. Noi rispettiamo lei e speriamo che lei rispetti noi. Questi impegni ci portano a confermare i 36 voti già espressi in precedenti mozioni di fiducia, cioè a dire «no» oggi pomeriggio alla posizione della trentasettesima fiducia.
Il Presidente del Consiglio ha presentato alla Camera un elenco di buone intenzioni: quoziente familiare, riforma del fisco, agenda bioetica, piano per la vita. Noi diciamo con semplicità: realizzi questi punti. Noi li voteremo: noi voteremo questi provvedimenti, ma non possiamo fare a meno di rilevare ciò che frappone oggi l’approvazione di questi provvedimenti al dibattito che stiamo svolgendo.
Questo per lei non è il primo giorno di scuola: dal 1994 sono gli stessi buoni propositi. Se non li ha realizzati, la colpa non può essere sempre e solo degli altri. È lei che ha garantito davanti agli elettori; è lei che ne deve rispondere secondo le regole più elementari della vita democratica di ciascun Paese. Lei non può essere, e nemmeno sarebbe dignitoso fosse, Alice nel paese delle meraviglie; tra l’altro qui le meraviglie non ci sono.
Questa mattina ha affermato: vogliamo dare più soldi per il comparto della giustizia; ma dov’era il Presidente del Consiglio quando la legge finanziaria ne tagliava le risorse?
Ha citato la Salerno-Reggio Calabria e la statale ionica, ma stamattina stessa la sua maggioranza, in Commissione, ha votato per il taglio dei fondi a queste due infrastrutture. Lei lo sa? Prendono in giro lei o lei prende in giro noi?
Ogni tre o quattro mesi, a proposito di grandi infrastrutture, il CIPE si riunisce, riprogramma le identiche risorse per opere che non sono nuove, sono le stesse, non si realizzano ma servono solo per creare l’effetto spot, effetto spot come l’abolizione delle province, come il tema delle quote latte, come il piano casa, come il nucleare. Ricordo che tutti gli adempimenti sul nucleare – noi siamo d’accordo sul nucleare – sono in ritardo.
Mantenere le promesse: questa è la svolta etica. È vero, si sono ridotti dell’88 per cento gli sbarchi dei clandestini, ma non gli arrivi in Italia dei clandestini: gli arrivi non calano, perché si sono solo spostati i centri di arrivo, mentre si è bloccato l’arrivo sulle coste del Mezzogiorno e della Sicilia.
Lei ha denunciato la politicizzazione della magistratura e la necessità di una riforma: facciamola. Ma che cosa si sta aspettando? E cosa c’entrano i provvedimenti parziali e settoriali che rincorrono singoli processi con una riforma generale della giustizia o con la stessa separazione delle carriere, che lei ha evocato qui, dopo sedici anni, sempre con lo stesso ritornello (su cui peraltro io non ho una contrarietà pregiudiziale)? Chiamiamo le cose con il loro nome: il processo breve è una giusta esigenza, ma non può coincidere con l’annullamento di migliaia di processi né con l’umiliazione di migliaia di vittime dei reati, che vengono dimenticate. Infatti la giustizia, onorevoli colleghi, non può essere debole con i forti e forte con i più deboli, perché questo non c’entra niente con i propositi complessivi di una riforma equa e ragionevole.
Abbiamo favorito, da partito di opposizione – lei ci ha ripagato con le cose che ha detto prima e la ringrazio molto – leggi che salvaguardassero le alte cariche dello Stato. Non siamo pentiti, ma vorrei dire agli onorevoli colleghi del PdL che rispetto tutti, dal primo all’ultimo, eletti come me e come noi. Il garantismo: noi siamo garantisti, abbiamo anche a volte candidato persone che erano state condannate e siamo stati contenti che poi la magistratura le abbia assolte. Il garantismo, per essere credibile, non può essere indulgente sempre e comunque con corrotti e corruttori. Facciamo tesoro della memoria, onorevoli colleghi, molti di voi c’erano nella cosiddetta prima Repubblica: la prima Repubblica è morta perché non ha saputo più distinguere tra coloro che avevano servito la politica e quanti ne avevano approfittato in modo vergognoso.
Colleghi, se la Camera anche per le autorizzazioni a procedere diventa una rappresentazione di casta che si autoassolve sempre e comunque noi faremo vincere il giustizialismo qualunquista e porremo le basi per la morte della politica. Sarà Di Pietro o Grillo a beneficiarne, non lo so, ma non sarà nessuno di noi.
Mezzogiorno, fondi FAS: 13 miliardi di trasferimento di ricchezze dal sud al nord del Paese. Il Mezzogiorno va aiutato. È stato mal governato, colleghi della Lega? Sì, purtroppo tante volte è stato mal governato. Bisogna avere una nuova classe dirigente nel sud? Sì, questa è senz’altro un’esigenza avvertita, ma applicare oggi costi standard sul federalismo senza gradualità – ascoltiamo i moniti della presidente Polverini o di Caldoro – significa semplicemente e solo la tomba del Mezzogiorno.
Lei, cercando il colloquio rispettoso, ha evocato nel suo discorso quello di inizio di legislatura. Ha citato il bipartitismo e non a caso la sua memoria è andata all’onorevole Veltroni. Vorrei andare più a fondo colleghi, perché questo è il punto: continuiamo a seguire schemi di comodo o abbiamo capito che è saltato il sistema? Il PdL ci è stato presentato come terra promessa per i moderati.
Signor Presidente del Consiglio, le voglio bene, lei lo sa; è un mio punto debole, sono buono come lei. Lei oggi è venuto qui e ci ha spiegato che vi è stata una scissione nell’Unione di Centro. Io pensavo che fossimo qui, perché vi era stata una scissione nel Popolo della Libertà pari a trentacinque deputati e dieci senatori! Mi ero sbagliato, non avevo capito, sono uno sprovveduto
Ma, addirittura, oggi, nel Popolo della Libertà, vi è chi programma la Lega del sud per salvarsi da un naufragio elettorale. Onorevoli colleghi, questa è l’ammissione più esplicita del fallimento politico del progetto. Voglio dire ai cittadini meridionali che, il giorno in cui il sud perderà la fiducia nella capacità di sintesi della politica nazionale e si affiderà a nuove leghe, magari a leghe del sud, avrà perso definitivamente la sua battaglia e si porrà la premessa per la fine dell’unità nazionale.
Prodi, dopo due anni, è andato a casa; Berlusconi, dopo due anni e mezzo, con cento parlamentari di maggioranza, è alle prese con la contabilità. È colpa vostra? È colpa sua? È colpa di Prodi? No: è colpa del bipolarismo malato e primitivo, che si nutre di dossier e killeraggi e non ha nulla a che fare con la legittimazione reciproca. Questa è l’anomalia italiana.
Signor Presidente del Consiglio, noi le abbiamo proposto un percorso lineare – non le scorciatoie – anche impegnativo per noi. Abbiamo chiesto una crisi di Governo per aprire una fase di responsabilità nazionale. Signor Presidente del Consiglio, non ci ha ascoltato, ha seguito la scorciatoia del pallottoliere. E parlo di «pallottoliere», perché è il giorno del suo compleanno e voglio essere buono. Ha fatto un discorso di buone intenzioni, ma lei è il primo a sapere di non poter realizzare questo impegno con una maggioranza che, addirittura, non presenta sei firme nella stessa risoluzione, ma si divide in quattro per dire le stesse cose, perché vi è un’incompatibilità di firme anche nella sua maggioranza.
Si prepara a tirare a campare nel teatrino della politica – ho terminato – esattamente come tutti gli altri prima.
Noi continuiamo ad indicare agli italiani una strada nuova. I 316 voti non vi saranno, siete distanti. Dopo settimane di propagande televisive compiacenti, con un uso di mezzi pubblici e privati che non vi è mai stato in questi sedici anni come oggi, noi prendiamo atto di questa realtà.
Siamo soddisfatti? No, siamo tristi, perché se questo Paese non cambierà strada – lo dico a sinistra, come a destra – andremo nel baratro. Cambiamo strada: facciamolo assieme, facciamolo subito.
Molto bello il suo intervento.
Ho letto questo intervento e mi è piaciuto tantissimo.Da premettere che non sono iscritto all’UDC ma che forse lo faro’ al piu’ presto!
Veramente bello il suo intervento. Grazie.
ho molto apprezzato il tuo intervento, alla Camera, è ora necessario ripartire dal territorio per rilanciare il partito senza più il peso della soma.
Ottimo discorso, grande spessore. Veri problemi e coerenti con la realtà.
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