Tutti i post della categoria: Mezzogiorno

Saltati tutti i vecchi sistemi, la sfida è tra populisti e riformatori

postato il 29 Agosto 2018


L’intervista al Nuovo Quotidiano di Puglia di Oronzo Martucci

Presidente Pier Ferdinando Casini, lei da anni trascorre le vacanze nel Salento. Ha colto elementi di stanchezza e criticità che possono portare i turisti a scegliere altre mete, come è emerso a giugno e luglio nella zona di Gallipoli?
«Frequento il Salento dal 1997 e la contabilità si fa a fine stagione, perché è cambiato il modo di fare vacanza. Ora chi può non concentra le ferie su luglio e agosto, ma su 4 mesi. Vedo in qualche posto che c’è meno gente, ma nei posti di qualità davvero la crisi non viene avvertita. Gallipoli merita un discorso a sé».
In che senso?
«Se a Gallipoli il chiasso e il caos erano diventati prevalenti mi pongo la domanda: la flessione eventuale è un danno o un bene? Senza essere classisti, non si può organizzare il turismo e l’accoglienza su strutture andanti, messe su per fare cassa. Io sono per il modello turistico che accoglie le famiglie e il ceto medio, non per il modello Costa Smeralda. Ma il Salento deve anche puntare a sostenere e intensificare la presenza delle strutture di elite che sono sorte in modo diffuso. Anche le città d’arte attraggono sempre più visitatori. E questo è un bene».
Vittorio Sgarbi ha dichiarato che Lecce è la pornostar del turismo pugliese, evidenziando le criticità che la caratterizzano. Anche il critico d’arte Philippe Daverio ha parlato della necessità di ridefinire il modello turistico di Lecce. Qual è la sua idea a proposito?
«Lungi da me il voler alimentare polemiche con Sgarbi. Nell’occasione tra l’altro mi sento di condividere la necessità di definire un modello che sia capace di attrarre e allo stesso tempo accogliere turisti. Il Salento presenta una straordinaria bellezza in ogni suo angolo. Ho fatto un giro in parapendio nei giorni scorsi e ho constatato ancora volta che il mare del Salento non è paragonabile a quello dell’Emilia Romagna, la mia regione. Lì non ho voglia di fare il bagno, nel Salento starei sempre in mare. Però, in quanto a servizi, l’Emilia Romagna batte la Puglia di molte lunghezze».
Le sue frequentazioni salentine?
«Ho un rapporto di stima e amicizia con il collega Dario Stefàno, che è un difensore e un amante del Salento. Ma riconosco anche il valore di Raffaele Fitto, di cui il Salento e la Puglia hanno ancora bisogno. Ha tentato la missione impossibile, con la sua nuova formazione politica, di arrivare in parlamento e non ce l’ha fatta. Ma ha fatto bene il presidente della Regione e il ministro e ora fa bene l’europarlamentare. La Puglia ha ancora bisogno di lui».
A proposito di Regione, come giudica il lavoro dell’attuale presidente, Michele Emiliano, con il quale dovrebbe avere qualche sintonia visto che lei è stato eletto al Senato con il Pd, il partito del presidente? [Continua a leggere]

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Dal Sud al via mobilitazione Centristi per il Sì

postato il 6 Ottobre 2016

Si parte da Taranto (8/10), Catania (9/10) e Benevento (13/10)
tappe

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Casini: ora da Renzi la scossa per il Sud

postato il 17 Agosto 2014

«Forza Italia? Fa già parte della maggioranza»

Pier Ferdinando Casini

L’intervista di Francesco G. Gioffredi a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Quotidiano di Puglia

L’autunno della scossa alle riforme e dello sprint alla crescita. L’autunno, anche, del ciclo politico che entra nel vivo e promette svolte e scenari tra le mura di partiti e coalizioni. E poi il 2015, che in Puglia sarà l’orizzonte delle elezioni regionali. Mesi ad alto voltaggio, e l’analisi di Pier Ferdinando Casini affronta tutti i nodi. Il leader Udc anche quest’anno ha scelto il Salento per la pausa estiva: «Ormai faccio i 20 anni di nozze col Salento. E spero di tornarci per altri 20. Ci sono tanti amici, come per esempio Luigi Melica, una persona che stimo molto».

Il Sud torna alla ribalta dell’agenda Renzi, almeno nelle dichiarazioni programmatiche. Il premier promette un tour periodico e un monitoraggio costante della spesa dei fondi europei. È davvero l’ultima chiamata per il Mezzogiorno, soprattutto in vista del ciclo di programmazione 2014-2020?
«Personalmente sono davvero preoccupato dalla parcellizzazione della spesa. Finanziare micro-interventi settoriali vuol dire solo sprecare grandi occasioni, quando invece occorrerebbe individuare alcune opere strategiche per rilanciare davvero il Sud. Sì, è vero: il Mezzogiorno è una risorsa per l’intero Paese, ma a forza di dichiararlo rischiamo di perdere tempo prezioso».

Proprio per non dissipare più fondi e – in generale – chance, non sarebbe meglio accentrare il controllo della spesa nell’Agenzia della coesione territoriale?
«È un tema che comporta inevitabilmente riflessioni amare sulla condotta delle Regioni stesse. Si è tanto parlato di federalismo, ma noi siamo stati tra i pochi a votare contro quel provvedimento in salsa leghista. C’è senza dubbio la necessità di ripensare l’assetto delle Regioni. Detto ciò, sono contrario a provvedimenti punitivi, ma bisogna necessariamente prendere atto di quanto non è stato fatto in merito alla spesa dei fondi europei. E allora, piuttosto che perderli, meglio accentrare: mai come in questo caso il fine giustifica i mezzi». [Continua a leggere]

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Il valore del merito

postato il 18 Febbraio 2013

Basta vedere nei giovani una fascia debole su cui intervenire assistenzialmente e con misure spot. Vogliamo premiare il merito e il talento dei nostri giovani perché sono una risorsa, consentendo loro di accedere a prestiti d’onore per continuare gli studi o per fare impresa, soprattutto per chi non ha una famiglia benestante alle spalle.

Occorre rivedere il sistema formativo italiano. Siamo la nazione con il più basso numero di laureati e una buona fetta di chi si iscrive all’Università non la completa a volte anche per motivi economici.

Dall’altra parte occorre evitare nell’errore di considerare valido solo chi è laureato: il nostro compito deve essere quello di  sostenere i talenti in ogni campo, per sviluppo loro e di tutto il Paese.

Ci sono aree del Mezzogiorno, che soffrono di un livello altissimo di disoccupazione giovanile, in cui spesso ci sono aziende che non trovano lavoratori qualificati. Questo mi convince sul fatto che il sistema della formazione professionale vada ripensato, legandolo efficacemente a un mercato del lavoro libero da condizionamenti clientelari.

Quando progettiamo un alleggerimento della macchina statale, pensiamo principalmente ai giovani pieni di idee e progetti, desiderosi di fare impresa: ma come possono riuscirci, se l’Italia è il Paese europeo in cui le imprese trascorrono il maggior numero di ore negli uffici pubblici? Quando quei giovani avranno superato i mille ostacoli burocratici, la loro idea sarà già stata immessa sul mercato da qualche loro coetaneo europeo, americano e del Sud-est asiatico.

Facciamo del nostro Sud una bellissima Silicon Valley: poche leggi, rispetto per la Legge, libertà d’impresa. Ogni talento del Meridione è un’agenzia di sviluppo del proprio territorio. Non ci sarà Ponte sullo Stretto in grado di colmare l’enorme perdita di capitale umano che ogni giorno lascia il Sud e che di quel Sud potrebbe essere il vero motore di crescita.

Pier Ferdinando


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Cosa serve (davvero) alla Sicilia

postato il 14 Luglio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera di oggi, ha scritto un articolo durissimo – fin dal titolo, “Il Festival degli sprechi” – sul recente stop di 600 milioni di euro di fondi dall’Ue alla Regione Sicilia. L’analisi è impietosa: dal 2000 al 2006, la Sicilia ha ricevuto 16,88 miliardi di fondi europei (il quintuplo dei fondi destinati a tutte le regioni del nord); di questi il 30-40% pare sia gestito dalle mafie. Di 2177 (duemilacentosettasette) progetti finanziati, ne sono stati completati solo 186 (centoottansei): l’8,6% (otto virgola 6 percento). Più di uno spreco, uno scandalo. Per anni in Sicilia sono piovuti miliardi, che invece di trasformare l’Isola in positivo, hanno solo aggravato, peggiorato, portato alla cancrena la situazione. Il centro studi Svimez ha calcolato che il Pil pro capite delle regioni del Sud dal 1951 al 2009, anziché crescere, ha subito rispetto al Nord un netto arretramento, passando – in modo constante – dal 65,3% al 58,8%.

Cos’è che quindi serve davvero alla Sicilia, per invertire la vergognosa tendenza? Di sicuro, meno soldi. Basta rubinetti aperti che servono solo a ingrassare clientele e a offrire una succulenta moneta di scambio a una classe politica parassita e parassitaria. Serve, poi, meno spesa pubblica, tagli netti alla pletorica e non funzionale macchina amministrativa/burocratica della regione. Serve avere il coraggio di dire basta alle infornate per stabilizzare migliaia di precari ogni anno (perché non è così che si crea lavoro!). Serve, quindi, un netto cambio di rotta: innanzitutto serve – paradossalmente – meno politica: serve cioè più spazio per l’iniziativa privata; in Sicilia i livelli di penetrazione industriali sono bassissimi e le varie aziende che nascono sopravvivono spesso solo grazie a incentivi vari, mentre proprio la stessa burocrazia regionale le strangola lentamente (del resto, ce lo insegnò Hayek: chi possiede tutti i mezzi, stabilisce anche tutti i fini). Viva la concorrenza, viva la libertà di investire, vincere (o fallire) quindi! Bisogna poi recedere in profondità i canali di collegamento tra i politici che spartiscono fondi pubblici per interessi privati. Perché, facendo questo, si assesta anche un colpo mortale alla corruzione e ai mille tentacoli delle piovre mafiose: l’Ue ha bloccato la tranche di 600 milioni di euro, perché non condivideva la sua divisione in mille rivoli – una marea di “misure” e “sottomisure” (gli ambiti di intervento) – tali da rendere sempre più piccoli gli importi ma anche più difficili i controlli.

Qualche tempo fa, il ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca spiegava che il dato che più impensieriva gli organismi internazionali non era il pur spropositato livello della nostra spesa pubblica nazionale, quanto l’improduttività di gran parte dei suoi capitoli: in parole più semplici, l’incapacità della spesa pubblica (che è uno strumento utilissimo, da gestire con molta attenzione) di creare ricchezza. E, provate a indovinare, quali sono le regione che più appesantiscono con le loro cattive performance questo già triste bilancio. In Sicilia, per esempio, la spesa pubblica per le infrastrutture è altissima, ma le infrastrutture non esistono. E i soldi stanziati, che fine fanno? Eh.

Se, come è vero, a Ottobre si tornerà a votare per le elezioni regionali, questi saranno i temi che diventeranno ineludibili. Perché, in un momento di stringente crisi come questo, i rubinetti sono destinati a chiudersi, bruscamente. Questo vuol dire che se arriveremo impreparati a quel momento, continuando magari allegramente a spartire posti e incarichi di sottogoverno, il default sarà assicurato.  La scelta sta a noi. Diciamo basta alla Sicilia-Crono che divora i suoi figli e agli interventi palliativi per pony: diamo avvio a una seria cura da cavallo, per rimettere in sesto la nostra terra.

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Fondi per il sud: 2,3 miliardi di euro per la crescita

postato il 12 Maggio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Il governo, per rilanciare l’economia, ha deciso di iniziare a scendere in campo in prima persona per spendere meglio i Fondi Strutturali Europei (FSE) e a tal proposito ha deciso l’utilizzo di 2,3 miliardi di euro di fondi europei per finanziare investimenti in infrastrutture e per le politiche sociali da destinare al Sud.
Come saranno distribuiti i soldi? Intanto possiamo individuare alcuni “macro-capitoli”: 400 milioni di euro destinati agli asili nido per creare 18.500 nuovi posti entro il 2015;
per l’assistenza agli anziani sono destinati 330 milioni di euro che serviranno a coprire una parte della spesa dell’assistenza domiciliare agli anziani non autosufficienti. In particolare quest’ultimo punto è molto interessante, perché si tratta di un progetto pilota che potrebbe servire a modificare il piano assistenza agli anziani, considerando che l’assistenza domiciliare costa la metà rispetto all’ospedalizzazione.

Ovviamente a beneficiare di questi soldi saranno anche i giovani e le imprese: i primi con dei fondi per contrastare la dispersione scolastica (77 milioni) e per favorire le iniziative no profit (38 milioni) e l’apprendistato (50 milioni); invece per le imprese i soldi (pari a 900 milioni di euro) serviranno a rafforzare la competitività e l’innovazione.

Volendo andare nello specifico, il provvedimento preso dal governo Monti prevede i seguenti punti:

Social card. 50 milioni da destinare ai cittadini più poveri. Saranno soldi che verranno destinati caso per caso, stabilendo le graduatorie assieme agli assessori municipali del Nord e del Sud.
Efficientamento energetico. 124 milioni per favorire l’efficientamento energetico (ovvero le iniziative per il risparmio energetico e uno sfruttamento più efficiente delle risorse energetiche) e l’innovazione energetica. Questi fondi provengono dal Piano di azione del Governo per il Mezzogiorno che ha lo scopo di aumentare la percentuale di consumo energetico coperto da fonti rinnovabili, dal miglioramento delle prestazioni energetiche, e dal risparmio energetico nelle città grazie a tecnologie innovative e all’aumento delle quota di risparmio di energia coperta da microgenerazione da fonti rinnovabili e da congentamento.
Attrazione culturale. Questo stanziamento punta a migliorare la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale del Mezzogiorno, la razionalizzazione delle condizioni di gestione e sostenibilità dei poli culturali oggetto dell’intervento, e l’adozione di nuove tecnologie e metodologie di conservazione e valorizzazione, rilancio dell’attrattività delle aree culturali oggetto dell’intervento e allo sviluppo e il rafforzamento della competitività territoriale, anche in chiave turistica, attraverso interventi integrati caratterizzati da avanzata maturità progettuale.
Cervelli in fuga. 

Stanziati Per il progetto “Angels” sono stati destinati 5,3 milioni di euro. Questo progetto riguarda ricercatori italiani impegnati al’estero (nel numero di 30-50) che illustreranno le loro esperienze in 10-15 dipartimenti universitari del Mezzogiorno per stimolare il rinnovamento intellettuale e culturale “per superare pratiche e metodi obsoleti nel lavorare, fare impresa e amministrare” come ha affermato il Ministero per la coesione territoriale, nell’ottica di aumentare la possibilità per i giovani del Sud di trovare un lavoro.

Per chi fosse interessato a sapere esattamente quello che ha affermato il governo, a questo link trovate anche i video della conferenza stampa.

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Sciopero tir: la protesta non va sottovalutata

postato il 23 Gennaio 2012

Governo nazionale e regionale facciano loro parte

 

La protesta siciliana non deve essere sottovaluta perché, al di là delle strumentalizzazioni politiche e delle infiltrazioni criminali, fa emergere la crisi economica al sud Italia in tutta la sua drammatica concretezza. Gli agricoltori, i pescatori e gli autotrasportatori siciliani non riescono a reggere, infatti, il costo delle loro attività e rischiano di uscire dal mercato. Per questo apprezziamo la decisione del premier Monti di incontrare il presidente della regione siciliana. Ci aspettiamo, infatti, che governo centrale e governo regionale facciano fino in fondo la loro parte per rispondere alle esigenze della categorie produttive dell’isola.

Pier Ferdinando


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Sicilia, un pericoloso balletto sull’orlo del precipizio

postato il 19 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giovanni Villino

Ci sono le bandiere della Trinacria che sventolano su tir e rimorchi.Ci sono blocchi nei porti e nei punti strategici dell’Isola.C’è tensione ma soprattutto c’è l’impressione che la protesta possa diventare ingovernabile. Parliamo del fenomeno “Forza d’Urto” che da quattro giorni ha messo sotto scacco l’intera Sicilia: niente carburante nei distributori, supermercati senza alcuni generi alimentari. Ma soprattutto tanta rabbia. In chi protesta e in chi subisce. “Il costo eccessivo del carburante, la mancanza di regolamentazione dei pagamenti della committenza, il cartello imposto dalle compagnie assicurative e una rete infrastrutturale inadeguata”. Sono questi i motivi originari della protesta. Motivi che rischiano adesso di confondersi al malumore diffuso. Se da una parte si punta il dito contro una classe politica definita inadempiente, dall’altra le associazioni che raggruppano il mondo imprenditoriale e produttivo temono eventuali infiltrazioni mafiose ocondizionamenti politici nella stessa protesta. Di certo oggi in Sicilia c’è rabbia, da parte di chi subisce e di chi protesta. Siamo di fronte all’esasperazione di un intero sistema che rischia di precipitare. Un pericoloso ballo sull’orlo del precipizio.

 

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Ponte sullo stretto, un po’ di chiarezza

postato il 29 Ottobre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Secondo molti giornali  il Parlamento avrebbe deciso approvando una mozione dell’Italia dei Valori, di rinunciare alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, un’opera faraonica di dubbia utilità.

Ma è veramente così?

Secondo la società Stretto di Messina, ovvero la società che doveva gestire i lavori, le cose non tornano. La Società infatti ha rilasciato una nota in cui afferma che la mozione dell’Idv approvata dalla Camera sul trasporto pubblico locale non pregiudica lo stanziamento dei fondi per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina,  il testo della mozione approvata invece si limita ad impegnare il Governo “nell’assumere iniziative volte a reperire le risorse economiche necessarie anche eventualmente ricorrendo (…) alla soppressione dei finanziamenti che il Governo ha previsto per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina”.

In realtà la Camera ha approvato, con il parere favorevole del Governo e l’astensione della maggioranza, una mozione dell’Idv che, nel raccomandare il risarcimento dei 1.665 milioni di tagli al trasporto pubblico locale, ipotizza di reperire le risorse necessarie «anche eventualmente ricorrendo alla soppressione dei finanziamenti» previsti per la realizzazione del Ponte.

Si tratta di 1.770 milioni su un costo totale aggiornato dell’opera di 8,5 miliardi: 1,3 miliardi sono il contributo diretto alla società assegnato alla ripresa dell’opera nel 2008, 470 milioni sono destinati all’Anas, nel 2012, per sottoscrivere un aumento di capitale in favore di Stretto di Messina Spa.

Da quanto detto, quindi, si desume che l’opera, contrariamente a quanto è stato scritto, non è stata cancellata, in quanto la stessa mozione dell’Idv è solo un’ipotesi per reperire fondi per il servizio pubblico.

Certo la decisione del governo di astenersi è indicativa di malesseri nella maggioranza, e ha ragione l’on Libè quando sottolinea che “anche nella vicenda del Ponte sullo Stretto questo Governo ha dimostrato di non avere idee e di essere in definitiva poco affidabile e inadatto a guidare il Paese. Per anni, infatti, si e’ sostenuta l’importanza di realizzare un’opera pubblica cosi’ importante, che avrebbe avuto effetti positivi per lo sviluppo dell’economia del Mezzogiorno e di tutta l’Italia”. E aggiunge: “A questo punto, vorremmo sapere che fine fanno i fondi e se verranno impiegati per altre opere pubbliche”.

Ritengo che sarebbe utile che questi fondi, qualora venissero destinati ad altri usi, servissero a finanziare lo sviluppo della banda larga in Italia, un investimento che darebbe grossi ritorni economici. Si faccia chiarezza.

 

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Svimez 2011, dal Sud si continua a emigrare

postato il 27 Settembre 2011

Disoccupazione in aumento, fuga e spreco di cervelli. È un ritratto a tinte fosche quello che emerge dai dati del Rapporto Svimez 2011 sull’economia del Mezzogiorno. Al sud Italia meno di un giovane su tre lavora (meno di uno su quattro per se si parla delle donne), mentre continua il ‘drenaggio’ dalle aree deboli del Paese a quelle con maggiori possibilità di trovare un’occupazione.
Dal 2000 al 2009 sono state quasi 600mila le persone che hanno abbandonato il Mezzogiorno. A livello locale, le perdite più forti si sono registrate a Napoli (-108mila), Palermo (-29mila), Bari e Caserta (-15mila), Catania e Foggia (-10mila).
Secondo lo studio, inoltre, nei prossimi vent’anni il Mezzogiorno perderà quasi un giovane su quattro. Una tendenza che, nel 2050, porterà gli under 30 dagli attuali 7 milioni a meno di 5. Le cause? Bassa natalità, bassissima attrazione di stranieri, emigrazione.
Il rischio paventato è quello di un vero e proprio “tsunami” demografico: da un’area giovane e ricca di menti e braccia, il sud Italia si trasformerà nel prossimo quarantennio in un’area spopolata, anziana, sempre più dipendente dal resto del Paese.
E la politica come incide su questi dati?
Secondo lo Svimez la Manovra economica avrà un effetto ulteriormente depressivo sul Mezzogiorno, e il contributo delle regioni meridionali al risanamento finanziario arriverà al 35% del totale nazionale, una quota superiore di 12 punti percentuali al suo peso economico. I motivi? I tagli agli enti locali (6 miliardi di euro) e la contrazione degli investimenti pubblici nazionali e regionali, per effetto del Patto di stabilità. [Continua a leggere]

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