Ecco perché Berlusconi non farà nessuna riforma della giustizia

Una riforma della giustizia di ampio respiro e che sia particolarmente centrata sul miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario è da tempo auspicata dagli addetti ai lavori e dalle forze politiche, ed è dunque naturale e quasi doveroso che il tema della giustizia figuri tra le cinque priorità che il Presidente del Consiglio ha voluto mettere nell’agenda del governo.

Parlando alle Camere il Premier ha indicato gli elementi che ha suo avviso sono necessari per  una riforma della giustizia: riforma del processo penale; separazione delle carriere; riforma e sdoppiamento del Consiglio Superiore della magistratura;  accelerazione dei processi e smaltimento delle cause civili pendenti; soluzione al sovraffollamento delle carceri; semplificazione del processo civile e aumento delle risorse finanziarie per la giustizia. Gli elementi indicati dal presidente Berlusconi sono in alcuni casi interessanti e degni di considerazione, tuttavia il burrascoso clima politico e le tensioni istituzionali che lo stesso Premier quotidianamente alimenta, rendono assolutamente difficile una condivisa riforma della giustizia.

Ci sono altri elementi non meno rilevanti che rendono pressoché impossibile una reale azione riformatrice. Il primo elemento è l’assenza di un sincero spirito riformatore del Presidente del Consiglio. La sollecitudine che egli dimostra nei confronti del problema giustizia non sembra dettata da una reale volontà riformatrice ma da una ricerca esecrabile di impunità. Non è possibile che la riforma della giustizia venga studiata e progettata dal Ministro della Giustizia coadiuvato dall’avvocato del Premier con l’unico fine di fronteggiare i suoi guai giudiziari.

E’ incredibile anche che il Capo del Governo abbia manifestato pubblicamente la volontà di attuare una riforma che abbia dei caratteri limitativi e punitivi nei confronti della magistratura che egli definisce  “politicizzata”. Questo sentimento degrada e snatura  l’azione del governo  che non è più destinata a fare qualcosa “per”, ma è “contro” qualcosa o qualcuno. Le riforme sono sempre il tentativo di risolvere un problema o di migliorare una situazione , giammai una clava da utilizzare contro veri o presunti avversari politici.

Se la volontà riformatrice appare dunque viziata, dubbi e perplessità desta anche il contenuto di alcuni provvedimenti annunciati. Ad esempio, quando si invoca l’accelerazione dei processi si ripropone forse il già discusso “processo breve” ? Se cosi fosse , e della parole del Presidente non si evince il contrario,  si è già dimostrato che il risultato di tale provvedimento  sarebbe l’ “eutanasia” di molti processi e dunque della giustizia stessa. Ancora, come pensa il governo di smaltire l’incredibile mole di cause civili? Forse con una giustizia “privatizzata” che alleggerisca i giudici togati, ma che di fatto toglierebbe al cittadino il diritto e la possibilità di ricorrere al giudice civile? Risultano anche fumose e non chiare le dichiarazioni riguardanti l’aumento delle risorse per la giustizia e la riduzione del sovraffollamento delle carceri: il Presidente Berlusconi non ha mai indicato quanti e quali sono queste risorse  e se intende varare un nuovo piano carceri. Infine non si riesce a capire come e perché il Premier colleghi la revisione dei rapporti tra politica e magistratura al miglior funzionamento della macchina giudiziaria.

Alcuni provvedimenti infatti sembrano destinati più che a migliorare l’efficienza della giustizia ad indebolire le procure della Repubblica, che in alcuni casi il Presidente del Consiglio considera sovversive e a cui imputa la colpa di tramare contro lui e il suo governo.  Questa convinzione del Premier impedisce una discussione serena e proficua anche su alcuni temi fondamentali come la separazione delle carriere e la responsabilità civile dei magistrati: si può mai discutere con qualcuno che considera la magistratura una forza eversiva?

All’Italia occorre una riforma generale della giustizia, non bastano provvedimenti disorganici e settoriali che celano molto spesso degli interessi personali,  inevitabilmente destinati a danneggiare l’interesse della collettività.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi



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