postato il 14 Agosto 2011 | in "Economia, In evidenza, Politica, Riceviamo e pubblichiamo"

Una manovra che non convince

Dopo ben due conferenze stampa, la seconda per spiegare la prima, la nebbie misteriose che avvolgevano i palazzi del governo si sono diradate lasciando intravedere i contorni della manovra “d’urgenza” con cui l’Italia commissariata cercherà di dare convincenti risposte alle preoccupazioni della BCE.

Quello che emerge è uno scenario tutt’altro che rassicurante in quanto si tratta di una manovra ammontante ad oltre 45 miliardi di euro, aggiuntiva a quella del mese scorso e composta in grandissima parte di tagli e nuove tasse, senza alcuna misura di rilancio economico.

Questa manovra, almeno così come appare allo stato attuale, si basa sostanzialmente su due pilastri fondamentali: nuove tasse a carico di lavoratori dipendenti ed ulteriori tagli agli enti locali. Del tutto assenti gli strumenti di lotta alla grande evasione ed elusione fiscale, giacché il negoziante che non emette lo scontrino fiscale (cosa comunque sbagliata) solitamente non possiede uno yacht ormeggiato a Montecarlo con bandiera di qualche stato caraibico.

Ancora una volta, non vi è traccia nei provvedimenti di questo governo di una minima considerazione del quoziente famigliare del percettore del reddito, perseverando quindi nell’errore di penalizzare le famiglie e le persone con necessità speciali o disabilità, facendo loro scendere un altro gradino sulla scala del benessere.

Se possibile più preoccupante si presenta la parte relativa ai tagli agli enti locali, che avranno come immediata conseguenza una drastica riduzione dei servizi che gli enti stessi garantiscono ai cittadini: trasporto pubblico, scuole, politiche sociali, contributi a famiglie ed imprese verranno ridotti all’osso se non eliminati completamente. Per tentare di mantenere i servizi, gli enti locali dovranno necessariamente agire attraverso l’innalzamento delle tasse locali andando così ad appesantire ulteriormente l’impatto economico della crisi.

Emblematico in questo senso è il provvedimento di soppressione dei Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti (una buona parte dei quali si trova nelle zone montane del Paese), provvedimento su cui merito si sarebbe ben potuto discutere in seno ai lavori preparatori della Carta delle Autonomie. Il risparmio che asseritamene ne deriverebbe è in realtà un falso clamoroso in quanto, come ben sanno gli amministratori locali, i Comuni di quella dimensione sono sovente gestiti da autentici “volontari” visto che i sindaci e gli assessori rinunciano alle indennità previste per la carica o si accontentano di rimborsi figurativi di poche centinaia di euro annue.

Ma queste situazioni non possono essere a conoscenza di molti esponenti di governo a cui manca quel “cursus honorum” che la tanto vituperata Prima Repubblica rendeva di fatto obbligatorio per chi si avvicinava alla politica attiva. Oggi si diventa ministri per meriti televisivi, o peggio, senza essere mai stati seduti sui banchi di un consiglio comunale o aver passato le notti ad attaccare manifesti: tutti nominati dal principe di turno.

Gravissimo poi che si vada a far cassa anticipando la riduzione dei F.A.S. (Fondi per le Aree Sottosviluppate) e di fatto azzerando ogni previsione di spesa, ad esempio, per interventi di tutela del territorio o per la diffusione della “banda larga”; segnali che dimostrano ancora una volta ed inequivocabilmente come si tratti di una manovra priva di prospettive rivolte al futuro ed unicamente diretta al mero saldo aritmetico.

Si tratta, in buona sostanza, di una serie di provvedimenti eterogenei e privi di un disegno organico, a scopo solo pubblicitario quando non apertamente dannosi che hanno l’unico risultato di far pagare di più chi già sta pagando e lasciare indisturbati gli evasori fiscali ed i grandi patrimoni.

Oggi il “cuore che gronda sangue” per davvero è quello dei lavoratori dipendenti e dei pensionati!

Riceviamo e pubblichiamo Roberto Dal Pan

 



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