postato il 1 Luglio 2012 | in "Economia, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

La vittoria di Monti per le imprese e per le famiglie

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carmelo Cutrufello

Monti vince la battaglia sul firewall anti speculazione e le borse ieri reagiscono in modo quasi scomposto: Milano, la migliore, guadagna più del 6 per cento (circa 15 mld di euro di capitalizzazione), ma Atene, Madrid, Parigi e Francoforte non sono da meno.

Perché la guerra allo spread è così importante e perché se lo spread cala le imprese aumentano il loro valore? Intanto vediamo cos’è lo spread. In parole povere è la differenza di rendimento tra due titoli finanziari (nel nostro caso il Bund tedesco a 10 anni e il Btp italiano a 10 anni) di pari durata. In valore assoluto il tasso di interesse rappresenta il costo al quale un Paese può contrarre (quindi vendere il proprio) debito, nello specifico lo spread rappresenta la differenza tra il rendimento dei titoli tedeschi e italiani. Ma quanto vale questo spread? Un sacco di soldi. Considerate che il nostro debito pubblico è di circa 1966 miliardi di euro (e Monti non ne ha causato nemmeno un euro) quindi ogni 100 bp (basis point) di rendimento (il famoso 1%) vale la bellezza di 19,66 miliardi di euro. Per capirci l’aumento di un punto percentuale dell’iva previsto per ottobre vale 4,5 miliardi. Ieri, dopo la conferenza di Monti, lo spread è sceso del 10% facendo scendere a sua volta il costo del nostro debito futuro dello 0,5% il che si traduce in un risparmio di circa 8 miliardi di euro sul costo del debito. L’obiettivo del Governo è tirare fuori dal pantano del debito il Paese riportando lo spread a circa 130 bp sul tedesco. Se succedesse questo si tradurrebbe in un risparmio sul costo del debito di quasi 60 mld di euro. Non solo, a quel tasso di interesse il nostro debito sarebbe assolutamente sostenibile nel lungo periodo e potremmo permetterci di far scendere la pressione fiscale.

Ma perché Monti ha alzato le imposte? Le imposte sono state l’agnello sacrificale sull’altare dello spread. Ma se alzi le imposte le imprese e le famiglie si impoveriscono, che senso ha? Rendere sostenibile il debito, contribuisce a diminuire lo spread e quindi ad abbassare il tasso di interesse dei titoli di Stato. Poiché questo rendimento è un parametro di riferimento per le banche, rispetto al quale stabiliscono il costo del denaro per imprese e famiglie. Minore è il costo per lo Stato, minore è il costo per famiglie e imprese. Del calo dello spread quindi ne beneficiano anche famiglie e imprese. In diversa proporzione. Sul fronte del costo del debito ne beneficiano soprattutto le imprese. Facciamo finta che voi siate un magnate internazionale e voleste investire in Italia 10 milioni di euro. Quanto peserà il costo del denaro nella vostra scelta? Con un tasso al 9% per le imprese private (più o meno quello attuale) il denaro vi costerà 900mila euro l’anno; con un tasso al 5,5% il costo sarà di 550mila euro. La differenza? 350 mila euro l’anno! Voi dove investireste? Il costo del denaro è per le imprese un parametro molto importante, insieme alla stabilità politica, sul quale basare le scelte di investimento del lungo periodo perché ne determina la capacità competitiva. Le multinazionali sono andate via in massa dall’Italia a causa di questo mix mortale: Governo incapace di risolvere i problemi, costo del denaro crescente, marginalità in discesa.

E le famiglie? Beh le famiglie hanno altri benefici. Sul fronte delle imposte, con l’Imu, si ridistribuisce ricchezza: chi ha 10 case paga, chi ne ha una nella stragrande maggioranza dei casi non versa nulla. Del costo della benzina non parlo: il Governo ha costretto Eni a fare il super sconto di 20 centesimi nei week end, Eni non fallisce, e i prezzi sono tornati quelli dell’anno scorso. Era un problema di cartello, non di accise. Peccato che il governo precedente non si sia reso conto della situazione. Sul fronte dello spread le famiglie hanno benefici diretti in due casi. Primo, il mutuo a tasso variabile costa meno perché i tassi di riferimento scendono. Tre punti e mezzo in meno sul tasso di riferimento fanno scendere la rata (su 100mila euro di mutuo) di 3500 euro l’anno. Secondo, possono prendere a prestito il denaro ad un costo inferiore. Terzo, ma più importante, il basso costo del denaro costituisce un vantaggio competitivo per le imprese che possono così investire di più, e di conseguenza, assumere di più.

Ecco perché il Governo Monti, dopo aver salvato lo stipendio e le pensioni dei dipendenti pubblici Italiani, ieri ha salvato anche il sistema Paese e la sua impresa. Gli effetti benefici di questo processo finanziario si vedranno nei prossimi mesi. Nel frattempo non dobbiamo fermarci: occorre abolire le provincie, accorpare i piccoli comuni, chiudere i 3127 enti strumentali inutili individuati da Giarda, rendere trasparenti gli appalti. Alla fine sarebbe un’altra Italia, più giusta, più equa e più meritocratica. Noi ci crediamo.



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