postato il 17 Febbraio 2011 | in "Esteri, Immigrazione, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

La grande migrazione

Le temute (e prevedibili) conseguenze delle ribellioni Nordafricane si sono manifestate. Da diversi giorni i canali dell’immigrazione clandestina si sono riaperti, a causa della forte instabilità che sta rapidamente contagiando i Paesi dell’area mediterranea. I flussi più consistenti provengono dalla Tunisia: oltre 5000 immigrati clandestini sono partiti dalle coste di quel tormentato Paese.

Non tutti però raggiungono il suolo italiano, come nel caso del peschereccio speronato da una motovedetta tunisina poche miglia prima dell’ingresso nelle nostre acque territoriali. Delle oltre 120 persone imbarcate, solo 25 sono state tratte in salvo a seguito dell’affondamento della barca, 7 sono i morti accertati. Per i dispersi, le possibilità che siano tratti in salvo sono quasi nulle.

Incidenti sono stati registrati anche nelle nostre acque, quando una motovedetta della Guardia di Finanza ha aperto il fuoco ferendo uno scafista che si rifiutava di fermare l’imbarcazione all’intimazione dei militari. Ciò che dal Ministro dell’Interno Maroni è stato definito un “nuovo ’89”, rischia di divenire in realtà una catastrofe umanitaria; egli denuncia la totale assenza dell’Unione Europea in soccorso del nostro Paese, lasciato solo ad affrontare questa ondata migratoria, l’inattività della Commissione e dell’Agenzia Europea per l’Immigrazione (Frontex), richiede stanziamenti per far fronte a quest’onere quantificati in 100 milioni di Euro.

Accuse infondate ed ingiuste secondo la Commissaria all’Immigrazione dell’U.E. Cecila Malstrom, che anzi le rispedisce al mittente, asserendo che il Governo Italiano ha più volte rifiutato l’aiuto offerto dalle Istituzioni Europee. Ma un rapporto dei Servizi di intelligence interni desta preoccupazione: secondo il direttore dell’A.I.S.I. Giorgio Piccirillo infatti il Governo libico avrebbe una precisa responsabilità nell’attuale situazione di emergenza.

A fronte del “Trattato di amicizia” firmato tra Roma e Tripoli e costatoci 250 milioni di Euro all’anno per venti anni, il Colonnello Gheddafi si impegnò col nostro Paese a far cessare le partenze di clandestini dalle proprie coste, adottando anche metodi censurabili. Ma ad oggi, la preoccupazione per un effetto contagio, acuita anche dai disordini occorsi la notte del 15febbraio a Bengasi, spinge la Libia a non onorare gli accordi stipulati con il nostro Paese.

Gheddafi, il più longevo dittatore dell’area Mediterranea, sembra abbia deciso di favorire la fuoriuscita di dissidenti e carcerati verso il confine tunisino come valvola di sfogo al crescente malcontento all’interno del Paese. Gli analisti ritengono che in questa ottica debba inserirsi il nuovo piano edilizio da 27 milioni di Dollari varato dal Colonnello in tutta fretta. Tuttavia, con l’Egitto che rischia di divenire una nuova rotta migratoria ed altri Paesi sull’orlo dell’anarchia, la caduta del regime libico rischia al momento di aprire una falla colossale nella struttura geopolitica del Nord Africa, di fatto aprendo le porte a decine di migliaia di migranti dell’entroterra africano, che si andrebbero a sommare alle migliaia pronti a partire dagli stati litoranei.

Rimane pesante l’ombra della totale impreparazione ad uno scenario concretamente prevedibile. Se infatti è vero che l’Europa deve farsi carico della situazione, come ha ricordato anche il leader dell’U.d.C. Pier Ferdinando Casini, è altresì evidente che il Governo sembra aver chiuso gli occhi a quanto stava accadendo da ormai diverse settimane in tutta l’area mediterranea, in una forse disperata speranza che la situazione che stiamo vivendo sia solo un brutto sogno.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Federico Poggianti



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