Giorno della memoria delle vittime del massacro di Srebrenica
Srebenica, 11 luglio 1995: le truppe del generale Ratko Mladic massacrarono 8.372 musulmani bosniaci in una zona allora sotto la protezione dell’Onu, dopo aver messo in fuga i caschi blu olandesi.
Gli animi erano esacerbati sin dagli anni ’80: con la morte di Josif Brozs, Tito, il generale di ferro che aveva guidato la Jugoslavia con un duro centralismo e comunismo, i nazionalismi delle etnie che non erano mai stati unificati, amalgamati, conciliati ma componevano il grande patchwork della regione balcanica erano esplosi.
Mentre Slovenia e Croazia ottenevano l’indipendenza, prendevano corpo da un lato la leadership della Lega dei comunisti serbi affidata al reazionario Milosevic, dall’altro il pacifico movimento di liberazione e indipendenza kosovara guidato dal premier Rugova, pur osteggiato internamente dall’UKR, organizzazione paramilitare al limite del terrorismo favorevole a una lotta di liberazione armata. Nel 1991, il rifiuto della compagine serba del trattato di Rambouillet che garantiva una risoluzione pacifica con la concessione di maggior autonomia alla provincia di Kosovo indussero l’Alleanza Atlantica a dichiarare guerra alla Serbia.
Nel 1995 una delle pagine più tristi della storia europea nel secondo dopoguerra: le armate di Mladic dopo 4 giorni di offensiva contro le truppe bosniache di Oric, espugnarono Srebenica. Gli uomini, dai 14 ai 65 anni furono separati dalle donne, dai bambini e dagli anziani, apparentemente per procedere allo sfollamento; secondo le istituzioni ufficiali i morti furono oltre 8372, mentre non si hanno ancora stime precise del numero di dispersi. Fino ad oggi 6414 salme riesumate dalle fosse comuni sono state identificate mediante oggetti personali rinvenuti oppure in base al loro Dna che è stato confrontato con quello dei consanguinei superstiti.
A distanza di anni dal genocidio, il Kosovo ha ottenuto la sua indipendenza e la Serbia ha iniziato un graduale cammino di giustizia e di modernizzazione, superato anche il dramma dell’assassinio nel 2002 del presidente Djindjic ha ufficialmente richiesto di entrare nell’Unione Europea. Ma la questione è lungi dall’essere chiusa: i caschi blu dell’Onu ancora operano nell’area balcanica per il mantenimento dell’ordine e la ricostruzione non solo materiale ma anche morale del dramma balcano.
Ad Aprile, dopo 15 anni dal massacro, è stata scoperta quella che si pensa essere l’ultima fosse comune. Quest’oggi a Srebrenica, nella prima “Giornata della Memoria”, istituita dal Parlamento Europeo (che si è scusato per il ritardo), si terrà un funerale collettivo a seguito del quale verrà data singola sepoltura alle ultime salme scoperte nelle fosse comuni.