postato il 18 Settembre 2010 | in "In evidenza, Mezzogiorno, Riceviamo e pubblichiamo"

Voci libere e minacce: l’altra faccia della locride

Ferdinando Piccolo si racconta nella vera San Luca

Chiediamo al ministro Maroni un piano straordinario contro la criminalità in Calabria, perché in quella regione siamo indietro di 50 anni nella lotta alla ‘ndrangheta. Dobbiano reagire con forza…la lotta per la pulizia di un paese non è della Sinistra o solo di Saviano. È anche nostra. Noi regaliamo l’Italia pulita a chi non se la merita…..” (Pier Ferdinando Casini).

Sagge parole quelle di Casini. La lotta per la pulizia di un paese non è della sinistra o di Saviano è anche nostra e di tutti coloro che in democrazia lottano per un mondo migliore. Lottano contro le mafie, per la libertà di parola, baluardo di una terra libera. Libertà di parola, tante volte abbiamo sentito questa frase, da tanti politici che in una terra difficile e bella come quella calabrese si esibiscono in passerelle. Siamo stanchi di tutto questo. Io lotto per questa libertà di parola e di stampa, per questo vengo minacciato dalla ‘ndrangheta. Vengo deriso da chi pensa che la ‘ndrangheta sia dalla parte del cittadino contro il potente tiranno. Vengo anche accusato dalla società civile di avere la colpa di scrivere molto. Perché in parte della Calabria per essere accettato devi essere omertoso, devi essere uno di loro.

La mia storia inizia a 16 anni, quando, armato di buona volontà decido di creare, assieme ad un gruppo di ragazzi, un giornale di controinformazione nel mio pese. Si chiamava Voce Libera. In Calabria basta un articolo di ordinaria amministrazione per ricevere, puntuale, una pallottola in redazione. Nessun timore, nemmeno stavolta riusciranno a farci paura, a farci tirare i remi in barca.

Le minacce non servono a niente, non ci spaventano, le rispediamo al mittente e sulla busta ci mettiamo anche la firma. Proiettili vaganti, buste. Tanti postini che però ci fanno capire una cosa, parte della Calabria non vuole cambiare, e soprattutto ci fanno capire che la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta. Scrivere ciò che si vede e si scopre è il nostro mestiere, continueremo a farlo in piena libertà, nella convinzione che così facendo riusciremo a rendere il giusto servizio alla comunità. Abbiamo il diritto di non essere eroi. In questi giorni, il 4 settembre, avevo scritto di una strada che collega Polsi a San Luca. Una strada da sistemare da almeno venti anni. Il primo lotto vinto nel 1996 da una ditta di Crotone e il subappalto a un’impresa sanluchese. Soldi, 12 milioni di euro, che scompaiono nel nulla. Nulla ne sa il proprietario della ditta di San Luca, un incensurato. Nulla si sa di quella crotonese, nel frattempo fallita. La via dei pellegrini devoti che è ancora poco più di una mulattiera. Una bella storia da raccontare. Per un giornalista. Un giovane corrispondente che, quando può, dà una mano al padre barbiere a Bovalino.

Quel giornalista di 23 anni quella storia la racconta, firma il pezzo che viene pubblcato sul Quotidiano della Calabria, il 4 settembre, due giorni dopo il retorico via vai di politici al santuario della “madonna della ‘ndrangheta”. Riti, usi, costumi, tradizione, Osso e Mastrosso. Ma anche, soprattutto, affari, speculazione, ladrocinio di soldi pubblici. Accade così, che in un sabato di settembre, proprio sotto la vetrina del negozio del padre, quel Ferdinando Piccolo trova una busta, cinque pallottole e un messaggio di morte: “la ‘ndrangheta non scherza, continua così e sei un morto che cammina“.

Nel corso degli ultimi anni mi sono sempre occupato di cronaca nera, seguendo i principali fatti della mia terra. In particolare mi sono occupato giorni fa anche del Santuario di Polsi e della Festa della Madonna della Montagna. “Un Santuario – ha dichiarato il vescovo di Locri, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, – in cui si è consumata l’espressione più terribile della profanazione del sacro ed è stato fatto l’insulto più violento alla tradizione religiosa”. Il riferimento è alle immagini di un summit tra gli uomini delle cosche della ‘ndrangheta nel santuario diffuse qualche mese fa.  Ho scritto, anche del recente “via vai di politici e amministratori pellegrini per un giorno al Santuario, tutti presenti a parole per strappare la madonnina alla ‘ndrangheta e restituirla ai calabresi onesti e devoti”.

Come dico spesso, la voglia di dire no alla ‘ndrangheta ha smarrito la strada, al Bivio tra San Luca e Bovalino ha scelto la terza strada per l’isola che non c’è. Ormai siamo troppo abituati ad alzarci con la puzza di sangue e coricarci con i vestiti impregnati di ‘ndrangheta. Ma la Locride non è solo Spaghetti e Malavita. L’Aspromonte non è il paradiso terrestre dei latitanti, ma è soprattutto una terra che ammalia, strega, con i suoi sentieri intersecati in piccoli paesi. È vita. Trovare una busta con 5 proiettili e una minaccia di morte non è bello.

Come ho già scritto, andrò avanti, anche se questo, in certo senso è andare contro i miei interessi economici, contro gli interessi della mia famiglia. È arrivato il momento di fare una scelta. Scegliere se scrivere le solite cose, o raccontare la verità. Scegliere se tutelarsi, oppure andare contro tutto e tutti, anche contro la famiglia che dice di farmi i fatti miei, anche contro mia madre che piange guardando le macchine del 112 che passano frequentemente davanti a casa. È una scelta difficile che io ho già fatto. E di questo sono pronto ad affrontare le conseguenze.

La voglia di reagire può nascere, come una ginestra che attecchisce dove il terreno non lo permette perché come dice lo scrittore di San Luca Corrado Alvaro: “La disperazione più grave che possa impadronirsi d’una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile. Basta un atto, un gesto, una parola per ricordarti che sei un uomo“.

Ferdinando Piccolo, Bovalino (RC), 23 anni giornalista

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13 anni fa

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13 anni fa

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13 anni fa

[…] La lotta per la pulizia di un paese non deve essere di proprietà di singoli partiti, di singoli magistrati o esclusivamente di singoli individui. La lotta alla criminalità  è anche nostra e di tutti coloro che in democrazia lottano per un mondo migliore. Lottano contro le mafie, a volte anche per la libertà di parola, baluardo di una terra libera e democratica. […]



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