Una riforma della Giustizia seria, a misura di cittadino

di Giuseppe Portonera

L’Italia è stata, a lungo, culla della civiltà giuridica: qui è nato il diritto privato, qui ha mosso i primi passi quello penale, qui Cesare Beccaria ha insegnato al mondo intero il valore della rieducazione del condannato, del suo recupero nella società. Oggi, l’Italia è diventata il regno dell’incertezza del diritto, proprio quando la globalizzazione dell’economia ha posto la necessità di regole certe, chiare, agili per attrarre investimenti e vincere la sfida sui mercati mondiali.

L’inefficienza del settore giustizia, infatti, costa ogni anno un punto di pil di mancata crescita. Le cifre del disastro sono sotto gli occhi di tutti: in Italia pendono 5,4 milioni di cause civili e 3,3 milioni di processi penali. Un processo civile oggi è destinato a durare in media 845 giorni in primo grado e 1032 in appello. Oltre 5 anni. A cui bisogna aggiungerne altri 4 circa per ottenere il giudizio della Cassazione, che in caso di rinvio in appello rimette in moto ulteriormente il meccanismo. Un processo penale tra inizio delle indagini e sentenza d’appello dura mediamente quattro anni. Sono numeri che ci collocano al 160° posto su 185 nelle graduatorie stilate dalla Banca Mondiale. A questi ritardi va poi aggiunta la cosiddetta emergenza carceri, che rappresenta lo sfregio e la vergogna più grande della nostra “civiltà” giuridica: i detenuti sono oltre 66 mila, di cui 24 mila stranieri, contro una capienza dei 206 istituti di pena presenti sul territorio nazionale di 45 mila posti.  Il 40,2% della popolazione penitenziaria, peraltro, è costituito da persone in attesa di sentenza definitiva. Ed il numero dei suicidi e dei tentativi di suicidio rappresenta un altro sintomo inequivocabile di una situazione insostenibile, di tradimento del principio posto dall’art. 27 della nostra Costituzione. Il risultato è l’esposizione del Paese ad un numero crescente di condanne da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Archiviati il bipolarismo rissoso e le vagheggiate riforme epocali, è giunto il momento di intervenire sul servizio giustizia in Italia con alcuni chirurgici – ma non per questo meno rilevanti – interventi sui veri gangli inceppati del sistema.

Nel nostro programma sono inseriti, per esempio: la depenalizzazione dei reati minori; la valorizzazione dell’operato della magistratura onoraria e dei Giudici di Pace; la modifica dell’istituto della prescrizione (che costa ogni anno un enorme spreco di risorse umane e materiali e un inaccettabile resa dello Stato di fronte alla domanda di giustizia dei cittadini) e del sistema di carcerazione preventiva (diventata un insopportabile abuso); una lotta senza quartiere al fenomeno della corruzione (che costa circa 60 miliardi l’anno, il triplo dell’IMU) e alla criminalità organizzata.

Una vera riforma della Giustizia, che metta da parte una volta per tutte leggi ad o contra personam, e che abbia come target di riferimento solo ed esclusivamente il cittadino e il consumatore: la nostra economia riparte anche da qui.

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Gattestro
11 anni fa

Buonasera Sig. Portonera

sono d’accordo con lei, specialmente quando sostiene che per funzionare in modo efficiente, il sistema giudiziario nostrano ha bisogno di “regole certe, chiare, agili”. Quindi la prima domanda da farsi, secondo me, è: quante leggi ci sono in Italia ?
Se sono vere le informazioni che si reperisocno in rete, sembrerebbe che ce ne siano oltre 230.000 (qualcuno sostiene addirittura 350.000). D’accordo che la realtà è complessa, ma non saranno un po’ troppine ? Forse uno dei problemi è anche questo. In una vera e propria giungla normativa del genere, alla fine, resta difficile avere regole “chiare, certe e agili”. Non sarebbe il caso, come prima cosa, rimettere mano al corpus e snellirlo un po’ ? Anche perché in questo caos normativo è plausibile pensare che possano muovesi agevolmente anche delinquenti e furbastri vari che, in nome del garantismo, scampano alla giustizia diventando di fatto impuniti.
Altro lato della stessa medaglia è l’offerta giudiziaria. I tempi sono troppo lunghi, è vero, ma la domanda da porsi è: perché ?
Forse ci sono pochi giudici ? Sempre leggendo in rete sembrerebbe di no. Parrebbe piuttosto che nel Belpaese ci sia una litigiosità superiore agli altri Paesi europei. Così su ogni giudice italiano pendono circa 440 cause civili di primo grado, contro le circa 220 per un giudice francese e le 60 per un giudice tedesco.
Situazione analoga per i ricorsi. Sembrerebbe che ogni anno in cassazione arrivino quasi 50.000 casi, contro i circa 8.000 della Francia.
Concludendo è probabile che, per un corretto funzionamento della macchina giudiziaria, sarebbe certamente utile un appello al senso civico e alla coscienza degli italiani che evidentemente sono più litigiosi di altri cittadini europei, ma forse sarebbe ancora più utile garantire certezza del diritto semplificando e riducendo il numero delle leggi, in modo da impedire ai furbi e ai delinquenti di instasare le nostre aule giudiziarie e occupare le risorse (non così scarse a quanto sembra) per molti anni, approfittando di un certo “caos” normativo.

Cordiali saluti



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