postato il 19 Settembre 2011 | in "In evidenza, Media e tecnologia, Riceviamo e pubblichiamo"

Usciamo dalla crisi investendo sulla banda larga

di Giuseppe Portonera

Pier Ferdinando Casini ha pubblicato su Fb, qualche giorno fa, un aggiornamento di stato molto interessante, su un tema di primaria importanza: “Senza banda larga si ferma la crescita, si blocca lo sviluppo. I fondi per internet veloce devono essere ripristinati al più presto”. La scelta di ritornare sull’argomento (che noi abbiamo lungamente analizzato, in ultimo qui, ma che sembra essere scomparso dall’agenda politica) assume quindi un grande valore, perché dimostra come l’Udc sia in grado di proporsi come forza rinnovatrice e modernizzatrice e, soprattutto, come forza di Governo. Il ragionamento sviluppato da Casini, infatti, è in linea con le politiche messe in atto dai governi nord-europei che da tempo hanno scelto di investire su internet e banda larga, volani ormai indispensabili per rilanciare le economie dei paesi in crisi. Non è un caso che nella contromanovra che abbiamo presentato lo scorso mese, uno dei punti principali fosse proprio il lancio di un grande piano strutturale per la banda larga nel nostro Paese, da finanziare attraverso l’asta delle frequenze tv: in un momento, cioè, in cui davanti alla sfida della crisi economica, l’esecutivo in carica si barcamena in modo penoso e insufficiente e gran parte della sinistra risponde utilizzando parole d’ordine passate, l’Udc è l’unico partito che, pensando seriamente al futuro, ha compreso che si può superare dalle sacche della depressione solo “approfittandone” per fare le famose “riforme strutturali”, che non investono solo il rapporto tra lavoratori e pensioni, per dire, ma anche e soprattutto l’accesso ad Internet, che dovrebbe – come abbiamo sempre sostenuto – essere uno dei diritti fondamentali del cittadino. Per questo servirebbero regole più flessibili, prezzi più concorrenziali, infrastrutture migliori (lo ripeto sempre: in Italia si parla di Wi-Fi libero quando in tutt’Europa si sperimentano già il Wi-Max e il Wi-Gig!).

La manovra presentata dal governo è riuscita – tra i tanti disastri – anche ad affossare definitivamente il progetto di sviluppo della banda larga in Italia, contribuendo così ad aumentare sempre più il gap che ci separa dagli altri paesi. I fondi che erano stati inizialmente stanziati (800 milioni di euro in un progetto complessivo da 1,47 miliardi), infatti, sono stati successivamente congelati, rendendo plateale il fallimento del Piano Romani; e la cosa che più ci fa innervosire è la motivazione con la quale il Governo ha bloccato quei soldi: “la banda larga – ha spiegato il sottosegretario Letta, tempo fa – non è una priorità”. Pura follia, perché dimostra ancora una volta come la classe politica al governo non sia in grado di definire chiaramente cosa sia una “priorità” e cosa no: contro questa assurda decisioni si sono levati, lo scorso agosto, la Confindustria e Telecom Italia, che hanno rilasciato un dossier (inizialmente classificato come riservato) in cui si sviluppa un’ipotesi di piano d’azione per colmare il digital divide nei principali distretti industriali del Paese, dove internet va al rallentatore o proprio non arriva – come infatti ha ricordato Aldo Bonomi, vicepresidente di Confindustria con delega sul territorio e i distretti, bisogna creare “un’iniziativa di sistema che azzeri una volta per tutte il divario digitale di molte aree industriali, che senza internet perdono competitività”. Nella “mappa” prodotta da Telecom e Confindustria si individuano le aree più colpite dal digital divide: la maglia nera spetta ad Avellino, noto per le industrie alimentari, dove l’Adsl arriva solo al 45% della popolazione e dove, secondo le stime Telecom, basterebbe un milione e mezzo di euro per risolvere decentemente il problema. Più a Nord anche Marsciano, in provincia di Perugia (metalmeccanica e arredamento), non naviga in buona acque, e ci vorrebbero circa 2,6 milioni per “sanare” la situazione. Vanno meglio il distretto di Parma-Langhirano (ancora alimentare), con una copertura del 77%, e Pordenone (meccanica e componentistica), dove Internet raggiunge il 78% della popolazione. Persino nel distretto motoristico di Bologna, dove la velocità non dovrebbe essere un problema, c’è però un buon 1% degli imprenditori completamente tagliati fuori da un collegamento decente.

Fino ad oggi, la politica si è accorta marginalmente di Internet. Per questo è giunto il momento che un leader di partito scelga di intestarsi seriamente la battaglia per l’allargamento della banda larga e l’introduzione quindi di Internet nelle case di tutti gli italiani. Avanti Pier, tocca a noi!

1 Comment
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giovanni
giovanni
12 anni fa

sarebeb bene esplicita renel piano che lo Stato non riconoscerà nessun indennizzo agli operator di tlc per la dismissione delle tratte dell’attuale rete di telecomunicazion (doppino in rame).

lo stato già si accolla la maggiro quota dei costi per costruire una rete ex-novo, oltree ad avere apgato e poi prvatizzato a Teleom la precedente infrastruttura su doppino.

questo giochetto degli idennizzi in australia ha fruttato fra i 4 e i 5 mld di euro ad alcuni operatori.

2) chiedere per partire con maggiori fondi il sostegno europeo con gli Eurobond, previsto un capitlo di spese per reti di tlc

3) data l’entità dell’investimento, per abbattere i costi è più che opportuno valutare una forte integrazione a monte di filiera, e acquistare il controllo di una fabbrica di fibre ottiche in Italia. come dire.. dalle miniere al mercato finale. Senza andare lontano o fare pubblciità gratuita, abbiamo un produttore italiano leader mondiale, col quale vedere una partecipazione o la partnership in una controllata publica, abbiamo la Prysmian di Livorno Ferraris (Vercelli, per la quale qualche politico chiede maggiori volumi di produzione http://www.pdpiemonte.it/2011/09/banda-larga-luigi-bobba-pd%E2%80%9Ce%E2%80%99-tempo-di-rock-ma-il-governo-conosce-solo-l%E2%80%99adagio%E2%80%9D/



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