Storie ordinarie di digital divide
“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano
Non ho mai disdegnato l’idea di vivere in un piccolo paesino di una altrettanto piccola regione come la Basilicata. Certo, le difficoltà sono molte, come la necessità dell’automobile, le scuole lontane, l’essere pendolare. Tuttavia, con l’ottimismo e con la convinzione di vivere in un paese dove persiste “l’aria buona”, ho sempre accettato queste difficoltà con spirito positivo. Tutte, tranne una: il non poter usufruire di internet veloce. Ebbene sì, faccio parte di quei 2,3 milioni di italiani del tutto privi di copertura internet, senza la possibilità di godere di una connessione internet davvero veloce, costretta a ripiegare su molto meno convenienti soluzioni. Dopo sfortunate esperienze con vari operatori telefonici per sopperire all’assenza della copertura della banda larga, sono giunta ad un’ovvia e sconsolata conclusione: ebbene sì, in Italia esiste ed è forte il problema del digital divide. Siamo alle solite, ad un’Italia che corre su due binari: l’uno prosegue spedito verso il progresso, l’altro retrocede verso l’oblio e approda nella stazione del mancato sviluppo.
Purtroppo, questo mancato sviluppo lo si avverte nella vita quotidiana di un piccolo paese: disservizi e ritardi nelle operazioni alle poste, impossibilità di fruire di servizi internet per le piccole imprese, isolamento totale. Un isolamento che appare ironico e beffardo in un mondo globalizzato, capace di azzerare le distanze tra nazioni e continenti, e non tra paesi della stessa Italia. Questo per la miopia di una politica, incapace di intuire che nell’accessibilità ad internet veloce si Può nascondere una grandissima possibilità di sviluppo e investimento. Rendendo efficienti anche i territori più periferici (che costituiscono la vera Italia, fatta di piccoli centri, e non soltanto di grandi città), si potrebbero aprire nuove zone d’investimento, invogliare gli imprenditori ad investire in piccole imprese, anche in centri di modeste dimensioni, naturalmente con adeguate condizioni infrastrutturali.
E far sì che tutta l’Italia possa godere di un’adeguata copertura ADSL, significa fornire già il primo mattoncino per una nuova economia, per aprirsi al nuovo mondo e alle nuove tecnologie.
Io vivo in una città – Crotone – da due decenni divenuta provincia. Ora, vogliono eliminarla assieme ad altre. Ecco perchè, secondo me, è un errore madornale sopprimerle. Si prendesse la cura di leggerlo anche il Leader on. Casini. Grazie.
Obiezioni di costituzionalità sulla via intrapresa dal Governo per l’eliminazione delle province
Ci sarà un caos totale, insistendo sulla soppresione.
Eliminare le province vuol dire ridurre l’Italia nelle identiche condizioni di oltre 150 anni or sono, quando si viveva esclusivamente di agricoltura. Anzi peggio perchè allora si moriva dove una persona nasceva. Oggi giorno, invece, le esigenze sono ben diverse. Infatti:
– come si fa a sopprimere le Prefetture quando sono le uniche Istituzioni vicine ai cittadini? E, di grazia, quanto costerà ai Comuni, ai Sindacati, ai semplici cittadini doversi recare in un’altra provincia per potere conferire con il Prefetto?
– come si fa, in nome e per conto di presunte economie, ad eliminare le Questure, i Comandi dei Carabinieri e della Finanza, trattandosi di presidii necessarissimi per NON FACILITARE IL DIFFONDERSI DELLA MAFIA E DELLA CRIMINALITA’? E quanto, poi, costerà dover pagare le trasferte alle Forze dell’Ordine che dovranno pur recarsi con frequenza nelle province eliminate?
– e come dovranno fare centinaia di migliaia di persone che chiudendo i vari uffici esistenti
(Direzione Provinciale del Tesoro, Ragioneria dello Stato, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane, Agenzia del Territorio, Direzione Provinciale del Lavoro, Camera di Commercio, Sezione locale di Confindustria, Sedi Provinciali Inps ed Inail, Azienda Sanitaria Provinciale, Aci, Croce Rossa, Ufficio Scolastico, Ufficio Provinciale delle Poste, Motorizzazione Civile, Ordini Professionali) dovranno recarsi nella nuova provincia per il disbrigo delle varie pratiche? Quanta benzina ci vorrà e chi pagherà qualche vittima della strada per un simile incessante andirivieni?
Un esempio per tutti: Sassari si trova nella parte alta della Sardegna; eliminandola, assieme a Nuoro e ad Oristano, gli abitanti di quasi tutta la Sardegna dovranno sottoporsi , ingolfando il traffico, ad un lungo tour per poter raggiungere Cagliari che si trova in fondo al territorio della Sardegna;
– ma quali risparmi vi saranno, per la chiusura delle province, se gli impiegati dovranno pur non essere licenziati e se i vari compiti delle province andranno ai Comuni o alle Regioni ingolfando già il pesante attuale lavoro?
Secondo uno studio della “Bocconi” di Milano, non vi sarebbero chissà quali economie (addirittura “qualcuno” avrebbe avanzato un problema surreale asserendo “tagliarle costerebbe troppo”). Quindi, gli studiosi ministeriali non sono ancora riusciti a focalizzare QUANTE E QUALI DISECONOMIE SI VERREBBERO A DETERMINARE SIA A CARICO DELLO STATO CHE DELLA COLLETTIVITA’.
E, poi, gli economisti del Ministero del Tesoro si sono chiesti QUANTO VERREBBERO A SPENDERE I SINDACI DELLE PROVINCE SOPPRESSE PER POTERSI RECARE PRESSO LE NUOVE E QUANTE DIARIE dovrebbero dispensare ai tecnici comunali per raggiungere i nuovi uffici al fine di poter sbrigare le varie pratiche?
E QUALE SCDOMPIGLIO E QUANTE SPESE DOVREBBERO SOPPORTARE MILIONI DI CITTADINI delle province eliminate costretti a recarsi nei nuovi uffici, sino a tempo addietro ad un tiro di schioppo dalle loro abitazioni? E quanti incidenti stradali, anche mortali, si potrebbero verificare con questo continuo andirivieni?
Ma sono stati anche sottolineati obiezioni di costituzionalità, per quanto riguarda l’attuale agire del Governo, sull’argomento province, da parte di due illustri ex Presidenti della Corte Costituzionale (prof. Valerio Onida e prof. Piero Alberto Capotosti) e da parte di un docente di Diritto Costituzionale presso l’Università di Cagliari (prof. Pietro Ciarlo).
Per le suddette constatazioni, non sarebbe nè giusto e nè onesto sopprimere le province. IL PROBLEMA, secondo noi, NON STA QUINDI NELL’ELIMINARLE, MA NEL RAZIONALIZZARLE; evitando le solite assunzioni a fini elettorali, escludendo i costosi incarichi clientelari esterni; annullando o facendole divenire produttive le 3.127 aziende partecipate, il costo delle quali è di sette miliardi di euro; badando, in una sola parola, a delle “economie”.
Piuttosto, più in là, nel realizzare il federalismo e, probabilmente, le Macro Regioni, si potrebbero addirittura eliminare le Regioni, lasciando così le Province che per oltre quindici decenni hanno svolto un compito necessario, avvicinando, sopratutto, le Istituzioni ai cittadini.
P.S. – L’Ill.mo Sig. Ministro Patroni Griffi ha, ieri l’altro, dichiarato che la soppressione delle province avviene perchè richiesta dai cittadini. Però non ha spiegato il motivo. Eccolo:
“PERCHE’ QUASI TUTTI PENSANO CHE LE PROVINCE SIANO STATE PER LUNGHI ANNI DEGLI “IMPIEGATIFICI” PER LA SISTEMAZIONE DEGLI AMICI DEI POLITICI DI TURNO”. E chiaramente la maggior parte dei cittadini che non ha i propri “Santi in Provincia” esplode nel volerle annullare.
Rodolfo Bava
@ rodolfo bava: rispondo su ogni punto, anche se, basterebbe leggere il commento epr accorgersi che non sarebbe da prendere sul serio neanceh tra mille anni.
1) quanti comuni cittadini si conoscono che vanno a disquisire direttamente con il prefetto? A me in 38 anni di vita, non mi è mai capitato. Si vede che sarò sfigato. Le rpefetture sarebbero le uniche istituzioni vicine ai cittadini? mi sembra alquanto esagerato fare una affermazione simile.
2) non sono i comandi a impedir eil diffondersi della mafia, ma i var idistaccamenti che resteranno. E quindi non ci sarà neanche bisogno di pagare trasferte. I poliziotti ontinueranno a stare di stanza nelle caserme loro assegnate.
3) esiste una csoa chiamata internet ed esiste un’altra cosa chiamata casella postale elettronica certificata. Il disbrigo pratiche si può far eanceh on line. Ma se proprio si vuole, si può andare nelle vecchie sedi, infatti si spostano le direzioni (che non sono accessibili) ma restano gli uffici per il pubblico.
4) si risparmia circa 800 milioni di euro. Pe rinciso: se citi uno studio della bocconi, almeno leggitelo. Lo studio delal bocconi dice che le province più piccole sono inefficienti e sprecano denaro. Quindi è il caso di taglairle accorpandole ad altre province. proprio come sta facendo il governo monti. se non ti vuoi leggere tutto lo studio, almeno cerca su google Roberto Zucchetti, docente di economia dei Trasporti all’Università Bocconi di Milano e componente del Certet, Centro per l’economia regionale, poi leggi cosa dice.
5) gli incidenti mortali si possono verificare anche se accompagni i figli a scuola, quindi seguendo il tuo ragionamento, ce ne dovremmo stare tutti a casa. ovviamenteè pericoloso anche andare al lavoro. siiiii… tutti a casa. Al di là di queste consdierazioni, i tecnici vanno sempre meno negli uffici, visto che semrpe più spesso usano internet (o se proprio trasferiscono il materiale cartaceo, usano agenzie di spedizione). Riguardo il famoso tiro di schioppo: quindi c’era un ufficio in ogni paese (anche il più piccolo) di ogni provincia italiana? Scusa, ma qui sfioriamo il ridicolo.
6) sarebbe incsotituzionale procedere ad una eliminazione di tutte le provicne, ma non è incostituzionale ridurle tramite unificazione. intendiamoci, si possono anche abolire tutte le rpovicne, ma bisognerebbe modificar ela costituzione, con l’allungamento dei tempi conseguenti. Invece, se si riduce il numero di province lo si può fare ocn legge ordinaria. (allo stesso modo di quando i governi priam facevno nascere nuove province…. inq uel caso immagino non fosse incostituzionale, giusto???).