postato il 19 Febbraio 2012 | in "In evidenza, Media e tecnologia"

Sviluppo digitale. Il futuro è a banda larghissima!

di Giuseppe Portonera. (L’immagine: Topolino n. 2917 – copertina di Paolo Mottura)

Mentre stavo per scrivere questo pezzo, la mia attenzione è stata catturata dalla copertina di un numero di Topolino di qualche mese fa, che titolava: “Archimede e lo Zione in Italia. Il futuro è a banda… larghissima!”. Sfogliandolo sono arrivato fino alla storia di copertina, che merita di essere raccontata – seppure in sintesi: Rockerduck, il grande antagonista di Paperone, ha deciso di investire nel progetto della “banda ultralarga” in Italia; visto che il tutto stenta a decollare, però, pensa bene di chiedere aiuto all’inventore per eccellenza del mondo parallelo di Paperopoli, Archimede. Il quale scoprirà – a sorpresa – che il fallimento del progetto è dovuto a un deliberato sabotaggio da parte dello stesso Rockerduck, che dopo aver inizialmente creduto nel progetto del Wi Max (beato lui), ne ha avuto infine paura. E ai Bassotti, suoi complici, spiega anche il perché: “un colossale e istantaneo flusso di informazioni favorirebbe la nascita di nuove, giovani aziende e la diffusione dei loro prodotti! Per esempio, qualunque fabbricante indipendente di nanetti di gesso potrebbe rivaleggiare con me! Vi rendete conto?!”.

Ora, so che un approccio del genere potrà sembrarvi puerile o insensato, ma a me è sembrato che queste poche battute di un fumetto riescano a spiegare meglio di tanti altri e lunghi discorsi perché non possiamo più permetterci di tergiversare sugli investimenti in materia di banda larga e digital divide. Ne ho scritto più volte, proprio su questo sito, l’ultima volta in occasione della bocciatura dell’emendamento Fava: non possiamo più restare sulla difensiva, servono subito interventi ben definiti e mirati al superamento del digital divide tutto italiano. In questa direzione, finalmente, si sono mossi i primi passi. A partire dal disegno di legge che porta le firme congiunte del nostro Roberto Rao e del deputato Pd Paolo Gentiloni, intitolato “Misure urgenti per lo sviluppo della domanda di servizi digitali”. Già dal titolo si può ben capire quale sia il principio ispiratore di questo testo: in Italia più ancora che l’assenza di adeguati servizi digitali, stupisce la mancanza di una loro adeguata “domanda”; sono in pochi, in troppo pochi quegli imprenditori, quei commercianti, quei liberi professionisti che pensano (ancora prima di volere) di usufruire di infrastrutture digitali per il loro lavoro. Troppi gli ostacoli – culturali e strutturali – in questo senso. Il primo passo da compiere, allora, è rimuoverli, per creare poi la consapevolezza delle immense potenzialità offerte da Internet e incrementare quindi la “domanda di servizi digitali”. Il documento, che è articolato in dodici punti e che sarà presentato a breve alla commissione Trasporti e comunicazioni, si incardina in quattro punti chiave: una legge quadro ciclica che metta ordine allo sviluppo degli incentivi digitali ogni dodici mesi, in stretta connessione con le tappe dell’Agenda digitale europea; una tabella di marcia a tappe forzate per la fornitura dei servizi digitali al cittadino con un piano di swich off della Pubblica Amministrazione analogica già nel corso del 2013; un’aliquota privilegiata e unica del 10% per favorire il commercio elettronico, per un commercio che deve vederci fra gli attori principali e che invece al momento ci vede in fondo alle classifiche; un contributo una tantum pari a 50 euro per le famiglie meno abbienti che vorranno accedere a una connessione a Internet, come primo incentivo all’alfabetizzazione digitale. Questo perché investire in banda larga, oggi, significa scegliere una delle soluzioni più efficaci per uscire dalla situazione di crisi economica internazionale in atto: il commissario all’Agenda digitale Neelie Kroes, vice presidente della Commissione europea, ci ha ricordato, qualche settimana fa, che i paesi europei leader per produttività sono gli stessi che più hanno investito nel settore delle tecnologie digitali. Una crescita del 10% della penetrazione della banda larga, infatti, porterebbe a un aumento del Pil fra lo 0,9 e l’1,5% e consentirebbe di generare attività per oltre un trilione di euro e creare milioni di nuovi posti di lavoro a favore di nuove, giovani e moderne (anche piccole e medie) aziende competitive sul mercato italiano e europeo.

Ecco perché non possiamo più stare a giocare al gatto e al topo con quanti credono di vivere ancora in un bel passato in cui i mezzi di comunicazione più veloci erano il telefono di casa o la tv. Queste “sacche di resistenza allo sviluppo digitale, che hanno paura del nuovo… andrebbero tutti #defollowati!” – per riprendere uno degli ultimi tweet del nostro Rao. L’approvazione di questo disegno di legge, che speriamo possa essere ancora migliorato durante il suo iter alle Camere, può anche avere effetti benefici sul nostro (stantio e ingessato) mercato del lavoro e far sì che nel nostro Paese possano nascere quanti più e numerosi “fabbricanti indipendenti di nanetti di gesso” in grado di rivaleggiare e vincere anche contro i soliti, grandi e inamovibili produttori.



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