postato il 5 Gennaio 2012 | in "Esteri, Europa, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Ungheria, una prova per l’Ue

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Quanto sta accadendo in Ungheria è assai preoccupante. Il locale governo di centrodestra ha, cavalcando l’onda lunga della crisi economica, scelto di imboccare una via autoritaria, procedendo a una revisione profonda della Costituzione nazionale e minando il principio liberale della separazione tra i poteri (trasformando, di fatto, in enti subordinati la Corte suprema e la Banca Centrale). Il protagonista assoluto di questa manovra è il Premier Viktor Orbán, leader del partito di maggioranza Fidesz, che ha deciso, da una parte, di sbattere in faccia la porta all’Ue e al FMI – sostenendo che «non c’è nessuno al mondo che possa dire ai deputati eletti dal popolo ungherese quali leggi possono o non possono votare» – e, dall’altra, di rilanciare la demagogia del nazionalismo, tornando ad agitare il sogno di una Grande Ungheria.

Pugno duro, quindi, contro l’Unione Europea, rea di voler “commissariare la democrazia nel Paese” (e dire che io una cosa del genere l’ho sentita pure qui in Italia, eh). Certo, ora che senza aiuti internazionali, la situazione economica ungherese è arrivata sull’orlo del collasso (Iva al 27%, tassi di debito oltre il 10 per cento, valore del fiorino crollato), il premier Orbán pare stia riconsiderando la sua posizione: ma il punto della discussione resta un altro. E cioè questo: come è possibile che l’Ue non abbia reagito, fin da subito, di fronte all’involuzione autoritaria del governo di Budapest? Come è possibile che i nostri organi comunitari non abbiano alzato fin da subito la voce, stroncando sul nascere le velleità di Orbán? Vladimiro Zagrebelsky, su La Stampa di oggi, ha ragionato in modo approfondito su questo punto, spiegando che è “in Europa le vicende interne agli Stati membri, siano esse economiche o relative alla democrazia e alle libertà civili, riguardano tutti, istituzioni europee e cittadini”. Il rispetto dei principi liberali e dei diritti civili in ogni Stato membro non è un affare nazionale, ma una responsabilità comune: e se uno degli Stati, come nel caso dell’Ungheria, decide di mettersi fuori dal rispetto delle basilari regole di convivenza civile, la soluzione non può certo essere il “congelamento” della sua adesione, o in caso estremo, la sua “espulsione”, dall’UE. Lo ha spiegato bene Le Monde, ieri, scrivendo che l’Europa “non può rimanere indifferente: una comunità di valori democratici condivisi ha l’obbligo di intervenire per tutelarli”.

In Ungheria è in gioco il rispetto della Democrazia. L’Unione Europea ha il dovere di intervenire per riportare l’ordine e ricordare che la nostra Unione non è solo un fatto giuridico.



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