Tutti i post con tag: Berlusconi

Il 17 marzo: abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani

postato il 11 Febbraio 2011

Thiago Motta è nato in Brasile e parla portoghese e spagnolo ma ha sangue italiano. “La maglia dell’Italia è sempre stato il mio sogno, ancor prima di rappresentare una grande squadra, sono fiero di rappresentare un grande paese”, queste le sue parole alla prima convocazione in nazionale del ct Cesare Prandelli contro la Germania. Un ragazzo ventottenne emozionato e commosso che prometteva: ” Per il momento non canterò l’inno, lo conosco ma non mi sono ancora abituato alla melodia, ma prometto di rifarmi presto. Orgoglioso di aver scelto di essere italiano e giocare con l’Italia ”. Muto dunque come tutti quei politici e amministratori locali o impegnati di vari livelli che rifiutano di cantare l’Inno di Mameli ma che non possono trovare la scusa di non conoscere la melodia e che forse non lo canteranno nemmeno il prossimo 17 marzo.

Il 17 marzo 2011 sarà una data molto importante, ricorrono infatti i 150° anni del nostro paese. In quello stesso giorno, nel 1861, veniva proclamata la prima legge del Regno d’Italia, l’articolo unico secondo cui l’allora sovrano del Regno di Piemonte e Sardegna Vittorio Emanuele II veniva proclamato dal parlamento primo re d’Italia. Di quel periodo è anche la celebre fatta del lungimirante marchese d’Azeglio Massimo Tapparelli, autore del romanzo dimenticato e noto ormai a pochi cultori di lettere “Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta”, senatore del regno e presidente della Provincia di Milano:” Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”: Il marchese non aveva torto, ora bisognava occuparsi di cementificare e riunire non solo geograficamente ma anche in spirito e civiltà la neonata nazione Italiana. Ma questo non è mai successo e sin dai primi giorni di questi 150 anni si crearono sacche di profondo disagio e incomprensione. Da un lato il sud, ben raffigurato dai quindici tomi dell’Inchiesta Jacini del 1877: un mezzogiorno che aveva bisogno di un modello di sviluppo formato sull’integrazione di industria e agricoltura, sulla razionalità liberista e lo sviluppo di idee e meritocrazia che invece riceveva, se e quando riceveva qualcosa, soldi a pioggia erogati in piani straordinari destinati a esaurirsi nelle mani di pochi potenti o innovazioni destinate ad essere cattedrali nel deserto. Un sud che non aiutato a costruire razionalmente e umilmente un nuovo modello di sviluppo cadeva sotto i colpi della delusione e del brigantaggio, iniziando a rimpiangere quel regno Borbonico del Re Franceschiello e Napoli capitale d’Europa e potenza del mondo svenduta a monarchi montanari . Dall’altro lato il nord, il nord liberale e parlamentare che guardava con senso di emulazione e anche un po’ di indivia la borghesia inglese e francese e sognava di esportare anche in Italia la rivoluzione industriale che in Europa si stava sviluppando, quel nord che temeva di portarsi il sud come un peso sulle spalle che avrebbe inceppato la sua corsa al successo. Paure, speranze, desideri pur giusti che sia da un lato che dall’altro andavano incoraggiati o ricuciti quando invece si sono acuiti con reciproca diffidenza. Sacche di pensiero che ancora oggi restano, intrappolate ed esasperate negli schemi di meridionalisti e padanisti. Ogni tanto emerge anche qualche novità, giusto per dire “ci siamo anche noi” : i bolzanini , dopo la proposta referendaria per rendere i cartelli e i nomi delle strade solo in lingua tedesca, adesso tramite il presidente della loro provincia autonoma annunciano il proprio distacco dal 17 marzo protestando a favore della dimenticata e sfruttata minoranza austriaca. Viceversa spunta un principe sabaudo con una grande voglia di festeggiare e quasi offeso di non essere stato invitato alle celebrazioni. Mancano all’appello solo gli indipendentisti sardi ma al momento sono quieti o per lo meno hanno altre gatte da pelare, come l’elezione del nuovo segretario dopo le dimissioni dello storico leader.

E che facciamo il 17 marzo allora? Chi festeggia e che cosa festeggia? Andiamo a lavorare o no? Personalmente posso comprendere le preoccupazioni di chi come la presidente di Confindustria vorrebbe che la produzione italiana non perdesse ulteriori colpi e continuasse a lavorare, ma un giorno in più, un giorno meno non credo possa affossare o resuscitare la nostra economia e credo che ogni tanto fermarsi e guardarsi negli occhi per capire chi siamo sia necessario e doveroso. Anche riguardo alle scuole c’è molta polemica, personalmente io opterei per questa iniziativa: tenere aperte le scuole ma interrompere la didattica ordinaria per celebrare una giornata all’insegna dell’Unità d’Italia, con conferenze, filmati, dibattiti e interventi. Personalmente io il 18 febbraio, anniversario della prima riunione del Parlamento Italiano, tornerò nel mio ex liceo a guidare con il mio prof il progetto e laboratorio multimediale di storia ed ed.civica Demopolis dedicato proprio ai 150 anni dell’Unità d’Italia.

Il 17 marzo sarebbe meglio fermarsi per evitare che una festa appena istituita non nasca già mutilata; guardiamoci negli occhi, guardiamoci dietro le spalle ma soprattutto avanti e oltre. Italia, abbi coscienza di te!

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

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Berlusconi ha perso la bussola

postato il 10 Febbraio 2011

L’intervista a Enrico Mentana al TgLa7

Paragonare l’Italia alla Germania dell’Est – se pensiamo ai morti nei gulag- è da puri irresponsabili, in particolare per un presidente del Consiglio che dovrebbe avere a cuore l’onore dell’Italia.
Un premier che chiede i danni allo Stato, oggi parla di ricorrere alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, attacca i magistrati e la Corte costituzionale, vuol dire che ha perso la bussola e pone una grande questione politica e istituzionale. Credo che si dovrebbero rivoltare contro questa disinvoltura tutti gli italiani.

Il ricorso alla Corte di Strasburgo per il caso Ruby ? È una cosa ridicola, di cui non dovremmo nemmeno parlare se fossimo persone serie. Dall’inizio di questa situazione, Berlusconi  ha cambiato continuamente l’ordine delle questioni: ha detto decine di cose, l’una in contrasto con l’altra, fino a dire che è intervenuto per evitare l’incidente con l’Egitto: siamo su Scherzi a parte. Credo che debba prendersela con se stesso, se cambia versione ogni 24 ore. [Continua a leggere]

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La triste maschera del processo breve

postato il 8 Febbraio 2011

Vedere Silvio Berlusconi e il suo governo occuparsi della riforma della giustizia è come stare a guardare un bracconiere che riforma la legislazione sulla caccia o affidare al peggiore capitalista di questo mondo la riforma del diritto del lavoro. E’ mai possibile che in Italia si debba occupare di riformare il processo penale un signore che passa gran parte delle sue giornate a confabulare con i suoi avvocati per evitare i processi e dunque allungarli all’inverosimile fino all’agognata prescrizione? Si aggiunga a questo paradosso l’assenza di un progetto nuovo di riforma, magari scritto come ha sottolineato il vicepresidente del Csm Michele Vietti, e l’idea di catapultare Marco Pannella al Ministero della Giustizia per compiere la “grande riforma”. In realtà non esiste nessuna grande riforma, ma esiste solo l’esigenza di salvaguardare il Premier dai suoi guai giudiziari. Così dopo che la Corte costituzionale ha azzoppato il “legittimo impedimento”, creatura dell’avvocato Ghedini, l’entourage del Presidente del Consiglio ha ritirato fuori dal cilindro il mitico “Processo breve”.

Peccato che in questa riforma di breve ci sia solo il tempo per azzerare i processi, non solo quelli del Premier. Effettivamente se uno ci pensa bene l’idea è geniale: visto che non possiamo eliminare i processi (eppure gli piacerebbe tanto) li rendiamo monchi, li priviamo della decisione. Togliendo anche un po’ di risorse economiche a forze dell’ordine e magistrati il gioco è fatto: il Cavaliere può dormire sogni tranquilli e con lui tutti i potenti che hanno guai seri con la giustizia. Il processo breve sarebbe infatti una vera e propria manna dal cielo per gli imputati di altri grandi processi in corso (casi di Eternit, ThyssenKrupp, Cirio, Parmalat e diversi casi di malasanità) che vedrebbero in breve tempo estinguersi i loro processi. Ciò che è sconcertante non è solamente il fatto che per risolvere i suoi problemi personali con la giustizia il Presidente del Consiglio metta a rischio prescrizione  il 50% dei procedimenti pendenti a Roma, Bologna e Torino; il 20-30% a Firenze, Napoli e Palermo, ma che disegni una giustizia dove giungano a termine solo i processi dei poveracci che rubano nei supermercati e che non hanno l’avvocato Ghedini, mentre tutti gli altri processi, anche quelli per i reati più gravi, la cui linea di confine con i reati di mafia è assai sottile, andranno in fumo.

Nel governo non c’è nessuna volontà di riformare la giustizia, c’è solo un’azione coordinata su più campi per tentare di mantenere a galla un Premier che rischia di andare a fondo per il suo immobilismo e per i suoi problemi personali. In questa strategia di sopravvivenza il “Processo breve” è solo un bel nome, una maschera d’oro che parla di riforma epocale del rapporto tra cittadino e giustizia, ma che in realtà nasconde il triste volto di un uomo, attaccato al potere e che non vuole, come tutti i comuni mortali, rispondere delle proprie azioni alla giustizia.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Rassegna stampa, 8 febbraio 2011

postato il 8 Febbraio 2011
Il Cav. ha paura e preme su Bossi: il tema della giustizia (che ritorna prepotente nell’agenda politica) è troppo importante e quindi si lanciano appelli alla distensione, o – meglio ancora – si tentano abboccamenti vari – come ci racconta Francesco Bei su La Repubblica – “federalismo in cambio del processo breve”. Eppure, scrive La Stampa e conferma l’intervista di Calderoli sul Sole, o i numeri sono certi o sono meglio le urne a maggio (magari dopo la riforma, magari no, chi lo sa); secondo Marcello Sorgi, poi, “Umberto è berlusconiano per amore”, sì, ma soprattutto “per forza” e quindi si cercherà in tutti i modi un accordo in extremis. Folli scrive invece di una via sempre più stretta per la maggioranza e il Foglio fa il punto della situazione su riorganizzazione del Pdl e riposizionamenti della Lega (da leggere). Nel frattempo, Onida sul Sole assicura che la modifica dell’art. 41 è un “falso problema”, mentre il Riformista ci racconta dell’ennesimo stop alla frustata di rilancio economico immaginata da B. e sottoscritta dalla Marcegaglia (pur tra diverse riserve) e si allarga il perimetro del Rubygate (leggete, dalla Stampa, delle accuse che la showgirl Sara Tommasi ha indirizzato a Lele Mora).

E il Cavaliere preme su Bossi: “Sulla giustizia non ti sfilare” (Amedeo La Mattina, La St ampa)

L’ultimo patto tra Silvio e Umberto: “Federalismo in cambio della giustizia” (Francesco Bei, La Repubblica)

Federalismo, i “paletti” della Lega (Roberto Bagnoli, Corriere della Sera)

«Urne a maggio dopo la riforma», il Senatùr pressa Silvio (Alberto Gentili, Il Messaggero)

Il Pdl rilancia il processo breve, è scontro (Donatella Stasio, Sole24Ore)

Processo breve, si riaccende lo scontro (Angelo Picariello, Avvenire)

Processo breve: seconda edizione riveduta e corretta (Francesco Grignetti, La Stampa)

Roberto Calderoli: «Numeri certi o stacchiamo la spina» (Barbara Fiammeri, Sole24Ore)

Il punto di Folli – Le intenzioni e la realtà: il sentiero stretto della maggioranza (Stefano Folli, Sole24ore)

Umberto berlusconiano per amore e per forza (Marcello Sorgi, La Stampa)

Il Quirinale condanna gli scontri ad Arcore (Lorenzo Fuccaro, Corriere della Sera)

Il Cavaliere divide Pannella e Bonino (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Tutte le parti in commedia (Il Foglio)

II Cav fa harakiri se esclude Casini (Marco Bertoncini, ItaliaOggi)

«Basta accampamenti. Subito alloggi dignitosi» (Luca Liverani, Avvenire)

E la frustata per la crescita slitta ancora (Simona Ciaramitaro, Il Riformista)

Lotteria delle riforme: esce il 41 (Valerio Onida, Sole24ore)

Sondaggi in risalita. Azzurri al 30% (Gianluca Roselli, Libero)

La Tommasi accusa Mora “Drogava le ragazze” (Guido Ruotolo, La Stampa)

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Le manifestazioni ad Arcore sono l’altra faccia del degrado

postato il 7 Febbraio 2011

L’opposizione deve dare un’altra idea dell’Italia

Le manifestazioni davanti la casa di Berlusconi ad Arcore non sono certo la risposta giusta da dare al Governo ed al Presidente del Consiglio.
Lasciamo perdere i violenti, che è meglio che stiano nelle patrie galere e non agli eventi politici, ma l’idea stessa di protestare con quelle modalità ed in quel luogo, rischia di essere l’altra faccia della medaglia del degrado che stiamo vivendo.
L’opposizione deve dare un’altra idea dell’Italia non la stessa, eguale e contraria.
Con tutto il rispetto per gli altri, non siamo né in Tunisia né in Egitto e non vogliamo finirci.

Pier Ferdinando

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«Silvio al Colle? No. Lui ha solo diviso»

postato il 6 Febbraio 2011

Anche il Pd ha fallito e la “santa alleanza” non è il mio progetto

L’intervista a Pier Ferdinando Casini pubblicata su Avvenire di Arturo Celletti

«Berlusconi è convinto che fino a quando resiste a Palazzo Chigi è più forte. Ma non è così. La scelta di restare asserragliato nella roccaforte del governo lo rende solo più debole. Infinitamente più debole».
Parla piano Pier Ferdinando Casini, e all’improvviso, anche se ha davanti solo il cronista di Avvenire, si rivolge direttamente al capo del governo. «Non ti garantisci restando immobile nel bunker, ma solo avendo la lucidità di capire che un disegno politico non si esaurisce nella propria persona». È un invito forte a fare un passo indietro per aprire una fase nuova. È un appello a privilegiare la Politica rispetto alle convenienze. E a capire che il progetto di un grande rassemblement dei moderati che abbia come riferimento i valori del Partito popolare europeo è ancora possibile.
Casini insiste: «Non sarò io a indicare a Berlusconi una soluzione, un nome, un percorso. Tocca a lui capire che questo è il momento della generosità e delle scelte coraggiose. Tocca a lui individuare in fretta una soluzione. Perché ormai è diventato un ostacolo anche per i suoi attuali compagni di cordata. E perché se avesse il coraggio di lasciare Palazzo Chigi, quelle convergenze che oggi appaiono impossibili diventerebbero immediatamente realizzabili. E così tante riforme. Penso a una grande intesa sulla giustizia. E penso a segnali chiari sulle intercettazioni: non serve il bavaglio che pretende Berlusconi, ma certo potrebbero essere disciplinate in fretta e con vasto consenso». Diètro quel pressing prende forma il “salvacondotto” per il Cavaliere.
Casini insiste: «Silvio trovi la forza di gestire l’ultima fase con le armi della politica. E non arroccandosi nel fortino e gridando al complotto». [Continua a leggere]

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Se Berlusconi continua così rimarrà da solo su un’ isola deserta

postato il 6 Febbraio 2011

Pensi ai problemi degli italiani, non ai suoi
Il nostro Paese cresce ormai meno di altri, ha più disoccupati, le opere pubbliche sono ferme e tutti gridano all’allarme. Berlusconi continua a proporre emergenze come il processo breve o le intercettazioni, che esistono ma solo per lui, e li impone all’agenda della politica italiana. Se continua così, rimarrà da solo su un’isola deserta.
Se un mattino su quattro si alzasse dicendo: ‘Oggi mi voglio preoccupare dei problemi degli italiani e non dei miei’ sarebbe una giornata splendida.

Pier Ferdinando

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Rassegna stampa, 6 febbraio 2011

postato il 6 Febbraio 2011
Il Cav. passa al “contrattacco”: messo all’angolo in questi giorni dalla triangolazione giudici-Napolitano-opposizioni, B. ha scelto di giocare di nuovo tutto sull’attacco, dicendosi sicuro che i nemici cederanno. Per questo è pronto ad avviare il tanto atteso rimpasto di governo, imbarcando piccoli, piccolissimi e medi partiti, al fine di garantirsi una sopravvivenza (leggete “agonia”) più lunga: vi ricordate la retorica del voto utile del 2008? Andatela a raccontare a Storace, che ieri ha visto entrare il proprio partito nella compagine governativa, con l’assegnazione di un sottosegretariato a Nello Musumeci: come cambiano i tempi, eh? Mario Ajello, sul Messaggero, ci spiega che in ballo ci sono ben 12 poltrone, da spartire a rate e secondo convenienza; Sonia Oranges, sul Riformista, ci racconta della svolta “proprio moderata” che ha imboccato questo Governo; Filippo Ceccarelli, su La Repubblica, e Fabio Chiusi, su Il Nichilista.it, analizzano la riesumazione dello Storace-kleenex e del valore della coerenza; Gianluca Rosselli, su Libero, poi, ci offre la chicca della giornata: a salvare la legislatura saranno i radicali, gli alfieri della moderazione e estremamente compatibili con i valori tanto sbandierati dal Pdl (contenti loro, ma non vengano a farci la morale!). Eugenio Scalfari, nel suo editoriale domenicale, scrive di un leader in fuga, come l’omologo egiziano, Mubarak, mentre Travaglio e Mughini si concentrano sulla presunta esistenza delle foto dei festini ad Arcore: per il primo, ogni scatto equivale a un ricatto, mentre il secondo esorta il Centrodestra tutto a smettere di difendere il Cav, qualora dovessero venir fuori queste benedette foto. Infine, spazio ai temi dell’economia: Giuliano Amato, sul Sole, ritorna sul discorso della patrimoniale; Serena Felleoni ci espone la proposta dell’Istituto Bruno Leoni sulla modifica dell’art. 41 della Costituzione; Mario Monti, infine, esorta il CDM a varare proposte serie e non i soliti slogan.

«Silvio al Colle? No. Lui ha solo diviso» (Arturo Celletti, Avvenire)

Il Cavaliere pronto a sfidare il Colle “Tiro dritto, Napolitano cederà” (Carmelo Lopapa, La Repubblica)

Rimpasto per 12 poltrone, ma a rate (Mario Ajello, Il Messaggero)

E il governo imbarca la Destra (Amedeo La Mattina, La Stampa)

Il pensierino di Storace (prima di andare a dormire) (Fabio Chiusi, Il Nichilista.it)

E Silvio ricicla lo Storace-kleenex (Filippo Ceccarelli, La Repubblica)

Bella svolta. Proprio moderati (Sonia Oranges, Il Riformista)

Alfano alla guida del Pdl mossa chiave per il rimpasto (Marco Galluzzo, Corriere della Sera)

Cesa: bravo Silvio, ma spiegalo al tuoi… (La Padania)

Berlusconi: voglio il processo breve (Alberto D’Argenio, La Repubblica)

A blindare la Camera ci penserà Pannella (Gianluca Roselli, Libero)

Chi comanda sul Pd (Alessandra Sardoni, Il Foglio)

Come emendare l’Articolo della Costituzione sulla libertà d’impresa togliendo ogni giustificazione per l’interventismo statale (Serena Sileoni, IBL.it)

Severgnini – Immigrati, la lezione inglese per l’Italia (Beppe Severgnini, Corriere della Sera)

Se arriva la foto del Cav, non lo si può difendere (Giampiero Mughini, Libero)

Scatti e ricatti (Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano)

Impegni reali, non false promesse (Mario Monti, Corriere della Sera)

Il fantasma della patrimoniale (Giuliano Amato, Sole24Ore)

Il Cavaliere e il raìs. Due leader in fuga (Eugenio Scalfari, La Repubblica)

I due cardinali, mossa felpata per una nuova Margherita (Fabio Martini, La Stampa)

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Rassegna stampa, 5 febbraio 2011

postato il 5 Febbraio 2011
Il Governo è arrivato alle strette e in mezzo a tante difficoltà, si è lasciato andare a un inaudito colpo di mano, pensando a un decreto del CDM per riparare allo stop della Bicamerale sul Federalismo Fiscale. Il resto lo sapete: il provvedimento ha mandato su tutte le furie il Presidente Napolitano, che ha cassato il decreto immediatamente, e ha invitato il Centrodestra “a fermarsi subito”, onde evitare ulteriori danni. Meno male che Giorgio c’è, diciamo con Peppino Caldarola sul Riformista: se non ci fosse stato lui, chissà dove saremmo arrivati. E la Lega, invece, cosa farà adesso? Stefano Folli, sul Sole, consiglia “prudenza”, perché si sa, la fretta è cattiva consigliera; mentre Marcello Sorgi, su La Stampa, si domanda se Bossi, sulla spinta del malcontento leghista, accetterà di continuare questa esperienza governativa o se, invece, si lascerà sedurre dalla possibilità di un Governissimo, con a capo Maroni (per capire meglio, leggete anche l’Unità). Che abbia ragione Pigi Battista, che sul Corriere analizza l’inutile e indecente teatrino della politica d’oggi? Temiamo di sì.  Nel frattempo, mentre Bersani apre a un patto costituente con le opposizioni (e Vendola cerca il dialogo con Casini), monta la polemica contro il Tg1, questa volta con i CDR di Tg2 e Tg3 e il richiamo di Garimberti che invocano maggiore serietà e rispetto per il servizio pubblico. Solo che qui, “qualcuno” continua a fare orecchie da mercante. E che mercante!

Lo sconcerto del Quirinale: «Meglio che si fermino subito» (Marzio Breda, Corriere della Sera)

Berlusconi attacca i magistrati. “Italia repubblica giudiziaria” (Alberto D’Argenio, La Repubblica)

Napolitano: “Questa legge io non la firmo” (Francesco Grignetti, La Stampa)

Casini: bene il Colle, atto dovuto il no al decreto. L’Udc: La Loggia vada via (Il Messaggero)

La corsa della riforma non è ancora a metà (Alessandro Barbera, La Stampa)

Bersani: ora confronto con tutta l’opposizione. Sì a una fase costituente (Andrea Garibaldi, Corriere della Sera)

E Vendola apre a Casini (Maria Teresa Meli, Corriere della Sera)

Il disperato bluff di Bossi, prigioniero del Cavaliere (L’Unità)

Lo strano sogno di D’Alema e Gianfry: finire a fare il secondo di Casini (Libero)

Intervista al premier, il Tg1 contro il Tg3 (Marco Mele, Sole24Ore)

Fini-Barbareschi, lite con lancio di penne. Malumori tra i futuristi in vista della costituente (Paola Di Caro, Corriere della Sera)

Battista – Il teatrino della politica (Pierluigi Battista, Corriere della Sera)

Sorgi – Il Senatùr tra i due fuochi: cederà alle lusinghe di un “governo Maroni”? (Marcello Sorgi, La Stampa)

Caldarola – Meno male che Giorgio c’è. Ha rimediato allo strappo (Peppino Caldarola, Il Riformista)

Folli – Quella fretta cattiva consigliera (Stefano Folli, Sole24Ore)

Mubarak vacilla ma non cede (Alberto Negri, Sole24Ore)

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No al federalismo delle tasse

postato il 4 Febbraio 2011


Riprendere il dialogo tra maggioranza e opposizione

La scelta del governo di varare il decreto sul federalismo malgrado lo stop in commissione bicamerale è stata pura irresponsabilità, avventurismo istituzionale.
Questo è il federalismo delle tasse e la strada maestra, dopo il richiamo del Capo dello Stato, è invece quella di realizzare un federalismo virtuoso, riprendendo il dialogo tra maggioranza e opposizione.

Pier Ferdinando

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