postato il 2 Ottobre 2011 | in "In evidenza, Politica, Riceviamo e pubblichiamo"

L’orizzonte dei cattolici in politica è ben più ampio dei problemi di Berlusconi

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

Il dibattito che si è sviluppato nei media e in campo politico intorno alla prolusione del cardinale Angelo Bagnasco è stato in molti casi riduttivo se non ridicolo. Certa stampa ha colto del complesso discorso del cardinale Bagnasco esclusivamente il richiamo al pubblico decoro, che ha inevitabilmente indirizzato al Presidente del Consiglio, e su questa scia si sono mossi i commenti di altre illustri firme e di autorevoli esponenti del mondo politico. Da qui le inevitabili elucubrazioni sulle “manovre occulte” della gerarchia ecclesiastica  per riposizionarsi dopo il crepuscolo berlusconiano lanciando una specie di Dc 2.0 o Tecno Dc, secondo la versione di Marco Damilano su L’Espresso, che vada da “Formigoni a Fioroni”. I retroscena, le grandi manovre e le strategie politiche sono sicuramente la specialità di alcuni notisti politici e rappresentano un piatto succulento per quanti si interessano di politica, capita però che questi diventino esaustivi di tematiche ben più complesse, come nel nostro caso; ridurre il dibattito sulla presenza politica dei cattolici in Italia alle bacchettate al Premier per la sua condotta morale o alla risurrezione della balena bianca non è solo riduttivo, ma anche offensivo per i cattolici italiani. Ciò non significa assolvere i discutibili comportamenti privati del Presidente del Consiglio, ma significa dire chiaramente che dietro le parole dei vescovi italiani non c’è nessuna volontà di abbattere Berlusconi, con buona pace di quei “bacchettoni e fedeli per finta” che pensano di battere Berlusconi anche con l’ausilio delle parole dei prelati che in altre occasioni hanno definito “indebite ingerenze”.

Le parole chiare dei vescovi italiani hanno fini più nobili, e se queste fanno male al Presidente Berlusconi e alla sua parte politica evidentemente lui e i suoi sodali hanno qualcosa da rimproverarsi, delle incoerenze da risolvere. E ciò è sotto gli occhi di tutti. Assodato che le immoralità del Primo ministro non sono l’orizzonte dell’impegno dei cattolici italiani occorre ricordare alcune cose fondamentali per una discussione più ampia e profonda.

Le gerarchie ecclesiastiche non si occupano di formare partiti politici, la Chiesa, e quindi non solo le gerarchie, si occupa soltanto di formare coscienze e non lo fa ripetendo semplicemente e solamente le parole della società civile, di cui pure c’è bisogno per mostrarsi consapevolmente partecipe di una sensibilità civile, ma lo fa ricorrendo al suo patrimonio peculiare: il Vangelo.

Le coscienze formate dalla Chiesa devono essere coscienze scomode per i poteri mondani, scomode come quelle dei santi, come scomodo fu lo stesso Gesù per i farisei, i sadducei e i dottori della Legge. I cattolici in politica devono essere capaci dello stesso grido dei profeti biblici: essi devono gridare perché sia applicata la dottrina sociale della Chiesa in difesa dei poveri, dei più deboli e della moralità della vita pubblica.

Coscienze scomode, capaci di denuncie forti ma anche di essere propositive. La Chiesa ha a cuore la giustizia e il bene comune, se nel nostro Paese ci sono innumerevoli problemi, la Chiesa, nel suo compito educativo, e i laici nella vita civile non possono non farsi carico di questi temi. Se la Chiesa e i cattolici si mettessero da parte, questo loro appartarsi o defilarsi sarebbe la spia di un grave problema ecclesiale. Dunque è necessario un impegno che, però, richiede qualcosa in più: la charitas, l’agape, cioè lo Spirito Santo, l’amore di Dio diffuso nei cuori degli uomini. Pertanto il cristiano non può non caricarsi di questi problemi, omettendo di portare il suo specifico contributo. Il cristiano crede di vivere in comunione con Dio e cioè crede che lo Spirito Santo lo ha unito a Gesù Cristo. Il cristiano quindi partecipa di questo corale sforzo della società civile che favorisce la crescita di ogni uomo e ogni donna con lo specifico della carità, del dono dello Spirito, che attinge nella comunità ecclesiale di cui è membro.

Questi in estrema sintesi i contenuti, a cui deve seguire non una strategia ma persone che sappiano incarnare e vivere questi valori.  Quel che conta, come ha recentemente sottolineato Giuseppe De Rita, per il futuro dei cattolici in politica è l’identità nuova, una cultura fondante e soprattutto chi riuscirà ad impersonarla.

 

3 Commenti
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Patrizia Rossi
12 anni fa

Onorevole non crede che forse i veri cattolici sono così pochi da non fare più opinione? Siamo in un periodo laicizzato, dove il crocifisso diviene segno di contraddizione non per motivi religiosi ma politici anzi economici…l’importante e salvarsi la pelle, cercare di sopravvivere dentro un naufragio dove tutti cercano per se’
La sciupa di salvataggio.

Francesco
Francesco
12 anni fa

I veri cattolici, sono la stragrande maggioranza degli italiani, non sono solo coloro che frequentano la parrocchia.
Siamo grati ai vescovi, per aver preso posizioni chiare, indicandoci la via per uscire da questa situazione allucinante.
Saranno solo i valori cristiani che ci portiamo dentro, e che costituiscono anche le nostre radici culturali, a darci la forza per resistere a questa ventata malsana, e per ricominciare.
Sento diffusa la consapevolezza, in ognuno di noi che si riesce o fallisce con la società di cui si fà parte, e questo è un segnale positivo.

Stefano Tassinari
Stefano Tassinari
12 anni fa

La Chiesa fa bene a difendere la famiglia, i valori, l’etica, ma sulla questione economica deve girarsi verso sinistra. Soprattutto in un periodo di crisi non è ammissibile che le gerarchie continuino a difendere lo schieramento destrorso. Non è ammissibile.



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