Il pericolo dello Stato criminogeno

“Riceviamo e pubblichiamo” di Roberto Dal Pan

Qualche tempo fa mi è capitato fra le mani un libretto del 1997 edito da Laterza ed intitolato “Lo Stato criminogeno”; il suo autore era un professore universitario che da poco aveva iniziato la sua carriera politica peraltro con un certo successo avendo rivestito per qualche mese anche il ruolo di Ministro delle Finanze: il suo nome era, ed è, Giulio Tremonti. Quel volumetto, che ho tratto dall’oblio in cui giaceva sui miei scaffali, era una coraggiosa opera di denuncia contro “lo stato giacobino che tutto vorrebbe controllare” ed anche “un manifesto liberale per ritrovare la via dello sviluppo”; i tre lustri seguiti all’uscita del volume hanno provveduto a dimostrare quanto sia difficile in questo Paese passare dalle parole ai fatti.

La definizione di “Stato criminogeno”, usata da Tremonti per indicare un Governo che “obbliga” i propri amministrati a trasgredire le leggi che lo stesso produce, mi è tornata in mente quando ho avuto modo di leggere una relazione a firma di Corrado Baldinelli, capo del Servizio Supervisione Intermediari Specializzati della Banca d’Italia, in cui si tratta di intermediazione finanziaria e comparto del “gaming”. L’alto funzionario nella sua nota si sofferma ad analizzare gli aspetti meno conosciuti ma non meno preoccupanti del fenomeno del gioco d’azzardo legalizzato e ne delinea uno scenario non proprio tranquillizzante.

Tanto per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno, guardiamo alle cifre ufficiali fornite dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato che gestisce l’intero comparto: nell’anno 2010 la raccolta totale delle giocate effettuate ammontava a 61,4 miliardi di euro, nel solo periodo gennaio-agosto 2011 siamo già arrivati a 48,3 miliardi con un aumento pari al 23,85 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente che, se mantenuto, porterebbe l’ammontare annuale delle giocate per l’anno in corso alla fantastica cifra di 76 miliardi di euro .

Analizzando più in dettaglio le cifre e prendendo ad esempio il mese di agosto 2011, ultimo dato definitivo finora disponibile, si scopre che nel mese in esame sono stati giocati dagli italiani ben 6.418 milioni di euro di cui 3.229 milioni provenienti dagli “apparecchi di intrattenimento” cioè le macchinette da videopoker e simili che vediamo installate nei locali pubblici. Non meno sorprendente appare la rilevazione disaggregata su base regionale da cui emerge che la parte del leone la fanno le regioni del nord ed in particolare la Lombardia che contribuisce al totale già citato di 6.418 milioni di euro con la ragguardevole quota di 1.070 milioni di cui ben 632,7 provenienti da slot machines e videopoker. Il dettaglio più preoccupante, tuttavia, deriva non già dalla raccolta delle giocate ma dalle vincite dichiarate in quanto, sempre per rimanere ai dati di agosto 2011 resi noti dall’AAMS, a fronte della raccolta di 6.418 milioni di euro di giocate sono stati pagati 4.955 milioni di euro di vincite di cui 2.571 pagati da videopoker e slot machines. Nel periodo gennaio-agosto 2011 sono state pagate vincite dagli apparecchi da intrattenimento per un totale di 21,8 miliardi di euro e di questo fiume di denaro in moltissimi casi si fatica a conoscere la provenienza e soprattutto la destinazione.

L’allarme sulle zone d’ombra del sistema dei giochi in Italia era stato già lanciato, tra gli altri, da un corposo e documentato saggio apparso su GNOSIS, rivista dell’AISI – Agenzia Informazioni Sicurezza Interna, all’inizio del 2010; in quel pregevole lavoro si passavano in rassegna gli aspetti normativi del comparto e le sue più recenti evoluzioni con particolare attenzione all’esposione dei giochi on-line e relative problematiche. Nelle considerazioni finali del rapporto si rilevava come la preoccupazione investigativa dovesse rivolgersi, oltre che al tradizionale settore dei giochi illegali, anche verso il gioco regolamentato poichè la stessa Direzione Nazionale Antimafia aveva richiamato l’attenzione sul fatto che l’interesse della criminalità organizzata sia ultimamente rivolto verso il gioco legale “sia per scopi di riciclaggio sia per consentire alla propria rete territoriale di usurai di disporre di un numero enorme di potenziali clienti”.

Tornando alla relazione della Banca d’Italia citata in apertura, in essa si rileva come nel gioco tramite rete fisica “le prassi operative fondate sull’anonimato e sull’utilizzo di contante possono favorire comportamenti irregolari e l’infiltrazione della criminalità organizzata”, arrivando poi a segnalare il fatto che “si è creato una sorta di mercato secondario dei ticket vincenti che, configurandosi come titoli di incasso anonimi sostitutivi del contante, sono in grado di alimentare fattispecie di riciclaggio”. La relazione si conclude quindi con l’auspicio dell’adozione di nuove e più stringenti normative che vadano verso l’adozione obbligatoria di mezzi di pagamento tracciabili anche in relazione al gioco in sede fisica oltre che a quello on-line per finire alla necessità di applicazione di standard di tipo finanziario a tutela degli ingenti trasferimenti di valuta originati dal mondo del gaming. A riprova della correttezza dello scenario ipotizzato si consideri che, secondo il bollettino dell’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, le segnalazioni di attività sospette nel settore dei giochi connesse ad ipotesi di riciclaggio sono state 34 nel 2010 e ben 48 nel solo primo semestre dell’anno in corso.

Pur considerata la massima latina secondo la quale “pecunia non olet”, non può non rilevarsi che il settore del gioco legale – che pure garantisce circa il 15% del fatturato totale delle casse dello Stato – trae la sua sussistenza in un segmento sociale spesso costituito da soggetti deboli ed in condizione di minorata difesa a causa di carenze personali, educative o di censo. Non sono poche ormai le strutture che si occupano di ludopatie, ossia dei comportamenti compulsivi legati al gioco, anche perché il numero stimato dei soggetti potenzialmente esposti alla problematica viene valutato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità attorno al 3% della popolazione italiana con già 700.000 soggetti affetti da sindrome del gioco patologico.

Il pericolo di un indiscriminato aumento delle possibilità di gioco d’azzardo, ancorchè sotto il controllo statale, era peraltro già stato abbondantemente segnalato in passato; basti citare la conclusione dello studio del dott. Mauro Croce pubblicato sulla Rivista della Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze già nel 2005: “Attraverso il gioco, infatti, la criminalità può ricattare persone indebitate od usurate sotto diverse forme. Concedere credito a tassi di usura a cittadini insospettabili ed incensurati, favorire il loro accesso a forme di gioco controllate direttamente dalla criminalità permette alla stessa di potersi avvalere di persone successivamente ricattabili chiedendo di prestarsi ad azioni delittuose, a coperture, protezioni, all’avere accesso ad informazioni riservate o di infiltrarsi e controllare sotto coperture in imprese, esercizi, e quant’altro”.

Di tali preoccupazioni si sono opportunamente fatti interpreti due illustri esponenti dell’Unione di Centro, che proprio nelle ultime ore hanno fatto sentire la loro voce in merito alla problematica evidenziata. Il capogruppo UDC in Senato Gianpiero D’Alia, durante la discussione della relazione Antimafia sul gioco d’azzardo, ha rilevato come affrontare il tema delle ludopatie e del gioco o d’azzardo voglia dire spalancare gli occhi su di una vera e propria emergenza sociale che pervade l’intera nazione e rende necessario calendarizzare leggi di contrasto al gioco d’azzardo perché esso rappresenta il punto d’incontro di gravi distorsioni dell’assetto socio-economico e favorisce il crimine organizzato anche attraverso il collegamento con fenomeni quali usura, estorsione e riciclaggio. Il Senatore D’Alia ha sottolineato inoltre che si sarebbe aspettato un vero dibattito parlamentare sulla questione mentre invece il Governo é rimasto cinicamente assente disinteressandosi del tutto, a maggior riprova del fatto che le evidenti incentivazioni a comportamenti patologici sul fronte del guioco corrispondono alla volontà di introdurre forme occulte di prelievo dalle tasche dei cittadini mascherandole con ammiccanti forme di intrattenimento.

Nell’altro ramo del Parlamento, l’On. Antonio De Poli, membro della Commissione Affari Sociali della Camera, ha presentato un progetto di legge teso a modificare il Regio Decreto n. 773 del 1931 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) al fine di impedire l’installazione delle slot machine nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, nei circoli e nelle associazioni. Nel presentare la proposta di legge, anche l’On. De Poli ha rilevato come negli ultimi anni si sia potuto assistere ad una evidente incentivazione del gioco d’azzardo anche attraverso la legalizzazione di giochi prima proibiti. Ciò che doveva rappresentare solo un piacevole passatempo rischia però di trasformarsi per molte persone in una vera e propria dipendenza del tutto assimilabile a quella da sostanze stupefacenti, con la conseguenza che il benessere futuro di intere famiglie viene messo a repentaglio dal comportamento compulsivo di chi si trova imprigionato nei meccanismi del gioco patologico. Una analoga proposta di legge volta a modificare il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza era già stata presentata in Consiglio Regionale del Veneto dal Capogruppo dell’UDC Stefano Valdegamberi.



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