postato il 1 Novembre 2012 | in "In evidenza, Politica, Riceviamo e pubblichiamo, Riforme"

Province, il coraggio di cambiare. Il coraggio di tagliare

“Riceviamo e pubblichiamo” di Vincenzo Pezzuto
Era il lontano 1859 quando lo Stato sabaudo preunitario diede vita all’ordinamento provinciale con il Regio Decreto Rattazzi, fortemente ispirato al modello francese. Allora le Province erano all’incirca 59, per poi divenire 69 dopo la terza guerra d’indipendenza e l’istituzione della Provincia di Roma.
Al termine del primo conflitto bellico, con l’annessione della Venezia Tridentina e della Venezia Giulia, il numero salì a 76. In epoca fascita l’intero assetto provinciale subì profonde modifiche giungendo ad un numero complessivo di 95 Province lungo l’intero stivale. E così si andò avanti, con altri interventi statali e regionali, giungendo nel 2005 ad un numero complessivo di 110.
A meno di un anno dalle celebrazioni del 150° anno di vita della nazione Italiana, il Governo delle riforme, del coraggio di potare i rami secchi ed improduttivi del Paese, della Spending Review mette mano all’assetto istituzionale decretando il drastico, ma dovuto, ridimensionamento a 51 enti provinciali. Sarebbe stato meglio una soppressione totale, ma non può passare inosservato agli occhi dei più attenti, il risultato ottenuto. Si avrà un numero inferiore rispetto a quello registrato nell’anno della loro istituzione. Ma l’aspetto più importante è certamente costituito dal segnale che l’Italia invia ai propri cittadini, agli investitori nazionali ed esteri, all’economia e ai mercati. Con il decreto appena approvato in Cdm, si è scelto di alleggerire la macchina e il bilancio statale della presenza di circa 2000 politici e di una spesa di circa 150 mln/euro l’anno (spese di rappresentanza escluse, si badi). Ciò significherà inoltre che non ci sarà più bisogno di nuovo personale e quindi di bandire nuovi concorsi con conseguente esborso di denaro pubblico (2,5 mld euro risparmiati), potendo contare su un numero esorbitante di dipendenti provinciali (circa 61.000). La maggiore efficienza delle amministrazioni provinciali produrrà un risparmio di 500 mln e l’abolizione di enti ed agenzie ad esse strumentali produrrà un vantaggio per lo Stato di 1,5 mld di euro l’anno. Non si tratta certamente di bruscolini o di sottigliezze, specialmente in tempi di crisi. Ora toccherà alle Camere avere lo stesso coraggio che da un anno spinge il Governo Monti a salvare il “malato” Italia. L’unico Governo che ha messo in pratica temi cruciali, prima entrati nel dimenticatoio, come l’agenda digitale, la spending review, la riforma della Giustizia, la riforma pensionistica, le riforme istituzionali e non per ultimo la legge anticorruzione. Siamo sulla buona strada. La strada riformatrice di cui tanto ha bisogno la nostra penisola, per anni vituperata da difese di retroguardia e sterili campanilismi che nulla hanno prodotto in questi ultimi decenni, anzi! I mali atavaci non dovranno riprendere il sopravvento e riemergere quando nelle Camere si dovrà approvare il testo del decreto di riforma delle Province.
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Jonathan
Jonathan
11 anni fa

Finalmente le provincie sono state dimezzate, un altro passo verso la vera riforma istituzionale italiana. Certamente ad un governo tecnico che ha da governare non più di due anni, non potevamo chiedere miracoli e di aggiustare tutti gli sbagli che ci hanno attanagliato nell’ultimo ventennio, ma ha fatto fare all’Italia grandi passi in avanti per il recupero della credibilità internazionale ( importantissimo per i mercati e per lo sviluppo del paese, dato che senza risorse un paese non può progredire ) e sul riassetto della burrascosa macchina statale .
Negli ultimi anni le provincie sono diventate un organo superfluo, dove si insediavano scarti della politica per dare degli accontentini a qualche forza politico-sociale, con pochi compitini da svolgere riguardanti per la maggiore settori come caccia, pesca, territorio e viabilità provinciale, compiti che possono essere svolti da organi maggiori, per questo sicuramente era meglio la cancellazione totale delle provincie e lasciare solo le metropoli, ma nessuno chiede tutto e subito.
Per riassumere il taglio delle provincie è un punto fondamentale per migliorare la burocrazia, per portare notevoli risparmi nelle casse statali e per avvalorare ancora di più che questo è un governo dei fatti e non delle parole.



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