postato il 25 Giugno 2013 | in "Economia, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Sull’aumento dell’IVA

5889082-paniere-riempito-con-frutta-fresca-e-ortaggi-640x571Riceviamo e pubblichiamo di Mario Pezzati

La prima cosa da specificare è che questo aumento non riguarda i generi alimentari prima necessità e tutti i beni che hanno IVA agevolata al 4% e che sono ritenuti fondamentali e di prima necessità. Certo l’auto avrà questo aumento, ma mentre il pane o il latte sono imprescindibili, lo stesso non si può dire per l’auto nuova.

Nei giorni precedenti le varie parti politiche e i rappresentanti del governo hanno parlato di questo aumento, e a mio avviso uno dei più chiari è stato il ministro dello Sviluppo Economico Zanonato quando ha affermato: “Non è che non voglio bloccare l’aumento dell’IVA. Dico che è molto difficile trovare le coperture, visto il poco tempo a disposizione”. Ma quanto servirebbe per coprire il mancato aumento dell’IVA? Circa 4 miliardi, ragione per la quale, l’aumento può essere posticipato, ma non evitato.

L’emendamento è stato approvato dal governo Berlusconi il 17 settembre 2011, per rimediare al pareggio di bilancio nel 2013, come da impegni presi con l’Unione Europea. Per questo motivo, al testo della legge venne inserita nell’agenda di governo l’aumento dell’IVA, attraverso una “rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l’accisa” in sostituzione della revisione. A mettere tutto in pratica, Mario Monti, che nel decreto salva-Italia stabilì l’aumento di due punti delle aliquote del 10 e del 21 per cento, dal primo ottobre 2012, e di altro mezzo punto dal 2014, per un importo del valore di 16,4 miliardi a regime dal 2014.
Finora, attraverso i tagli sulla spesa pubblica e altre manovre, nessuno di questi aumenti è scattato, tranne la questione dell’aumento dell’Iva che vale 4,2 miliardi l’anno

Ma davvero non vi sono alternative? Secondo alcuni la soluzione ci sarebbe, ma anche qui impone di trovare risorse non indifferenti: come è stato detto in passato anche qui, la Pubblica Amministrazione ha un debito verso fornitori privati pari a circa 60-80 miliardi di euro, e si sta provando a saldare questo debito; purtroppo la procedura è lenta (anche per non creare tensioni nelle uscite di cassa del Ministero del Tesoro).

Come si lega questo debito all’aumento dell’IVA? Molto semplicemente, se acceleriamo sul pagamento della pubblica amministrazione dei debiti alle imprese e oltre ai 40 miliardi già stanziati, ne rimborsiamo altri 15, otteniamo Iva aggiuntiva per almeno un paio di miliardi.

Questo provvedimento permetterebbe di bloccare l’aumento dell’IVA per tutto quest’anno e forse eliminarlo definitivamente con la legge di stabilità in autunno.

Purtroppo anche questa soluzione non è esente da problemi, e presenta alcuni rischi.

La Ragioneria Generale dello Stato ha già esaminato la questione nella relazione tecnica del decreto sul pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione. Il primo ostacolo da superare è che lo Stato non ha in cassa i 15 miliardi necessari a finanziare questa spesa aggiuntiva, a meno che non si vada sul mercato ed emettere Bot e Btp. Insomma, se è vero che il deficit non aumenta, è vero anche ad aumentare sarebbe il debito. I 40 miliardi già messi in pagamento, costeranno alle casse pubbliche circa 2 miliardi in più di interessi passivi. Il governo ha recuperato le risorse per pagare queste somme dalla contabilità 1778 dell’Agenzia delle Entrate, quella con la quale il Fisco rimborsa ai contribuenti i crediti d’imposta.

La seconda difficoltà è convincere i mercati che l’Italia può ancora indebitarsi senza mettere a rischio la tenuta dei suoi conti. Le tensioni sullo spread stanno tornando, anche alla luce delle recenti dichiarazioni di Bernanke che di fatto ha vanificato in questi giorni l’obbiettivo di portare lo spread sotto quota 200.



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