Come migliorare la legge di stabilità
“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati
La legge “stabilità” del Governo è ottima se andiamo a guardare il principio che vuole imporre all’Italia: maggiore efficienza nella spesa pubblica, tagliare gli sprechi e cercare, mantenendo i saldi invariati, di agevolare le fasce di reddito più basse.
Ovviamente arrivare a questa legge è un percorso lungo e complicato, come è dimostrato dalla dialettica che si è sviluppata in questi giorni tra le varie forze politiche e i vari organismi.
Ad esempio, la corte dei Conti si è dichiarata soddisfatta e metà, segnalando il rischio di ”un deterioramento della tax compliance sia in conseguenza del depotenziamento del contrasto d’interessi prodotto dai tagli a detrazioni e deduzioni di spese in settori ad elevato rischio di evasione, sia per le ricadute negative che la deroga ai principi dello Statuto del contribuente potrebbe produrre sulla trasparenza e sulla lealtà nel rapporto fisco-contribuente”.
Se guardiamo il comunicato della Corte, emerge , da un lato, un giudizio positivo della legge considerando che è orientata ad una politica di bilancio di alleggerimento fiscale, dall’altro vi sono notevoli rischi e incertezze per quanto attiene gli effetti redistributivi e le incoerenze di alcuni interventi, che potrebbe portare ad un aggravio delle imposte locali.
Proprio per questo motivo, l’UDC sta proponendo delle modifiche, come ha fatto rilevare Gian Luca Galletti che ha affermato l’intenzione di ampliare detrazioni e deduzioni “in particolare a beneficio dei nuclei familiari”.
Sempre Galletti ha affermato l’intenzione di “andare anche oltre, cancellando definitivamente le modifiche su oneri deducibili e detraibili e rafforzando i vantaggi per le famiglie” e di cancellare l’aumento dell’iva per le cooperative sociali che rendono servizi alle famiglie.
Ovviamente per realizzare ciò bisogna rispettare le esigenze della copertura finanziaria (quasi due miliardi), ma si può ipotizzare di limitare la riduzione delle aliquote solo al primo scaglione di reddito e lasciare invariata l’aliquota IRPEF al 27% per il secondo scaglione.