postato il 14 Agosto 2014 | in "Esteri"

Quei cristiani eroi di Mosul come i martiri di Otranto

14 agosto 1480. Otranto. 813 cristiani vengono decapitati dagli invasori turchi per aver rifiutato di abiurare la fede cristiana. Agosto 2014. Oltre centomila cristiani iracheni sono perseguitati, uccisi, torturati, crocifissi, scacciati dalle loro case da orde barbariche di terroristi e fanatici. La storia si ripete, l’orrore ritorna, il martirio continua ad essere il destino di chi non vuole rinnegare la propria fede neanche di fronte alla follia violenta del mondo. Quella dei santi martiri di Otranto non è una vecchia leggenda salentina, è una storia di oggi che ha ancora un grande valore di esempio e di attualità.
Lo aveva intuito il grande Giovanni Paolo quando il 5 ottobre 1980 disse: “Non dimentichiamo i martiri dei nostri tempi. Non comportiamoci come se non esistessero”. Un appello che risuona di nuovo oggi, forte e chiaro, per bocca di un altro Papa, Francesco, che nei giorni scorsi ha più volte chiesto di “porre fine a un dramma umanitario in atto e proteggere i minacciati dalla violenza e assicurare aiuti agli sfollati”.
Quando nel 1480 la flotta ottomana che aveva piegato Costantinopoli salpò dall’Albania per conquistare la Puglia poté agire indisturbata perché le grandi potenze occidentali erano distratte dalle loro beghe e rivalità: Venezia, gli aragonesi, la Firenze di Lorenzo il Magnifico, non mossero un dito per soccorrere Otranto, sottovalutando la minaccia. Non riuscivano a concepire l’idea che il sultano abbattuto l’impero bizantino puntasse dritto a conquistare l’Italia e soprattutto Roma, il cuore della cristianità. Non ci furono eserciti francesi o imperiali, lombardi o spagnoli a contrastare la sfida che puntava al cuore dell’Europa. Si rimase indifferenti di fronte alla tragedia di una città lasciata da sola a difendersi con circa cinquecento soldati e una popolazione di seimila abitanti rispetto a un esercito turco di ventimila armati, diverse decine di navi da guerra e molte potenti bocche da cannone, per l’epoca un’arma eccezionale. L’esito era scontato, e nonostante una strenua resistenza gli ottomani conquistarono prima la città bassa e poi la cittadella, perpetrando un massacro senza pari: sembra che siano state sterminate 12 mila persone, compresi gli abitanti della campagna, e altre cinquemila, soprattutto donne e bambini, ridotte in schiavitù. Come accade anche in queste ore in Iraq, dove i jihadisti dopo aver preso il controllo di Mosul sono andati all’attacco delle città della piana di Ninive, alcune abitate da duemila anni solo da cristiani, tutte indifese. Le chiese sono state distrutte, gli antichi manoscritti bruciati, le immagini della madonna ridotte in frantumi, le croci divelte. Nel nord dell’Iraq i miliziani hanno dichiarato che ogni cosa è di proprietà dello Stato islamico, ingiungendo ai sopravvissuti di andarsene, così, in pigiama e senza scarpe, lasciando tutto. Se hanno avuto la fortuna di non essere crocifissi, decapitati o presi in schiavitù. Unica alternativa, la conversione forzata all’islam.
E come ieri anche oggi la comunità dei Paesi liberi è divisa e lacerata da interessi contrastanti, incapace di difendere il vecchio ordine internazionale e ancora di più di determinarne uno nuovo. Non replichiamo la storia: è necessario un intervento umanitario che impedisca il genocidio di un popolo e aiuti i vicini a difendersi da chi, usando in modo improprio la sacralità della religione islamica, la distorce per i propri fini terroristici, determinando una regressione umana e civile della nostra epoca.
Dal nord dell’Iraq è stata spazzata via l’intera comunità cristiana,ridotta a una massa enorme di profughi affamati, choccati, privati di tutto. Di tutto tranne che della loro fede. Come era accaduto ad Otranto. Dove alla fine, dopo la strage, il generale del sultano offrì agli ultimi sopravvissuti la possibilità di convertirsi all’islam e di aver salva la vita. Erano 813, erano pescatori, contadini, artigiani. Gente semplice e ignorante. Li guidava un sarto, Antonio Primaldo, che rispose a nome di tutti: “Crediamo tutti in Gesù Cristo, figlio di Dio, e siamo pronti a morire mille volte per lui”. Vennero decapitati senza pietà. Quando morirono non sapevano che avrebbero avuto fama, che sarebbero stati il seme per far germogliare la ripresa dell’Europa. Otranto sarebbe stata liberata l’anno dopo, e l’invasione del continente e di Roma sarebbe stata sventata. È interessante notare che quegli 813 martiri non hanno un nome, tranne il loro portavoce. Non sono “eroi” celebrati, sono un popolo, una comunità. Che è stata oltraggiata, devastata, sradicata. Ma non ha ceduto. Persone che non hanno nomi propri ma rappresentano la nostra cultura, la nostra civiltà e al contempo ciascuno di noi. Come forse non hanno per noi nomi quei fantasmi indistinti che oggi, in questo momento, vagano violati in tutto alla ricerca di un aiuto nel nord della Mesopotamia. Perseguitati perché sono cristiani come quegli occidentali che invece li stanno ignorando e dimenticando, lasciandoli alla mercé di spietati barbari tagliagole. Oggi cinquecento anni dopo, Otranto si ripete. Otranto è là, in Iraq. Otranto è Mosul, bagnata del sangue dei martiri.
Pier Ferdinando Casini
Presidente della Commissione Esteri del Senato

2 Commenti
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giorgio fabbiani
9 anni fa

Tutte le provocazioni vengono dal demonio. Un gruppo di criminali mussulmani in nome di Dio decidono di perseguitare, uccidere, torturare e crocifiggere i cristiani. Sanno che prima o poi l’ONU interverrà. Ma sono talmente sporchi (dementi) che non si rendono conto che anche se l’intero islam decidesse di entrare in guerra cosa potrebbero fare contro la comunità internazionale? Piuttosto credo che il demonio li stia usando per accendere gli animi e realizzare il suo vero progetto: coinvolgere la Cina e scatenare la terza guerra mondiale.

Giuseppe
Giuseppe
9 anni fa

Dov’era Casini e la classe politica italiana allora al governo quando il popolo, la gente, la comunita’ italiana e non solo chiedevano di evitare la guerra in Iraq?
Probabilmente erano distratti dalle loro beghe di palazzo.
Io mi chiedo chi allora non ha fatto niente per evitare quello ed altri conflitti, che hanno portato a queste situzioni, come oggi possa pensare di trovare soluzioni. Povera Italia e povero Mondo.
Saluti
Giuseppe



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