postato il 29 Novembre 2011 | in "Economia, Giovani, In evidenza, Lavoro e imprese, Riceviamo e pubblichiamo"

Giovani, è ora di cambiare passo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Anna Giunchi

Qualche giorno fa è arrivato un messaggio molto chiaro, a firma del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco: “Il capitale umano e l’investimento in conoscenza rappresentano una variabile chiave nella nostra azione di politica economica”.

“I giovani”, e a pronunciare queste parole è lo stesso Visco: “sono stati i più danneggiati dall’introduzione dell’Euro”. “Non c’è una ricetta per uscire dalla crisi”, conferma lo stesso Visco, “se non quella di ascoltare i giovani, di dare loro concrete speranze”.

I giovani che attualmente si affacciano sul mercato sono infatti esclusi dai benefici della crescita del reddito degli ultimi decenni: non vengono infatti valorizzate le risorse umane, ovvero quegli aspetti di valore racchiusi nella professionalità e nelle competenze del personale operante.

In Italia i differenziali salariali a parità di livello di istruzione non solo sono inferiori a quelli degli altri Paesi, ma coinvolgono in misura maggiore i giovani lavoratori che non gli anziani.

I nostri ragazzi hanno retribuzioni ferme da almeno dieci anni: non vengono valorizzati, insomma, come capitale umano.

La situazione dell’istruzione in Italia è tristemente nota: negli ultimi anni si è investito il 2,4% del Pil in scuola e università, contro il 4,9% degli altri paesi. Nel 2010 in Italia, inoltre, gli insegnanti con meno di 40 anni erano solo il 9%, a differenza del 25% in Germania, del 34% in Francia e dell’oltre 40% del Regno Unito.

Già il Consiglio Europeo di Lisbona, nel 2000, ribadì che la più importante economia dell’Unione Europea sarebbe stata possibile soltanto se l’istruzione e la formazione avessero avuto ruolo preponderante come fattori di crescita economica, nonché di ricerca, innovazione, competitività, sviluppo sostenibile e cittadinanza attiva.

Il contributo dell’istruzione e della formazione alla crescita è stato ampiamente riconosciuto dal Consiglio di Lisbona: le stime suggeriscono che investimenti nell’istruzione e nella formazione producono tassi di ritorno agli individui (ritorno privato) e alla società (ritorno sociale) comparabili all’investimento nel capitale fisico.

La crescente quota di servizi economici, i continui cambiamenti tecnologici, l’aumento di conoscenze/informazioni insite nel valore della produzione, nonché la ristrutturazione socio-economica renderebbero oggettivamente ancor più proficuo un simile investimento.

Un invito, dunque, ad un cambio di passo, verso un’ Europa che non aspetta.

 

 

9 Commenti
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Lorenzo
Lorenzo
12 anni fa

Ma come si fa a parlare di lavoro giovanile quando siamo gli unici nel mondo ad avere ancora gli ordini professionali?
Perché noi studenti italiani di architettura, ingegneria, medicina o giurisprudenza (compreso anche il ramo notarile) una volta laureati non possiamo esercitare il lavoro scelto? Perché dopo anni ed anni di studio un neo-laureato deve trovarsi un lavoro temporaneo nell’attesa di provare a dare l’esame di stato?
e come mai gli esami di stato sono esami “antichi” e non si sono modernizzati?
Porto l’esempio di architettura. A Firenze mediamente ci vogliono 9 anni per laurearsi. L’esame di stato si effettua solamente ogni 6 mesi, dura 8 ore e richiede un lavoro praticamente inutile, ovvero progettare un edificio in ogni sua parte completamente A MANO. L’assurdità, oltre al fatto che un laureato deve fare un notevole sforzo progettuale, sta nel richiedere un progetto completamente a mano visto che i concorsi attuali e gli esami che vengono sostenuti durante gli anni di laurea sono fatti tutti completamente al computer.
E come mai i notai si passano il lavoro da generazioni e non permettono, ad un ragazzo interessato a questo lavoro che però non ha parenti già presenti nel ramo, di poter iniziare una propria carriera?
E come mai i tassisti si passano le licenze da padre a figlio?
Fino a quando non si cambieranno certe regole, o meglio, non si elimineranno completamente TUTTI gli ordini professionali sarà inutile parlare di lavoro giovanile in quanto non è possibile riuscire ad iniziare una propria vita lavorativa e l’unica soluzione rimane far la valigia ed andare in paesi più moderni come la Francia, la Germania o l’Inghilterra, dove almeno la, a chi ha sudato tanto per riuscire a conquistare la laurea viene riconosciuto il diritto di iniziare a professare il lavoro per cui ha studiato.

Anna Giunchi
12 anni fa

Bravo, Lorenzo….la meritocrazia, mera utopia. In Italia è ancora MERA utopia. Il problema della fuga dei cervelli, ad esempio, è dovuto alla scarsità di opportunità lavorative rispecchianti le reali capacità dei laureati migliori, ma non certo ad una disaffezione per il proprio paese. Ai problemi di ricerca pubblica, purtroppo, si sommano problemi inerenti
il livello qualitativo insufficiente dell’industria privata italiana.
Il sistema scolastico italiano, che può contare su insegnanti validissimi e preparati, è in grado di fornire la sostanza necessaria per fare crescere dei cervelli pensanti che, però, non bisogna farsi sfuggire.

rifletto
rifletto
12 anni fa

LORENZO LEGGI QUESTO ARTICOLO, MAGARI TI CHIARISCI LE IDEE.

Il Mondo di venerdì 1° ottobre 2010

Che bello farlo alla francese

BENCHMARK PERCHÉ OLTRALPE CI SONO MENO PROFESSIONISTI RISPETTO ALL’ITALIA

Gli avvocati equivalgono al 25% dei nostri 220 mila iscritti all’albo. Ma le mansioni minori vengono gestite da chi ha la laurea triennale. Gli architetti si fermano a 30 mila. Invece i notai… I commercialisti sono un decimo di quelli attivi nella Penisola grazie a tasse più semplici.
Ogni volta che si alza la polemica sull’eccessivo numero di avvocati in Italia, con i suoi 220 mila iscritti all’albo, è la Francia che viene utilizzata come Paese Eden: appena 47 mila professionisti e lavoro per tutti. Lo stesso accade con i commercialisti e gli architetti: 17 mila contro 110 mila, e 30 mila contro 145 mila. E questo nonostante la Francia abbia più abitanti. Non solo: il funzionamento degli ordini professionali è preso a esempio perché ritenuto più efficiente e meno autoreferenziale. Ma come funzionano le cose nel Paese cugino?
UN ESERCITO DI TOGHE Se gli avvocati sono meno del 25% di quelli italiani è perché in Francia, oltre alle toghe ordinarie, ci sono i professionisti (con laurea triennale) abilitati a svolgere solo una fascia di mansioni giudiziarie considerate minori e i cassazionisti che lavorano con le giurisdizioni superiori. Dei 47 mila avvocati ordinari, oltre la metà fa riferimento alla corte giudiziaria di Parigi, mentre gli ordini locali a cui sono iscritti i legali transalpini sono in tutto 182. Si tratta di enti autonomi che stabiliscono le regole professionali, vigilati dalle corti di appello e dalla Cassazione. In Francia la selezione si fa all’inizio. Per iscriversi all’albo, dopo la laurea, esistono infatti percorsi di studio regionali nelle università e test d’ingresso per accedere a corsi di 18 mesi, che avviano all’esame di Stato. Le scuole di formazione (con tirocinio) sono gestite non dagli ordini, ma da magistrati, docenti universitari e legali estranei ai consigli forensi.
Anche il Consiglio nazionale degli avvocati, istituito solo nel 1992, non è formato da soli esponenti degli ordini locali, ma anche da toghe senza incarichi elettivi. Inoltre, non accentra poteri regolatori come accade in Italia. Commenta Ester Perifano, segretario dell’Associazione nazionale forense: «In Francia sono più selettivi, democratici e indipendenti». E i commercialisti? Il loro numero contenuto è spiegabile con la minore difficoltà ad affrontare le pratiche fiscali (gran parte delle dichiarazioni dei redditi è sbrigata direttamente dai cittadini) e ad alcune esclusive professionali che tagliano fuori la potenziale concorrenza di altri consulenti. In Italia, invece, i commercialisti non godono di riserve e il mercato tributario e di consulenza d’impresa è condiviso con altre categorie limitrofe. «Tutto questo fa sì che i colleghi francesi guadagnino bene», dice Luigi Carunchio, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, «mentre qui da noi in tanti devono arrangiarsi».
ROGITI A GOGO Ma non tutte le categorie a Parigi e dintorni risultano numericamente inferiori. Fanno eccezione i notai: in Italia sono circa 4.600, in Francia oltre 8 mila. In entrambi i Paesi vige il numero programmato e la massima selezione all’ingresso. Tuttavia, i notai francesi non devono superare un concorso finale, ma una selezione iniziale a livello universitario. Dopodiché, una volta dotati di titolo, hanno un raggio di azione lavorativa più ampio e partecipano maggiormente alla gestione delle operazioni societarie e immobiliari. Per iniziare il mestiere, in Francia, dove sono diffusi gli studi associati, i nuovi notai si trovano in una situazione simile a quella che in Italia c’è per i farmacisti: o si diventa soci di un notaio già dotato di studio, o si compra direttamente la licenza per operare. (F.Stef.)

Lorenzo
Lorenzo
12 anni fa

Ho vissuto un anno a Parigi e mi sono accorto della differenza che c’è tra noi e loro. A luglio ho avuto la possibilità di veder pubblicato un mio articolo su questo stesso blog, e se hai un minuto ti consiglio di darci un’occhiata così capisci ciò che penso della differenza tra Italia e Francia.
https://www.pierferdinandocasini.it/2011/07/27/formazione-e-merito-la-mia-esperienza-fra-italia-e-francia/

un.libero.professionista
un.libero.professionista
12 anni fa

viste da fuori le cose spesso appaiono come non sono. IO sono un geometra libero professionista, iscritto albo e cassa da 38 anni, ho appena compiuto 60 anni. lavoro da solo senza dipendenti, ne collaboratori. Posso assicurarti che non ne posso più. Ora la sig.ra Fornero vuole abolire le casse autonome (in attivo) e metterci nel calderone dell’Inps per farci pagare il 33% del reddito per la pensione, oltre all’irpef, irap, add. regionali e comunali ed iva da versare.
Insomma, per un libero professionsita onesto, vuol dire lavorare 6 mesi minimo all’anno per le spese, le tasse ed i contributi ed il resto per la famiglia. Tu dirai, ma sicuramenti evadi le tasse !! Molti lo fanno, sono d’accordo con te, ma solo chi ha redditi alti. Se lavori onestamente (dimentati le tariffe professionali) ci sono gli studi di settore e (almeno qui nel Piemonte) se non dichiari almeno 2500 E. al mese di imponibile netto, non sei congruo e scatta l’accertamento, anzi mi pare che ora parta direttamente la cartella esattoriale con i maggiori oneri da pagare. Quindi, almeno io, per cercare di stare entro questi limiti, visto che le fatture non me le posso inventare, da anni ormai non scalo più nessuna spesa, così a fatica se c’è lavoro sono più o meno congruo.
Il problema è che siamo troppi. Non solo geometri, ma anche architetti, ingegneri, etc. Ma se non ci sono nuovi iscritti le casse vanno in rosso e aumentanbo i contributi, diminuendo le prestazioni. A proposito, per i geomtri è applicato il contributivo già dal 2006. Per chi va in pensione prima di aver maturato 65 anni o 40 di contributi ci sono penalizzazioni cha partono da circa il 40 % in meno, per chi chiede la anzianità con 58/35. Quindi, se è stato sempre onesto, può prendere 500/600 euro al mese lorde. Ti ricordo che, per il 2012 la cassa geom. ha stabilito che, indipendentemente dal reddito, si devono pagare circa 3500 E. di contributi minimi a ruolo esattoriale. Più la differenza dovuta, per redditi lordi oltre i 22/23000 E. in su, calcolati in percentuale. Non è poco, credimi di questi tempi. Ultima cosa. L’edilizia privata è in agonia. Nel mio comune, un ricco comune della prov. di To, c’è rimasta una gru in piedi (lo dice l’assessore) e tanti tanti cartelli vendesi. Non so davvero cosa succederà per il futuro. Davvero ci tieni cosi tanto a fare il professionista ?? Potesi tornare indietro, avrei fatto l’impiegato. sarei già in pensione con almeno 1500 e. al mese, invece di fare molta fatica ad arrivarci con il lavoro ………. e senza sapere sino a quando occorrerà andare avanti………… tarslasico le responsabilità civili e sopratutto penali che ci sono nello svolgmento della professione.
tanti auguri Lorenzo.

Anna Giunchi
12 anni fa

Verissimo quello che dici…in italia siamo strapieni di medici, geometri, ingegneri, avvocati…Un numero massivo rispetto alla richiesta, ma sono necessarie le iscrizioni annuali all’albo, per la sopravvivenza degli ordini…
Secondo gli ultimi rapporti OCSE, dal 2008, l’Italia ha il più alto numero AL MONDO di medici per abitanti…di contro c’è una carenza sostanziale di infermieri!

un.libero.professionista
un.libero.professionista
12 anni fa

Viste da fuori le cose spesso appaiono come non sono. IO sono un geometra libero professionista, iscritto albo e cassa da 38 anni, ho appena compiuto 60 anni. Lavoro da solo senza dipendenti, ne collaboratori. Posso assicurarti che non ne posso più. Ora la sig.ra Fornero vuole abolire le casse autonome (in attivo) e metterci nel calderone dell’Inps per farci pagare il 33% del reddito per la pensione, oltre all’irpef, irap, add. regionali e comunali ed iva da versare.
Insomma, per un libero professionsita onesto, vuol dire lavorare 6 mesi minimo all’anno per le spese, le tasse ed i contributi ed il resto per la famiglia. Tu dirai, ma sicuramenti evadi le tasse !! Molti lo fanno, sono d’accordo con te, ma solo chi ha redditi alti. Se lavori onestamente (dimenticati le tariffe professionali) ci sono gli studi di settore e (almeno qui nel Piemonte) se non dichiari almeno 2500 E. al mese di imponibile netto, non sei congruo e scatta l’accertamento, anzi mi pare che ora parta direttamente la cartella esattoriale con i maggiori oneri da pagare. Quindi, almeno io, per cercare di stare entro questi limiti, visto che le fatture non me le posso inventare, da anni ormai non scalo più nessuna spesa, così a fatica se c’è lavoro sono più o meno congruo.
Il problema è che siamo troppi. Non solo geometri, ma anche architetti, ingegneri, etc. Ma se non ci sono nuovi iscritti le casse vanno in rosso e aumentanbo i contributi, diminuendo le prestazioni. A proposito, per i geomtri è applicato il contributivo già dal 2006. Per chi va in pensione prima di aver maturato 65 anni o 40 di contributi ci sono penalizzazioni cha partono da circa il 40 % in meno, per chi chiede la anzianità con 58/35. Quindi, se è stato sempre onesto, può prendere 500/600 euro al mese lorde. Ti ricordo che, per il 2012 la cassa geom. ha stabilito che, indipendentemente dal reddito, si devono pagare circa 3500 E. di contributi minimi a ruolo esattoriale. Più la differenza dovuta, per redditi lordi oltre i 22/23000 E. in su, calcolati in percentuale. Non è poco, credimi di questi tempi. Ultima cosa. L’edilizia privata è in agonia. Nel mio comune, un ricco comune della prov. di To, c’è rimasta una gru in piedi (lo dice l’assessore) e tanti tanti cartelli “vendesi” in giro. Non so davvero cosa succederà per il futuro. Davvero ci tieni cosi tanto a fare il professionista ?? Potessi tornare indietro, avrei fatto l’impiegato. Sarei già in pensione con almeno 1500 e. al mese, invece di fare molta fatica ad arrivarci con il lavoro ………. e senza sapere sino a quando occorrerà andare avanti………… Tralascio le responsabilità civili e sopratutto penali che ci sono nello svolgimento della professione, ne delle leggi sempre più assurde ed impraticabili che ci piovono sula testa ogni giorno. Tanti auguri Lorenzo.

P.S.. : mi sono dimenticato di dirti, ma lo saprai di certo, che i liberi professionisti non hanno ferie, tredicesima, liquidazione, ma sopratutto in caso di malattia non hanno nessuna indennità o diaria giornaliera che dir si voglia. Quindi chi si ammala non lavora e, se non lavora, non guadagna, non credo sia così belLa come situazione. Ci sono le polizze private, ma hanno un costo notevole, e sopratuto pagano uNa volta sola, poi di buttano fuori !! Io sono stato abbastanza fortunato in questo senso, ma dovendo proseguire la professione sino in tarda età, grazie alla mia simpaticissima conterranea signora Fornero (lei si, super, straprivilegiata), le incognite per il futuro non sono poche.

Lorenzo
Lorenzo
12 anni fa

Il vero peoblema dell’italia è la mancanza di meritocrazia, che la si potrebbe avere anche liberalizzando il mercato e quindi abolendo gli ordini (perchè così si è liberi di scegliere chi é il migliore sul mercato) e, come hai detto tu l’evasione fiscale. Dobbiamo cambiare mentalità per raggiungere l’obiettivo di diminuire l’evasione; dobbiamo iniziare a denunciare chi evade le tasse, in ogni settore, senza però avere la paura di essere tacciato di “vigliaccheria” o peggio ancora esser visto come un infame.
Se tutti pagassimo le tasse sicuramente non risolveremmo tutti i problemi che abbiamo ma per lo meno inizieremmo un nuovo cammino verso un paese migliore.

x.lorenzo
x.lorenzo
12 anni fa

caro lorenzo
sono d’accordo che nella società moderna la meritocrazia spesso non sia il criterio con cui si viene giudicati, o solo in minima parte. Io sono nipote di un mezzadro, figlio di un operaio ed una casalinga e penso di poter parlare con cognizione di causa.
Solo ed esclusivamente nel mondo delle libere professioni esiste la vera meritocrazia (non certo in politica). Infatti per iniziare devi superare un esame di fronte ad una commissione (di futuri colleghi e prof.) per dimostrare di avere le minime conoscenze di base. Credimi l’ho già fatto io nel lontano 1974, dopo quasi due anni di tirocinio presso un professionista per “imparare il mestiere” come si diceva allora ai garzoni di bottega. POi per sopravvivere, farti un nome, trovare clienti, svolgere il lavoro (qualunque esso sia) devi impegnarti davvero molto, non guardare al guagagno al tempo che impieghi, ai sacrifici che devi fare, ai sabati ed alle domeniche: Devi pensare solo a raggiungere il risultato che il cliente si aspetta dal tuo lavoro.
Solo così riesci a resistere sul mercato per decenni, a dare qualcosa al tuo paese pagando le tasse, i contributi, investendo i frutti del tuo lavoro ed avere qualche piccola soddisfazione, almeno morale.
Se non hai voglia non c’è la fai, lo studio lo chiudi dopo poco e ci rimetti pure i soldi che servono per iniziare.
Unico neo, anche (o forse sopratutto) nelle libere professioni avere amicizie importanti, una tessera di partito in tasca, un funzionario pubblico amico nel posto giusto, serve molto. L’ho pserimentato sulla mia pelle. Solo così,e mi riferisco al mio ambtio professionale (progettazione, etcc..), riesci ad avere qualche incarico pubblico più o meno ben remunerato e qualche porta che si apre in automatico. Io ho fatto molta fatica, ma non mi sono mai piegato a questa logica, non sono mai salito sul carro di nessuno per poter pensare sempre con la mia testa ed essere un uomo libero. Ne ho mai ho proposto contropartite in cambio di aiuti, di agevolazioni o di favori (nessuno li fa gratis).
Ma tu, in questo senso credo che sarai favorito, molto più di me, perchè immagino che la tessera dell’UDC c’è l’hai già in tasca. Ovviamente alla faccia della VERA meritocrazia,che, come la parola equità è sulla bocca di tutti spesso a sproposito.
La morale è, lacrime e sangue per tutti, ma basta che a pagare siano sopratutto gli altri: Vedi le reazioni dei politici che rischiano di perdere uno dei mille priviligi e si sono già scatenati (nel retrobottega). Ciò che uscirà dalla porta, rientrerà di sicuro dalal finestra e non c’è lo diranno neppure !!!!!



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