postato il 16 Febbraio 2014 | in "Politica"

Casini: Il governo non è uno spot serve un patto senza ombre

Tre le priorità: economia, lavoro, fìsco. Inaccettabile se l’esecutivo si sposta a sinistra, con Ned e Popolari lavoriamo per il Ppe in Italia

L’intervista pubblicata sul Messaggero di Carlo Fusi

Veniamo subito al sodo. Chissà se anche Pier Ferdinando Casini pensa, come fa Angelino Alfano, che il governo Renzi abbia solo il 50 per cento di possibilità di riuscire. «Rispondo. La vicenda della crisi è stata degna della pagine meno edificanti della prima Repubblica. Per cui onore a Letta: scaricare su di lui le presunte inefficienze del governo è una grande falsificazione della realtà. Diciamo la verità: il suo grande errore è maturato nel congresso del Pd quando ha totalmente confidato nei nuovi equilibri del partito. Ma voltata una pagina, la si è voltata per intero. Tuttavia Letta non rimarrà troppo in panchina».

Le chiedevo del presumibile governo Renzi.
«Bisogna capire il passo che riuscirà ad imprimere e la tipologia di coalizione che intende varare. E’ chiaro che le forze centriste e moderate non possono assistere ad una trasformazione della natura del governo verso sinistra».

Secondo lei quale piega deve prendere la soluzione della crisi?
«Mi piacerebbe una piega alla tedesca. Loro che se lo possono permettere hanno aspettato 55 giorni; io penso che qui da noi si possono aspettare 5 giorni per realizzare un accordo preciso, circostanziato e limpido. Questo è l’unico modo per evitare di sottoscrivere una intera frettolosa che naufraga e porta alle elezioni dietro l’angolo. Noi possiamo vincolarci al governo solo sulla base di un programma preciso, del tipo che non si rimette in discussione il giorno dopo, e che si fonda su tre priorità: economia, lavoro e fisco».

Anche lei tira fuori la storia delle elezioni anticipate. Ma non era proprio lei a dire che le elezioni anticipate sarebbero una sciagura?
«Le elezioni sono un danno: era il mio pensiero di ieri, rimane il mio pensiero di oggi. Però ci vuole chiarezza. Renzi ha le armi per minacciare una classe politica impaurita dicendo: o mangiate la mia ministra o si va a votare. Poiché la classe politica impaurita non vuole andare a votare, molti sono tentati di mangiare la ministra. Io che ho un pò più di esperienza di altri, dico che nessuno può imporci di accettare contraddizioni e perciò costringerci a mangiare una minestra che non ci piace. Perchè a votare ci si va con il Consultellum, senza doppio turno, e perciò la minaccia di Renzi è un’arma spuntata».

Ma insomma a suo avviso qual è il principale errore che Renzi deve evitare?
«Ritenere che il governo del Paese sia un continuo di fuochi di artificio e di spot. Questo cliché purtroppo l’abbiamo già visto, come abbiamo visto i roghi dalle leggi bruciate da Calderoli. E non sono stati spettacoli positivi per il Paese».

Senatore, quello che nascerà sarà un governo privo dell’ombrello del Quirinale che invece ha coperto in tante occasioni Letta. Per Renzi è un vantaggio o uno svantaggio?
«Premesso che il presidente Napolitano è un geloso custode delle norme costituzionali e che sia il governo Monti che quello Letta sono stati votati dal Parlamento, non c’è dubbio che l’assunzione in prima persona da parte del leader del Pd della premiership sgrava il capo dello Stato della supplenza che ha dovuto esercitare. Forza o debolezza? Nella fisiologia istituzionale dovrebbe essere la normalità. Ma se Napolitano ha esercitato una moral suasion è stato per evitare guai all’Italia, non certo per provocarli. I timidi ma realisti miglioramenti dell’economia ci dicono che quella supplenza è stata la benvenuta».

E i nuovi ministri a quale criterio devono obbedire? Renzi si gioca parecchio sui volti della sua squadra…
«Deve individuare gente competente e seria. Del dilettantismo e del pressappochismo non sappiamo che farcene. Ok alle esigenze di rinnovamento che giustamente anche l’opinione pubblica reclama, ma niente concessioni all’immagine. Contano più la professionalità e la conoscenza che il bel volto».

Ma insomma alla fine lei la fiducia la voterà o asseconderà la posizione di Berlusconi?
«Premesso che se il governo Renzi avrà alcuni specifici requisiti lo voterò altrimenti no, proprio quello che dice lei mi preme sottolineare. C’è stata una gigantesca campagna di falsificazione costruita sul titolo di una mia intervista».

Sicuro che solo da un titolo di giornale possa discendere una affiliazione politica? O non c’è qualcosa di più concreto che lei non ammette?
«Io non devo ammettere o smentire alcunché. La mia opinione è che con la nuova legge elettorale che si prospetta e con Grillo al 25 per cento è necessario pensare in Italia alla costruzione di un’area imperniata sul Ppe che fronteggia un’area imperniata sul Pse. Un percorso difficile e lungo, che poggia sul fatto che ognuno di noi è convinto della validità delle scelte fin qui fatte. Tuttavia il terreno da arare è quello. Ogni evocazione di ritorno da Berlusconi, di vitello grasso o cose simili lascia il tempo che trova. Assieme a Ncd e ai Popolari per l’Italia noi lavoriamo, nel perimetro dell’attuale maggioranza, per la prospettiva che le ho detto».

Sì, ma nell’attesa con Berlusconi ci parla o i rapporti sono chiusi?
«Se è riuscito Renzi a dimostrare di non essere afflitto dal morbo di Berlusconi incontrandolo e sfidando ogni critica nel suo schieramento, non possiamo certo essere noi a restare prigionieri della sindrome berlusconiana e non pensare più a fare il Ppe italiano perché c’è lui».

E l’idea di un governo di legislatura le piace?
«Un governo dura se fa le cose che deve fare. Il resto sono chiacchiere».



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