Venezuela: Italia batta un colpo, Moavero scelga posizione Paesi liberi
Governo stia a fianco Guaidó e Parlamento venezuelano
Signor Presidente,
anzitutto vorrei cominciare questo breve intervento mandando un pensiero affettuoso e sincero, spero rappresentativo di tutto il Parlamento, agli italiani che stanno in Venezuela e che in questo momento soffrono pesantemente le conseguenze di una situazione che si protrae da diversi anni.
Onorevoli colleghi, credo che tutti abbiamo assistito con apprensione a quello che sta capitando in Venezuela. Io vorrei dire una cosa in premessa. Sul Venezuela la politica italiana negli anni passati si è divisa pesantemente: del Venezuela abbiamo dato giudizi diversi; storicamente del chavismo sono stati dati giudizi diversi. Ma oggi non è il momento di riaprire la pagina delle discussioni storico-politiche. Oggi è il momento di guardare in faccia la realtà e di vedere come uno dei Paesi che negli anni Settanta erano tra i più ricchi del mondo, ai vertici di tutte le statistiche mondiali, oggi si è ridotto ad un Paese in cui un decimo della popolazione è scappata; il 90 per cento vive sotto i livelli di dignità; i bambini in gran parte non vanno più a scuola, ma li trovate accanto ai bidoni della spazzatura per cercare per le loro famiglie qualcosa da mangiare; il cibo è razionato; la produzione petrolifera è scesa da 3 milioni di barili a 900.000, e probabilmente nei prossimi mesi si arresterà, per la semplice ragione che non sono state adeguate le attrezzature in tutti questi anni, pertanto anche l’unica risorsa che il Paese ha si sta inaridendo.
Davanti a questa situazione, colleghi, voi sapete benissimo che negli anni scorsi sono intervenute autorità internazionali, dall’ONU all’Organizzazione degli Stati americani, dal Mercosur a quella che è la principale risorsa spirituale del Venezuela, ossia la Chiesa cattolica e la Conferenza episcopale. Non solo. Il Santo Padre, Papa Francesco, e il Vaticano sono intervenuti più volte per cercare anche di proporsi – poiché avevano il consenso di tutti, del regime e dell’opposizione – come elemento di dialogo politico.
Io ricordo ai colleghi – molti di voi sono arrivati un anno fa – che un anno e mezzo fa il Senato approvò a larghissima maggioranza una mozione e il Governo espresse parere favorevole su di essa. Vi faccio solo notare che, allora, il Ministro degli affari esteri venne in quest’Aula a ricordarci come i nostri connazionali volessero medicinali; alcuni nostri funzionari dell’ambasciata avevano avuto congiunti morti per malattie abbastanza banali e non c’erano medicinali. Ma davanti alla richiesta delle autorità italiane di fare arrivare i medicinali alla nostra comunità, il Ministro degli esteri venezuelano aveva detto al nostro Ministro degli esteri che in Venezuela le cose andavano bene; che dei medicinali non ce n’era bisogno; che se avessimo avuto bisogno di medicinali per i nostri connazionali, li avrebbero forniti loro; e che avremmo dovuto solo dare un elenco.
La nostra diplomazia, prima il presidente Gentiloni quando era Ministro degli esteri, e poi il ministro Alfano si sono umiliati – ma hanno fatto bene, non potevano fare altrimenti – addirittura a fornire l’elenco dei medicinali e delle persone. Ebbene, tutto questo naturalmente non ha prodotto nulla, perché era una scusa per non accettare medicinali dall’estero.
Vi dico di più. C’è stata la proposta della Chiesa di ergersi a mediazione, ma si chiedeva la liberazione dei prigionieri politici e il ripristino delle tappe elettorali, le elezioni liberamente convocate. Ebbene, tutto questo ha prodotto un muro di diniego, al punto che il Santo Padre e la Chiesa cattolica si sono ritirati rispetto a qualsiasi ipotesi di lavoro, perché non c’era la possibilità di fare alcun lavoro.
In questi ultimi giorni la situazione è degenerata, è stata istituita un’assemblea costituente priva di basi giuridiche.
Colleghi, noi siamo il Parlamento. Noi siamo il Senato della Repubblica italiana di uno dei Paesi più democratici del mondo, seppur con tutti i limiti che troviamo per il nostro Paese coi nostri dibattiti fra maggioranza e opposizione che, alla luce di quello che capita in Venezuela, sono esempi straordinari di palestra democratica. L’unica istituzione venezuelana legittimata democraticamente è il Parlamento di quel Paese. Ma i parlamentari sono stati privati dello stipendio, al Parlamento è stato addirittura blindato l’accesso, è stata tolta l’elettricità e tutto quello che consentiva a quel Parlamento di funzionare è stato paralizzato.
Nonostante questo, i nostri colleghi hanno continuato – nell’ isolamento internazionale – fino ad arrivare alla giornata di ieri che è una giornata storica per il Venezuela. Però, tutti noi – se crediamo al valore di quella parola che significa democrazia – non possiamo far finta di non vedere quello che sta capitando, non possiamo nasconderci ancora una volta nelle frasi della diplomazia astrusa. Noi dobbiamo prendere posizione. Non si può dire né con gli uni, né con gli altri, è troppo semplice.
Lasciamo perdere gli Stati Uniti perché qualcuno la potrebbe mettere sull’ideologico. Guardiamo l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), guardiamo il Brasile di Bolsonaro, guardiamo l’Argentina, la Colombia, l’Ecuador che storicamente non è certo allineato con il fronte dei conservatori. Bene, tutti questi Paesi compreso il Canada hanno riconosciuto la legittimità istituzionale e politica di chi si è autoproclamato non presidente dello Stato: Guaidò ha offerto semplicemente il suo mandato come presidente a tempo per cercare di favorire un processo democratico e uscire da questo incubo su cui il primo e unico attore è Maduro che continua a rappresentare il Venezuela come un Paese in piena normalità.
Colleghi, io credo che l’Italia debba battere un colpo, lo deve battere in nome e per conto di questi connazionali – che io ho visto due anni fa a Caracas – e che soffrono pesantemente: molti di questi sono scappati, ma molti hanno le loro attività e le loro famiglie lì. E noi non possiamo non battere un colpo e io chiedo, in queste ore, – lo chiedo come membro del Senato, come partecipe della vita democratica di questa istituzione e come italiano – al ministro degli Esteri di esprimersi, di evitare di prendere tempo e di collocare l’Italia sulla posizione della comunità dei Paesi liberi che si stanno esprimendo in queste ore a partire dai Paesi dell’Unione Europea.
So che possono esserci divisioni, ma lo dico ai colleghi che stanno al governo e che hanno tutto il mio rispetto perché non sono usurpatori, sono al governo perché hanno preso il voto degli italiani. Io mi posso contrapporre a loro ma li devo rispettare. E io chiedo a loro, che sono interpreti primari perché maggioranza ed espressione della volontà popolare, di essere in questo momento a fianco della comunità degli uomini e delle donne libere di questo mondo e di essere a fianco di Guaidò, del Presidente del Parlamento del Venezuela, in questo trapasso drammatico per questo Paese.
Viva l’Italia e viva il Venezuela!