postato il 17 Agosto 2021 | in "Esteri, Politica, Rassegna stampa"

Afghanistan: Sono scene vergognose ed è anche colpa nostra. Tradita ogni promessa

L’intervista di Francesco Malfetano pubblicata sul Messaggero

«Ciò che sta capitando in Afghanistan è una vergogna mondiale, in particolare per l’Occidente. E una fetta di responsabilità, certo non preminente, è anche nostra. Non possiamo far finta che non sia così. Per che cosa abbiamo partecipato a questa coalizione? Per questo epilogo? No di certo». Non usa mezze misure Pierferdinando Casini, protagonista della storia della Democrazia Cristiana e oggi senatore di Per le Autonomie, che vede negli sviluppi drammatici della situazione a Kabul, con i talebani ormai al potere, la fine di un’epoca.

Presidente Casini, le immagini delle ultime ore mostrano cittadini in fuga, disperati al punto da attaccarsi ai carrelli degli aerei sperando di riuscire a scappare. Sono video che non avremmo mai voluto vedere. Al netto della tragedia, cosa rappresentano quelle immagini?
«Davanti a quei video la domanda vera che purtroppo dobbiamo porci è ha ancora un senso parlare di Occidente? L’Afghanistan e questo epilogo a me sembra abbiano liquidato il concetto stesso di Occidente, con tutti i suoi valori e i suoi sistemi. Siamo moralmente responsabili delle immagini che vediamo. Quella gente ha creduto che fosse possibile quello che noi abbiamo affermato e cioè che le donne potessero determinare il proprio futuro, potessero studiare, che i matrimoni combinati non fossero più all’ordine del giorno, che ciascuno fosse padrone del proprio corpo che non potesse essere usato a piacimento dei peggiori e più bestiali istinti, che la gente potesse votare. Abbiamo tradito tutto questo. Prima la scelta di Trump di negoziare a Doha con i talebani ponendo la premessa per la delegittimazione dei governi faticosamente costruiti, e poi l’attuazione di quella politica compiuta da Biden in queste settimane, getta un’onta di vergogna su tutti noi. Italia compresa. Non possiamo far finta che una fetta di responsabilità non sia nostra. Siamo stati parte di queste coalizioni».

L’aver liquidato il concetto stesso di Occidente ci pone di fronte a una riflessione profonda. Il G20 di Roma che si terrà in autunno può essere la prima pietra da cui ripartire?
«La sconfitta del nostro sistema ci obbliga a ridisegnare le fondamenta: dobbiamo capire se ha senso ancora parlare dell’Occidente e in che termini. Dobbiamo riflettere in termini sistemici. Non si tratta di una riunione o due, ma di qualcosa di molto più profondo che coinvolga governi, parlamenti, istituzioni, cittadini, mondo della cultura. Ormai è chiaro che l’Occidente nato 70 anni fa dopo la Seconda Guerra mondiale con gli Usa come principali azionisti, di fatto è superato. C’è un mondo da ripensare».

È fallito un modello in pratica.
«Sono sempre stato convinto che l’esportazione della democrazia nei termini in cui George W. Bush l’aveva immaginata fosse impossibile. Sulla carta poteva anche essere positiva, ma nella realtà dei fatti si scontra con culture, storie e religioni antitetiche alle nostre che fanno resistenza. E questo è uno dei concetti su cui riflettere anche per evitare di addentrarci in futuro in situazioni simili. Penso alla Libia, guai a credere che la democrazia che lì si può applicare è quella di Westminster. In più mi lasci dire una cosa».

Prego.
«La scelta di andare via negli ultimi giorni è stata presa esclusivamente dagli americani. Gli altri poi si sono accodati, giustamente, ma non hanno avuto voce in capitolo. Una coalizione non dovrebbe funzionare così».

Non commettere gli stessi errori dicevamo, ma per lei qual è stato il passo falso principale commesso una volta sul campo?
«Ci siamo affidati a governi corrotti. Cosa si è dimostrato in queste ore? Che nessuno è disponibile a morire per i governanti che l’Occidente aveva considerato credibili. È lampante. Tanto che i signori della guerra che abbiamo tollerato permettendogli di arricchirsi nell’ombra con il commercio di oppio e droghe, sono stati i primi a scappare senza combattere. Il popolo afghano non si è riconosciuto nella struttura che abbiamo costruito. Poi naturalmente ci sono stati lampi di luce. Pensiamo alle ragazze afghane che si sono emancipate e hanno studiato, ai diritti dei minori rispettati, alle file di migliaia di cittadini davanti ai seggi elettorali. Purtroppo però sono state solo illusioni per noi e per loro».



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