postato il 10 Ottobre 2010 | in "Esteri, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Ricordiamoci della nostra missione in Afghanistan tutti i giorni dell’anno

afghanistan-in pattuglia di ivmontisAlle Famiglie delle Vittime, al 7o Reggimento Alpini va il nostro cordoglio.

Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai,
su ogni balza delle Alpi ove la provvidenza
ci ha posto a baluardo fedele delle nostre
contrade, noi, purificati dal dovere
pericolosamente compiuto,
eleviamo l’animo a Te, o Signore, che proteggi
le nostre mamme, le nostre spose,
i nostri figli e fratelli lontani, e
ci aiuti ad essere degni delle glorie
dei nostri avi.
Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi,
salva noi, armati come siamo di fede e di amore.
Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della
tormenta, dall’impeto della valanga,
fa che il nostro piede posi sicuro
sulle creste vertiginose, su le diritte pareti,
oltre i crepacci insidiosi,
rendi forti le nostre armi contro chiunque
minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera,
la nostra millenaria civiltà cristiana.
E Tu, Madre di Dio, candida più della neve,
Tu che hai conosciuto e raccolto
ogni sofferenza e ogni sacrificio
di tutti gli Alpini caduti,
tu che conosci e raccogli ogni anelito
e ogni speranza
di tutti gli Alpini vivi ed in armi.
Tu benedici e sorridi ai nostri Battaglioni
e ai nostri Gruppi.
Così sia.”

Oggi è un giorno di lutto.

Nell’adempimento del proprio dovere il nostro contingente ha perso quattro alpini. Le vittime sono i primi caporalmaggiori Francesco Vannozzi, Gianmarco Manca, Sebastiano Ville ed il caporalmaggiore Marco Pedone. Un quinto alpino è rimasto ferito: si tratta del caporalmaggiore scelto Luca Cornacchia; per fortuna non è in pericolo di vita. E’ l’ennesima tragedia che si consuma in Afghanistan ai danni dei nostri militari, la più grave per numero di vittime dal Settembre 2009, quando rimasero sul campo sei italiani.

L’agguato è avvenuto in una delle zone più turbolente del paese, nel distretto del Gulistan. I militari stavano scortando un convoglio composto da circa settanta camion quando, alle 9.45 locali (7.45 ora di Roma), il convoglio è stato attaccato con armi leggere da un gruppo di guerriglieri talebani. Nel deviare dalla strada in cui era in corso l’imboscata per cercare di disingaggiare il nemico, il mezzo su cui viaggiavano i militari è stato investito da una terribile esplosione, che ha letteralmente disintegrato il blindato. L’attacco è stato quindi respinto ed i talebani costretti alla fuga.

Non è chiaro che tipo di ordigno sia stato utilizzato per l’attacco. Si penserebbe ad uno “Ied” (improvised explosive device – un ordigno improvvisato nascosto ai bordi della strada). L’ipotesi non è scontata, poiché i blindati Lince erano stati modificati e pesantemente corazzati dopo gli attacchi subiti negli anni passati che ne avevano messo in luce la vulnerabilità ad attacchi provenienti da sotto di essi. In tal caso si sarebbe trattato di un ordigno a pressione od con innesco mediante cavo, in quanto i nostri mezzi sono dotati di disturbatori radio, che conteneva almeno cento kilogrammi di esplosivo.

Si fa strada un’altra ipotesi, ben peggiore. Si potrebbe infatti pensare anche ad un altro tipo di esplosivo, a carica cava, con una maggiore capacità di penetrazione laterale. Questo tipo di bombe, conosciute con l’acronimo “Efp” (explosively formed projectile) non sarebbero di fabbricazione talebana. E’ richiesto infatti un grado di tecnologia di cui i guerriglieri non dispongono; è possibile quindi che questi ordigni siano prodotti in Iran.

Divampano le polemiche in Patria per l’accaduto. Si torna a gran voce a chiedere il disimpegno immediato dei nostri militari, in particolar modo da parte di esponenti dell’Italia dei Valori e di Sinistra Ecologia e Libertà. Il Ministro della Difesa La Russa chiederà al Parlamento la possibilità di inviare più elicotteri per alleggerire la presenza di convogli terrestri e di munire i nostri aerei AMX di bombe.

Il governo si affretta a ricordare i termini dell’impegno, che scadranno nel 2011, per cercare di placare una opinione pubblica sempre più insofferente.

La partita nello scacchiere si è terribilmente complicata dal 2001 ad oggi. In Afghanistan non disponiamo di alcuna opzione politica o strategica convincente. I talebani, dopo la rocambolesca ritirata, si sono nel corso degli anni riorganizzati nelle montagne al confine tra Pakistan ed Afghanistan. Lì hanno trovato terreno fertile tra i Pasthun: essi vivono secondo codici tribali particolarmente rigidi, su cui la dottrina islamica radicale ha fatto rapidamente presa; sono inoltre la tribù più numerosa in Afghanistan.

Il Pakistan, che con Musharraf si era schierato a fianco della missione NATO (convinto anche dai miliardi di dollari che piovevano sul suo paese sotto forma di aiuti militari), iniziò dapprima una blanda guerra contro queste tribù di confine, intensificata a tratti quando le pressioni statunitensi si facevano più insistenti. Il generale Musharraf infatti stava combattendo una guerra interna contro i propri servizi segreti, gli stessi che hanno addestrato i talebani, e che in Pakistan sono estremamente influenti. La sua deposizione ha aperto una voragine politica, senza un leader in grado di mantenere salde le redini del comando militare in un paese che assomiglia ad una polveriera pronta ad esplodere. Infine, per tornare a Kabul, l’attuale governo si dimostra debole, con scarso controllo del territorio e lontano dalla legittimazione popolare che potrebbe garantirne la stabilità.

Il termine della missione, coerentemente con quanto sostiene anche il presidente Obama, dovrebbe avvenire gradualmente a partire dal 2011. La grave situazione che si sta delineando in quel tormentato angolo del globo, esige che ci si affidi per i tempi tecnici richiesti dal disimpegno ai nostri generali.

In questo caso, i proclami politici di un ritiro immediato risultano dannosi: non possiamo permetterci di abbandonare Kabul in una disordinata rotta che ricorda quella americana di Saigon. Creare in così poco tempo le condizioni per una stabilità credo sia molto difficile, in particolar modo con le scarse opzioni politiche che la NATO ha dinnanzi.

Nel frattempo, dopo ormai quasi dieci anni di combattimenti (ed è inutile nasconderci che di questo si tratta), c’è da prendere coscienza di una situazione che de facto richiede l’utilizzo di mezzi adeguati a far fronte alle necessità dei nostri soldati che operano sul campo, nella speranza magari ingenua, ma certamente sincera, che tragedie come questa, non si ripetano.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Federico Poggianti

1 Comment
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Andrea85
Andrea85
13 anni fa

Onore ai caduti, per la pace e per la libertà dei popoli oppressi.
Grazie ragazzi, l’Italia non vi deve e non vi dovrà dimenticare mai!



Twitter


Connect

Facebook Fans

Hai già cliccato su “Mi piace”?

Instagram