postato il 11 Ottobre 2011 | in "Famiglia, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Passa dalle famiglie il futuro dell’Italia

“Riceviamo e pubblichiamo” di Roberto Dal Pan

“La condizione di povertà economica delle famiglie con figli si è aggravata” ed ancora “Secondo stime effettuate dalla Banca d’Italia, tra il 2007 ed il 2010 il reddito equivalente sarebbe diminuito in media dell’1,5 per cento. Il calo sarebbe stato più forte, oltre il 3 per cento, tra i nuclei con capofamiglia di età compresa tra i 40 ed i 64 anni”. Non lasciano spazio a dubbi interpretativi le frasi pronunciate dal Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi durante un convegno tenuto lo scorso fine settimana all’Abbazia di Spineto a Sarteano (SI) ed organizzato dall’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà. Nel corso del suo intervento, il prossimo presidente della Banca Centrale Europea ha richiamato ancora una volta l’attenzione sul gravissimo problema dell’assenza di misure strutturali che favoriscano l’uscita del Paese dalla situazione di stagnazione economica, sottolineando nuovamente come la speranza di crescita economica sia direttamente collegata alla risoluzione dei problemi dei giovani e delle famiglie con figli.

Quasi nelle stesse ore in cui si svolgeva il convegno all’Abbazia di Spineto, il Consiglio Direttivo del Forum delle Associazioni Familiari, con parole molto simili, lanciava l’allarme sulla condizione delle famiglie italiane stigmatizzando l’assoluta insufficienza degli strumenti finora messi in campo dal Governo attraverso la manovra finanziaria e sollecitava lo stesso Governo a porvi rimedio attraverso una riforma del fisco e del sistema tariffario da inserire nelle misure a sostegno della crescita che dovrebbero venire presentate nei prossimi giorni. Il Forum ribadiva la necessità di introdurre nel sistema impositivo i correttivi specificamente previsti nel progetto “Fattore Famiglia” al fine ricondurre lo stesso a maggiori criteri di equità e giustizia sociale, completando la proposta con la riforma dell’ISEE per puntare ad una migliore rimodulazione anche della tassazione locale.

Il “Fattore Famiglia” è la proposta introdotta verso la fine del 2010 dal Forum delle Associazioni Familiari ed è volta al miglioramento di alcune criticità del quoziente famigliare, specialmente nella parte in cui, analizzando quanto accade in Francia, parrebbe avvantaggiare i redditi più alti. Si tratta in effetti di un sistema abbastanza semplice ed intuitivo che parte dalla determinazione di una zona “no tax” entro la quale non vi è alcuna imposizione fiscale; il livello sotto al quale non vi è tassazione viene calcolato avendo riguardo alla soglia di povertà relativa calcolata annualmente dall’ISTAT ed utilizzando come base di partenza il costo di mantenimento della persona singola da moltiplicare per il “Fattore Famiglia” estratto da una scala di equivalenza ottenuta applicando sostanzialmente il cosiddetto “quoziente Parma”. Il “Fattore Famiglia” può essere ulteriormente precisato mediante aliquote opportunamente aumentate in presenza di specifici fattori di bisogno quali, ad esempio, la presenza di persone con disabilità oppure non autosufficienti, etc.

Dal dossier dedicato alla proposta e pubblicato sul numero 50/2010 di “Famiglia Cristiana” apprendiamo che – secondo i dati ISTAT – l’11,3 per cento delle famiglie italiane, pari a 21.832.811 nuclei, si trova al di sotto della soglia di povertà relativa e quasi la metà sono famiglie con figli; con l’aumentare del numero di figli la situazione si aggrava tanto che se il 9 per cento delle famiglie con un figlio si trova sotto la soglia di povertà relativa, tale dato sale al 16 per cento con la presenza di due figli, al 25 per cento con tre ed al 30 per cento con quatto o più. Ipotizzando una “no tax area” di base a 7.000 euro (quasi pari cioè alla soglia di povertà relativa secondo gli ultimi dati ISTAT per una famiglia monocomponente e cioè 599,80 € mensili) ed una scala di Fattore Famiglia con coefficienti pari a 1.60 per due componenti, 2.20 per tre, 2.80 per quattro, 3.60 per cinque, 4,40 per sei, 5.20 per sette e 6.00 per otto, si ottengono i diversi importi della soglia sotto la quale non vi è tassazione diretta.

Un interessante convegno sul tema, tenutosi nell’aprile del 2011 a Roma ed organizzato in collaborazione tra il Forum Famiglie e l’Associazione Nazionale Tributaristi LAPET con la collaborazione dell’Università Unitelma Sapienza, ci consente di fare qualche calcolo sull’ammontare economico della manovra così intesa: basandoci sempre sui dati ISTAT disponibili l’applicazione del Fattore Famiglia così ipotizzato costerebbe allo Stato in totale poco meno di 17 miliardi di euro per mancati introiti; in base al tasso di propensione al risparmio per le fasce di reddito analizzate ed ai relativi capitoli di spesa, di tale importo circa 1,6 miliardi andrebbero a confluire nel risparmio privato mentre circa 15,3 miliardi di euro verrebbero utilizzati per l’aumento dei consumi delle famiglie interessate, generando quindi nuovi introiti per lo Stato dalla tassazione indiretta.

Un aspetto correlato alla rimodulazione dell’imposizione fiscale a carico della famiglie con figli e non meno importante dell’aumento della disponibilità finanziaria all’interno del nucleo famigliare è quello evidenziato proprio dal Governatore di Bankitalia nel suo intervento citato più sopra: “il legame tra i redditi dei genitori e quello dei figli in Italia è molto stretto, quasi a livello di quelli dei paesi anglosassoni” e molto diverso da quello rilevato nei paesi del centro e nord Europa; ciò significa che, aggiunge Mario Draghi, il successo professionale di un giovane sembra dipendere più dalle condizioni della famiglia d’origine che dalle capacità personali ed in ragione di ciò possono essere utili strumenti che, sono ancora parole di Draghi, “assicurino condizioni di partenza meno diseguali ai giovani che si affacciano alla vita adulta”.

Dalle considerazioni che precedono, dovrebbe essere evidente la convenienza anche economica per lo Stato nel favorire, con appropriati strumenti legislativi, le famiglie con più figli o quanto meno mitigare le situazioni economiche che ora penalizzano i giovani che tentano di crearsi una propria famiglia. A queste considerazioni economiche se ne aggiungono altre che, per chi come noi ritiene di guardare alla vita pubblica tenendo presenti anche gli insegnamenti cristiani, hanno un valore almeno equiparabile se non – a volte – superiore.

Mercoledì 5 ottobre u.s., in occasione della presentazione del rapporto “Il Cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia.”, il Cardinale Angelo Bagnasco nel corso del suo intervento ha affermato che “la nostra cultura fa talvolta vedere i figli come un peso, un costo, una rinuncia, ma i figli sono prima di tutto una risorsa” per poi continuare dicendo che “la ragione del calo delle nascite non può essere soltanto di tipo economico. Si tratta piuttosto di una povertà culturale e morale, che ha di molto preceduto lo stato di innegabile crisi che caratterizza la congiuntura presente” e concludendo con l’ammonizione “se non si riusciranno a far scaturire, nel breve periodo, le condizioni psicologiche e culturali per siglare un patto intergenerazionale l’Italia non potrà invertire il proprio declino: potrà forse aumentare la ricchezza di alcuni, comunque di pochi, ma si prosciugherà il destino di un popolo”.

“Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni” recita un noto aforisma; mai come in questo caso si può dire che l’attenzione ai problemi delle famiglie e, per estensione, del nostro Paese è lo strumento che ci consentirà di stabilire quanti tra i politici attuali potranno fregiarsi dell’appellativo di “statista”.



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