Nec plus ultra Berlusconi?

L’accentuazione della dimensione “leaderistica” nella politica italiana e in particolare nelle singole formazioni politiche è fenomeno  ampiamente documentato e discusso da esperti politologi e attenti osservatori. Si potrebbe rimanere nel campo della teoria e della discussione speculativa se questa tendenza, che si concretizza radicalmente nelle esperienze politiche di cui Silvio Berlusconi è stato capo indiscusso, non avessero delle conseguenze gravi per la vita politica, sociale, ed economica di questo Paese.

Nello specifico l’essenza “berlusconicentrica” di un partito come il Pdl, o della stessa coalizione, produce non solo un danno alla vita democratica del partito in questione ma un danno all’Italia intera nella misura in cui l’azione di un governo, la dialettica di un partito, e l’intero dibattito politico ruotano sistematicamente intorno alla persona, alle scelte e alle vicende del Presidente del Consiglio. E’ del tutto normale che una figura del calibro di Berlusconi abbia una certa centralità e una capacità notevole di calamitare attenzione politica e mediatica, tuttavia è meno comprensibile il fatto che si rapporti a Berlusconi come l’alfa e l’omega di un partito, della politica e di una intera nazione.

A tal proposito sono fortemente indicative le reazioni di alcuni esponenti del Pdl rispetto alla recente proposta politica di Pier Ferdinando Casini e alla “provocazione” della giovane Sara Giudice. Al leader dell’Udc è bastato suggerire a Berlusconi un atto di buon senso, per certi versi “sollecitato” anche dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, come il cedere il passo ad una personalità forte del centrodestra per far ripartire governo e Paese, per essere sommerso da una pioggia di critiche da parte di autorevoli esponenti del Pdl: sostanzialmente dopo Berlusconi c’è solo il diluvio.

Neanche avesse chiesto le dimissioni del Papa! Se si fa muro contro chi “minaccia” la leadership del Cavaliere dall’esterno, figuratevi cosa può accadere a chi dall’interno si fa venire qualche dubbio sulle scelte del leader maximo. E’ il caso di Sara Giudice, consigliere zonale del Pdl milanese, che a seguito dell’apertura delle indagini sul cosiddetto “Rubygate” e delle ombre che getta su Nicole Minetti, ha chiesto le dimissioni (con tanto di raccolta firme) dal Consiglio regionale lombardo dell’ex igienista dentale del Premier che alle scorse elezioni era stata imposta direttamente dal Cavaliere nel listino del Presidente Formigoni. Il fatto stesso che la giovane consigliera zonale abbia osato mettere in dubbio la bontà di questa scelta di Berlusconi le ha attirato addosso le ire del governatore Roberto Formigoni e della dirigenza del Pdl che, a quanto pare, sta meditando di espellerla dal partito.

E’ chiaro che le due vicende, la proposta di Casini e la provocazione della Giudice, sono estremamente lontane e diverse, ma le reazioni a queste due sollecitazioni sono ampiamente rivelative del vissuto politico della maggioranza che vive e si muove esclusivamente in funzione delle necessità del Presidente del Consiglio. Peccato che i membri della maggioranza non si accorgano che così facendo favoriscono l’immobilismo politico e costringono l’Italia in quel pantano che sono le vicende personali di Silvio Berlusconi.

“Nec plus ultra”, così secondo la mitologia stava scritto sulle Colonne d’Ercole che rappresentavano il limite estremo del mondo conosciuto e così sembra che Berlusconi venga percepito dai suoi: non c’è nulla oltre lui. Ma la storia insegna che quel confine tracciato da Eracle è un confine che bisogna prima o poi superare per trovare il “Nuovo mondo”, che per noi è la possibilità di una stagione politica nuova che faccia uscire il Paese dal vicolo cieco in cui è stato irresponsabilmente cacciato.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi



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