La giovinezza rubata
di Adriano Frinchi
Settant’anni fa, il 10 giugno 1940, l’Italia iniziava la sua sciagurata avventura bellica al fianco della Germania nazista. In quel caldo lunedì di inizio estate gli sportivi leggevano dell’Ambrosiana Inter che si era aggiudicata il campionato dopo una partita di fuoco col Bologna e della vittoria al Giro d’Italia di uno sconosciuto esordiente di nome Fausto Coppi, ma molti di loro furono strappati alle notizie sportive dalla voce del padrone che convocava gli italiani per le 18 in una specialissima e fascistissima adunata. Mussolini, nella sua tetra divisa di caporale d’onore della milizia, dal balcone di Piazza Venezia volle avvertire l’Italia e il mondo che lanciava le sue “otto milioni di baionette” contro Francia e Gran Bretagna.
Tra quelle baionette finì anche il ventenne Coppi che abbandonò la bici per andare da fante in Africa, ma ci finì anche mio nonno che era bravo a pallone e voleva sposarsi ma che dovette mettere da parte i suoi progetti per valicare le Alpi e pugnalare alle spalle i francesi, e come loro tanti altri giovani che da un giorno all’altro si trovarono in terra, mare e cielo a combattere la guerra di Mussolini.
Mio nonno e tutti gli altri partirono per la guerra che erano dei giovani e tornarono che erano degli uomini: avevano perso la loro giovinezza sui campi di battaglia per un regime che cantava la giovinezza come primavera di bellezza ma che seppe riservare alle primizie d’Italia solo gli orrori della guerra.
Enzo Biagi, che conobbe la tragedia di questa giovinezza svenduta, scrisse: «C’è qualcuno che ha detto che questa generazione, la mia, non ha avuto altro che il tempo di morire. Ma c’è una cosa che è ancora più triste, perché è vero che ci sono molti morti nella nostra vita, ma come ha detto Bernanos, “più morto di tutti è il ragazzo che io fui”. Voglio dire che quello che la guerra ha portato via e che nessuno ci potrà mai più rendere sono le illusioni, i sogni e gli errori dei vent’anni. Forse è qui la nostra grande attenuante, quella di una generazione che non ha mai avuto la giovinezza».
Questo 10 giugno voglio ricordare quel ragazzo coi baffetti che fu mio nonno e tutti quei ragazzi come lui che furono derubati dei loro anni più belli, e voglio anche rivolgere il mio pensiero a tutti i giovani italiani che oggi anche senza una guerra mondiale rischiano di perdere i loro sogni e le loro speranze, rischiano di diventare la generazione che non ha avuto altro che il tempo dell’incertezza e della precarietà.
Bravo Adriano,
occorre una presa di coscienza collettiva,
ed una reazione forte, chi comanda oggi in Italia,
ma anche ieri di solito non guarda mai al futuro.
Per i giovani il futuro è la vita stessa.
Sicuramente oggi sarà ricordato dalla storia, come una giornata nera
per la democrazia,
il governo dice di aver posto la fiducia il 25 maggio
ma non si sà su quale testo certamente non su quello portato al
senato,
e questo non sembra sia lecito.
E’ preoccupante inoltre la coincidenza di date nefaste
con il 10 GIUGNO 1940 quando l’ITALIA FASCISTA ENTRA IN GUERRA,
speriamo sia solo una coincidenza, ma sicuramente l’Italia da oggi non
è più la stessa.
Da oggi cambiano le priorità anche della politica,
è la situazione di massima emergenza che lo richiede,
e non credo sia Di Pietro nonostante i suoi eccessi il nemico della
Democrazia.
Dobbiamo impegnarci affinché simili tragedie non ripetano mai più. La tragedia della guerra non deve essere rivissuta, non avrebbe alcun senso.
Io sintetizzerei dicendo che servono attenzione per i giovani e dei giovani attenti.