«Il premier dica no al regime di Maduro. Questo non è chavismo, è narcotraffico»
L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero
Che cosa dovrebbe fare il premier Conte? «Se c’ è batta un colpo, dovrebbe chiamare Guaidò e esprimergli solidarietà. Sarebbe un gesto precedente al vero e proprio riconoscimento, ma sarebbe comunque un atto politico di rilievo. Il silenzio del governo italiano, invece, è deprimente». Si schiera senza se e senza ma contro Maduro il presidente dell’ Interparlamentare italiana Pier Ferdinando Casini, ultimo dei nostri politici a visitare un anno e mezzo fa il Venezuela. Al rientro, presentò una mozione in appoggio ai rivoltosi, approvata dal Parlamento col voto contrario dei 5 Stelle. «Tutti dovremmo unirci alla comunità dei Paesi liberi contro questo regime che è narcotrafficante».
Non le basta la presa di posizione di Salvini?
«Salvini non può salvarsi la coscienza semplicemente dicendo di essere contro Maduro. Lui è il vicepremier, non un parlamentare dell’ opposizione come me. Sono giorni che chiediamo al governo di riferire in Parlamento. Da Conte e dal ministro Moavero abbiamo ascoltato banalità assolute, mentre sempre più forte è la protesta dei nostri connazionali in Venezuela che ci chiedono se siamo pazzi a essere gli ultimi in Europa a non schierarci contro Maduro, solo perché i 5 Stelle hanno avuto palesi accondiscendenze nei suoi confronti. Non si può continuare a sostenere assurde posizioni ideologiche, dobbiamo stare dalla parte dei Paesi liberi».
Che diritto ha Guaidò a autoproclamarsi presidente?
«La comunità internazionale, Europa compresa, non ha riconosciuto come legittima la rielezione di Maduro. L’ unico organismo istituzionalmente legittimato oggi in Venezuela è il Parlamento presieduto da Guaidò, votato dal popolo. Esprimendo solidarietà col Parlamento, ci mettiamo in sintonia con tutti coloro che in Venezuela soffrono e sono alla fame».
Ma la stessa comunità italiana non sa bene chi appoggiare…
«La comunità è intimorita. Gli italiani interpellati dai giornalisti al telefono non si sbilanciano perché si esporrebbero alle ritorsioni del regime. Gli squadroni della morte girano per Caracas, non è facile dichiararsi solidali con l’ opposizione, specie se si hanno negozi o ristoranti. Ho incontrato un anno e mezzo fa la comunità italiana, ed era tutta contro Maduro».
Il Venezuela è spaccato?
«Con Chavez c’ era ancora una sinistra ideologica che lo fiancheggiava, oggi c’ è Maduro che non è un leader, è né più né meno che un usurpatore e un dittatore. Non è più il momento delle discussioni storiche sul chavismo. Qui siamo oltre, siamo al narcotraffico».
L’ Europa chiede di indire elezioni in pochi giorni. È la soluzione?
«Se la gestione delle elezioni sarà quella di Maduro, avremo il bis delle presidenziali e giustamente Guaidò si è autoproclamato presidente ad interim. Perché vuole organizzare il processo elettorale in modo corretto e trasparente, con la garanzia di osservatori internazionali. Perfino la Santa Sede, che si era prestata a istituire un tavolo di dialogo tra maggioranza e opposizione, si è tirata indietro avendo constatato che il regime utilizzava il negoziato solo per coprire una stretta sempre più dura. Questo governo ha fissato processi elettorali e li ha sistematicamente rinviati, ha rifiutato di liberare i prigionieri politici anzi ne ha incarcerati altri, e ha impedito alla comunità internazionale di mandare medicinali. Questi i fatti, non litanie di buone intenzioni di cui è lastricato l’ inferno».
Eppure la Santa Sede è equidistante…
«La Santa Sede è prudente, ma la voce della Chiesa non è mai stata così forte in Venezuela: tutti i prelati e i vescovi sono intervenuti per esprimere solidarietà al Parlamento e al popolo nelle strade».
La Russia è con Maduro. Perché?
«Per interesse. Ha mandato mercenari in Venezuela, non per la bella causa della rivoluzione chavista ma perché importa petrolio sotto costo. Cina e Russia stanno depredando il Venezuela con contratti capestro ai quali il governo Maduro è dovuto soggiacere per incamerare risorse. Privilegi assurdi che non si vogliono perdere».