postato il 9 Agosto 2010 | in "Economia, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Gli Italiani senza soldi non vanno in vacanza, ma il PIL cresce


di Gaspare Compagno.

Stando al Censis 6 italiani su dieci non andranno in vacanza. Eppure i telegiornali ci mostrano code interminabili sulle autostrade, città d’arte piene, come anche le spiagge e a questo si aggiunge la crescita del PIL, che, ci spiegano, significa un aumento di ricchezza.

Ma è davvero così? I dati bisogna saperli leggere e mettere in relazione. Intanto partiamo dai dati del Censis: solamente poco più del 40% degli italiani potrà permettersi di andare in vacanza a causa della crisi economica che ha fatto perdere il lavoro a centinaia di migliaia di persone. Più nello specifico: meno del 18% delle famiglie italiane a basso reddito potrà permettersi di partire per una vacanza anche breve, mentre per le famiglie a reddito medio il discorso è leggermente migliore, infatti il 46% delle famiglie potranno godersi una breve vacanza.

Il segreto di tutto è proprio nel termine “breve”: a causa dei costi e della minore disponibilità finanziaria, gli italiani riducono i giorni dedicati alla villeggiatura, riducendosi per di più ad una sola settimana. E le città d’arte e le spiagge prese d’assalto? Semplice, spesso si tratta dei residenti medesimi: considerando che la maggior parte degli italiani vive in città considerate “d’arte” o in prossimità di località di montagna o di mare, è facile che i servizi facciano vedere tantissime persone, le quali però non sono turisti.

Sembra strano, ma non lo è, se consideriamo che, secondo il Censis, circa il 58% di cittadini non potrà andare in vacanza e quindi si accontenterà di passare il week end in giro per la propria città. Questi dati sono in linea con i precedenti studi pubblicati dall’ISTAT e da Banca d’Italia che disegnano un quadro di progressivo impoverimento.


Come si spiega questo con la notizia della crescita del PIL? Semplice, l’aumento del PIL non misura la ricchezza degli italiani come soggetti, ma misura quanto viene “prodotto” da una nazione, con il risultato che si può produrre moltissimo e destinare tutto all’esportazione (perché magari il mercato interno è inesistente), o la produzione può essere slegata all’aumento di occupazione.

Un controsenso? Non tanto, se consideriamo il progresso tecnologico che permette di produrre sempre di più con minore personale. Gli esempi sono tantissimi: il più noto è, per noi, la Fiat che in Italia produce lo stesso numero di auto che produce in Brasile, ma con il triplo di impiegati, e anche la STMicroelectronics, ad esempio, produce molto di più con meno dipendenti. In tal senso sono da leggere le dichiarazioni di Telecom che annuncia 3900 licenziamenti anche se mascherati da “messa in mobilità”; o di Unicredit che annuncia 4700 esuberi, come anche la chiusura della Bialetti in Piemonte, della Glaxo in Veneto o della Omsa in Romagna. Quindi, spiace per chi canta “vittoria” nel governo leggendo le stime del PIL, ma gli Italiani sanno bene quale è la realtà economica che attanaglia l’Italia per ora.

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citoyenne
citoyenne
13 anni fa

Buongiorno

Se la produzione in Italia cresce, facendo aumentare il PIL e lasciando questo governo a cantare a squarciagola “Vittoria! Vittoria!” (non la Brambilla, si intende!), le tasche vuote degli italiani la diranno lunga. Della produzione che cresce e che non dà lavoro, a ciascun italiano non gliene può “fregà de meno”. La produzione che cresce solo per i successi della tecnologia, alla lunga, secondo me, non servirà a nessuno. E’ ben vero che per ora produciamo per le esportazioni, ma, tra qualche anno, il mercato sarà saturo se i cittadini, a qualsiasi nazione appartengano, non avranno denaro nelle tasche per comprare. Allora cosa succederà?
La verità è che tutti i notabili continuano a parlare di vacanze, di spiagge piene, di code nelle autostrade, ma in effetti il “lusso” delle vacanze se lo potranno prendere solo loro… e che invidia per noi, poveri tapini, quando li vedremo tornare belli, allisciati, abbronzati e … senza pudore!



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