Energia nucleare: il Paese che non sa scegliere
In Italia non esiste un dibattito sull’energia nucleare, esiste semmai una guerra, quella sì nucleare, tra i fautori delle centrali nucleari e i partigiani dell’energia pulita. I due fronti invece di confrontarsi e di lavorare per una soluzione cercano di prevalere l’uno sull’altro attraverso le armi non convenzionali dell’emozione: incidenti alle centrali nucleari, crisi petrolifere e così via. Il terremoto che ha colpito e danneggiato la centrale nucleare giapponese di Fukushima e la conseguente “paura nucleare” hanno ringalluzzito gli antinuclearisti di casa nostra che hanno buon gioco a rinvigorire la loro campagna contro il nucleare italiano.
Accade così che tutti gli sforzi di informazione e i contributi al dibattito del Forum nucleare Italiano, autorevolmente presieduto da Umberto Veronesi, vengano azzerati da una ondata emotiva che ci riporta al clima del referendum sul nucleare del 1987 quando gli italiani, impauriti dall’incidente alla centrale sovietica di Chernobyl, si dichiararono contrari alla realizzazioni di centrali nucleari. La tragedia di Chernobyl ci fece chiudere la porta al nucleare, ma non ci aprì le porte dell’alternativa energetica e così oggi ci ritroviamo una Paese inquinato e inquinante, dipendente dal petrolio e dal gas altrui, e con tante centrali nucleari al confine dalle quali riceviamo, a caro prezzo, energia per andare avanti. Tuttavia chi si oppone al nucleare, e non utilizza espedienti propagandistici per far leva sull’opinione pubblica, ha delle obiezioni concrete e avanza dei dubbi ai quali bisogna necessariamente rispondere se si vuole davvero imboccare la strada dell’energia atomica.
Sullo sfondo c’è una necessaria scelta da fare: l’Italia si deve dotare di un piano energetico nazionale che ci dica come mandare avanti in futuro il nostro Paese. E’ una scelta da fare, qualunque essa sia, da condividere tutti e da perseguire fino in fondo perché non c’è più tempo da perdere. E’ ammirevole in questo senso la solidità della società giapponese che in queste drammatiche ore non ha mai messo in dubbio la sua scelta nucleare, nonostante il popolo giapponese abbia sperimentato sulla propria pelle la devastazione delle esplosioni atomiche e le tragiche conseguenze della pioggia radioattiva. Purtroppo l’infinito dibattito italiano fa presagire ancora una “non scelta”, una ulteriore perdita di tempo che comporta un ritardo e un danno colossale per il nostro Paese. Per costruire una, e dico una, centrale nucleare ci vogliono dieci anni, un tempo lungo si dirà, che fa pensare, ma che è pur sempre più breve dei nostri tempi di scelta. Elezioni permettendo.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi
Il problema è posto male..
Non si tratta di essere contrari allo sfruttamento della energia nucleare
Il vero problema è la ubicazione di queste centrali e la sicurezza costruttiva.
Con le premesse di questo governo che non ha un programma energetico bensì mira solo ad una dfistribuzione a pioggia di centrali nei siti ive meno si presume una resistenza dei residenti, mira solo a creare una ennesima occasione per impostare speculazioni affaristiche..
Poi se queste costruzioni siano sicure o meno …non è affar loro…
Troppi sono i casi in cui fondi dello Stato sono stati dispersi nei rivoli della speculazione..
Non è certo il caso di stare ad elencare in quanto li conosciamo tutti e le magistrature indagano e ministri si dimettono.
Purtroppo bisogna scontrarsi con l’attualità…serve energlia e di certo le energie alternative (come quella solare,geotermica o eolica) non basteranno a darci l’ indipendenza dal petrolio.Per forza dovremmo andare contro la nostra riluttanza e accettare il nucleare,poche centrali ma andranno costruite,con la consapevolezza (così come accade in Giappone)dei loro rischi.
Con il prezzo del petrolio destinato a stare a livelli alti che l’Italia si renda meno dipendente dall’oro nero siamo tutti d’accordo. Per il mio modesto parere ritornare a realizzare nuove centrali nucleari non è più conveniente in quanto la prima a entrare in funzione sarà nel 2020 e poi costi sono alti. Sarebbe opportuno con quei finanziamenti realizzare altre infrastrutture e sviluppare le fonti energetiche rinnovabili in quanto nei prossimi anni la Germania riuscirà a soddisfare il 60& del proprio fabbisogno energetico derivanti da fonti alternative.
Non ho trovato sue risposte in merito.
sarei desideroso di conoscere le ragioni per cui lei ritiene ancora conveniente questa specifica tecnologia nucleare che il governo si appresta a proporre/imporre alla popolazione.
Prego di supportare la risposta e le motivazioni con dati numerici ed elementi quantificabili. Non con frasi simili a: “è la soluzione giusta, è l’unica strada, etc”
moreno: scusa, non ho capito se la tua domanda verte sull’energia nucleare in generale o sulla tecnologia delle future centrali italiane.
se si tratta del secondo punto, sono d’accordo.
La tecnologia che useremo (per la cronaca, quella francese) è già vecchia.
Non tutti sanno che negli USA e in Inghilterra stanno sperimentando con successo delle centrali nucleari che in alcuni casi sfruttano le scorie radioattive delle altre centrali nucleari (e questo permetterebbe di riutilizzare gli immensi depositi di scorie nucleari), o con lo stesso quantitativo di uranio di una centrale “di vecchia generazione” possono funzionare molto di più 8sfruttando meglio l’uranio e riducendolo maggiromente).
Senza contare le tecnologie di sfruttamento del torio.
Se in FLI siete persone serie, e moralmente superiori al PDL (almeno è quanto vi fregiate di essere), fate un passo indietro sul nucleare, in special modo quello di terza generazione, che è ancora basato su tecnologie vecchie e che saranno superate e non competitive nel 2020, quando il vostro progetto (forse) sarà andato in porto. Sapete anche voi che non è la scelta opportuna per la politica energetica di questo Paese. Sotto nessun punto di vista. A meno che non siate accondiscenti con certe lobbies, perchè l’unica giustificazione è, o l’ignoranza, o quella sopra citata.
La Germania ha scelto “Puntiamo su sole e vento”
Nel 2050 l’80% dell’energia tedesca arriverà da eolico e fotovoltaico. I reattori danno lavoro a 30mila persone, la green economy ne occupa 340 mila dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI
BERLINO – Li vedi spuntare ovunque, quando viaggi in autostrada dalla capitale verso Monaco e il Sud o Hannover e l’Ovest: col loro sommesso ronzio, le pale dei grandi mulini eolici rompono appena il silenzio della campagna tedesca. Oppure ovunque, sulle villette dei ricchi bavaresi o sui palazzoni in prefabbricato alla sovietica che Berlino ovest ha ereditato dal comunismo, vedi i pannelli fotovoltaici. L’energia rinnovabile vola in Germania. Non solo in Borsa, dove nelle ultime ore i titoli di Solarworld, Q-Cells, Nordex o della branca energie pulite di Siemens hanno registrato balzi dal 20 al 40 per cento. La vedi dietro ogni angolo, è diventata un fattore costitutivo del quotidiano. La Germania conservatrice di Angela Merkel, che dice “nel dubbio, siamo per la sicurezza” e ferma per almeno tre mesi sette dei suoi 16 reattori, è anche la potenza economica che più di ogni altra si è lanciata a pensare e progettare strategicamente il mondo nuovo dell’energia.
Come restare prosperi e competitivi dopo l’atomo e dopo il petrolio. E intanto, efficienza energetica, produttività e competitività del sistema-paese decollavano, mentre quelle di molti Stati votati all’atomo, Francia in testa, cominciavano a non tener più testa al global player tedesco nel grande gioco dei mercati mondiali.
“La politica ecologica è la politica del futuro, anche per l’economia” ha spiegato il ministro dell’Ambiente Norbert Roettgen, democristiano come la cancelliera. I dati ufficiali del suo dicastero, che né le imprese né tantomeno i Verdi contestano, parlano chiaro: l’efficienza nell’uso delle materie prime nell’economia tedesca è aumentata del 46,8% tra il 1994 e il 2009, cioè nello stesso periodo in cui il prodotto interno lordo cresceva del 18,4%. I costi del sistema economico Germania sono calati di 100 miliardi di euro. Proprio mentre, parallelamente, la percentuale di energia prodotta dal nucleare scendeva dal 27,3% del 1991 a una cifra attorno al 20% (fino alla chiusura dei sette reattori decisa ieri), e quella delle rinnovabili volava nello stesso arco di tempo dal 3,2 al 17%. E solo dal 2004 al 2009 è raddoppiata.
“Lo spegnimento delle sette centrali, deciso dal governo, non dovrebbe produrre contraccolpi né per l’economia, né per il consumatore, né caro-bolletta né problemi di produzione d’elettricità”, spiega Aribert Peters, dell’Unione dei consumatori d’energia: dopo la svolta della Merkel sul nucleare i mercati secondo lui scommettono su prezzi stabili. Forse hanno le loro ragioni, non aspettatevi militantismo per l’ambiente o voglia di prati fioriti alla Borsa di Francoforte. Per il sistema Germania, spiegano Dietmar Edler e Marlene O’Sullivan in un rapporto per l’istituto economico DIW, le energie rinnovabili e alternative sono diventate un affare. Come con le Bmw e le Mercedes, con gli Airbus e gli Eurofighter, anche qui il made in Germany è il meglio sul mercato.
Dal 2007 al 2009, gli investimenti nelle energie rinnovabili sono passati da 11,4 a 20,4 miliardi di euro. Il fatturato del comparto, export incluso, è sui 21 miliardi di euro, quindi in tre anni è cresciuto di quasi il 40%. Anche attraverso il 2009 della grande crisi economica e finanziaria internazionale. Fondi pubblici e sgravi fiscali aiutano la crescita. Una produzione di energia elettrica affidata al 100% alle rinnovabili è possibile entro il 2050, dice il ministero di Roettgen, e il governo si è posto l’obiettivo di arrivare all’80%. “La maggioranza di centrodestra dovrebbe fare di più e non solo chiudere centrali prima di elezioni difficili”, nota Baerbel Hohn, una delle più ascoltate leader dei Verdi. Ma cela appena la soddisfazione per come il centrodestra e l’establishment stanno facendo propri i valori costitutivi del movimento ecologista. Consenso trasversale non dichiarato, in nome delle cifre: mentre i reattori nucleari tedeschi danno lavoro, secondo i Gruenen, a circa 30mila persone, gli occupati nel comparto delle rinnovabili sono aumentati dai 277mila del 2007 ai circa 340mila attuali. Continueranno a crescere a lungo, prima che il comparto diventi saturo come auto o siderurgia. “L’addio al nucleare potrà essere un processo lungo, discutiamo apertamente se ci vorrano dieci o vent’anni o quanti, ma è possibile”, pensa il leader dei Verdi europei, Daniel Cohn-Bendit.
(16 marzo 2011)© Riproduzione riservata
(ANSA) – ROMA, 16 MAR – Le Commissioni Attivita’ produttive e Ambiente della Camera hanno dato parere favorevole, con condizioni, allo schema di decreto legislativo correttivo del decreto per la localizzazione dei siti e la costruzione di centrali nucleari. La proposta di parere e’ stata votata dalla maggioranza piu’ Fli e Udc, mentre il Pd e’ uscito dall’aula e non ha votato e l’Idv ha votato no. Il provvedimento deve ora passare all’esame del Senato ma mercoledi’ prossimo tornera’ al Cdm per l’approvazione finale.
siete solo dei corrotti!
Sono contro il nucleare perchè tale ha comunque costi, produce scorie e non risolverà nulla, anzi, produrrà maggiori problemi, mi viene un paragone paradossale in mente, un paragone alla droga.
Sì, è una scelta razionale… infatti troppo razionale, però priva sufficiente etica e salvaguardia morale per il futuro del Nostro pianeta Terra e dell’umanità.