postato il 13 Settembre 2009 | in "Interventi, Politica"

Chianciano, l’intervento di Pier Ferdinando Casini

Chianciano – Stati Generali del Centro 13 settembre 2009 

Grazie, grazie, grazie a tutti.
Grazie all’organizzazione, grazie soprattutto ai giovani che hanno lavorato in questi giorni; grazie alle donne, a Marisa Fagà e consentitemi di dire un grande grazie, spero che sia la standing ovation della giornata, ad Antonio De Poli che ha fatto un lavoro straordinario.
Grazie ai nostri coordinatori nazionali ed è molto bello che a questo tavolo ci siano quattro personalità come Savino Pezzotta, Ferdinando Adornato, Rocco Buttiglione e Lorenzo Cesa, che vengono da esperienze diverse, da storie personali diverse. Questo non la riteniamo una debolezza, ma la riteniamo una forza, non di un partito nuovo, ma di un nuovo partito, che è una questione sostanzialmente diversa, che noi stiamo fondando oggi.
Ma questa è solo la prima pietra, la costruzione non potrà che ultimarsi con i tempi della politica, coi tempi  necessariamente connessi anche alle grandi Questioni: pensiamo ad esempio all’appuntamento delle elezioni regionali tra qualche mese.
Io debbo dire la verità, sono contento di quello che ho visto qui. Prima di tutto un aspetto non banale: qui ci sono state 2000 persone che dal mattino alla sera, per dieci ore, hanno sentito i dibattiti. In un momento in cui la crisi della politica avvolge tutti, non è banalissimo che si abbia ancora la voglia di discutere e non è banalissimo che qui ci siano persone diverse, persone che vivono un’esperienza di partito, persone che vivono un’esperienza di mondo cattolico, persone che animano movimenti, personalità che vengono da una tradizione liberal-democratica che non confligge in alcun modo con la nostra perché oggi esistono valori condivisi e nessuno può pensare di riformare una forza politica rialzando steccati che in qualche modo sono antistorici e che nessuno, tanto meno il mondo cattolico, ha interesse a coltivare.
Io ho sentito discorsi splendidi, non solo quelli di tanti giovani tra cui evidentemente metto al primo posto Ciriaco De Mita perché in termini di maturità sembra il più giovane, ma discorsi come quelli di Riccardi ieri, una straordinaria testimonianza di una personalità che ha vinto il premio Carlo Magno e che per il suo europeismo e per il suo radicamento nel cattolicesimo contemporaneo, non è una figura banale.

Vorrei ricordare quelle persone, tante, che hanno creduto al nostro progetto politico, naturalmente non posso che fare degli esempi. Non è banale che ci sia tra di noi una personalità scomoda come Magdi Cristiano Allam, o che ci siano personalità che noi sentiamo evidentemente già da tanto tempo come nostri militanti e amici come Carlo Casini e il suo Movimento per la Vita.

Vedete, vorrei arrivare alla sostanza, ringrazio anche che mi sia stata data la possibilità di parlare prima del previsto, di essere sereno nel poter sviluppare il mio ragionamento.

Noi oggi possiamo avere tre stati d’animo.
Il primo è di compiacimento: le Europee sono andate bene, le elezioni amministrative sono andate meglio, ci prepariamo con serenità alle elezioni regionali.
Il secondo di consapevolezza: noi un anno e mezzo fa eravamo dei sopravvissuti. Oggi siamo decisivi e il corteggiamento a cui siamo sottoposti, il più delle volte basato su questioni non politiche, dimostra la crisi della politica che c’è oggi. Ne è la prova proprio il fatto che tutti ci riconoscano che siamo decisivi: ieri marginali, ieri da fare fuori, ieri da sopprimere in fasce, oggi da corteggiare.
Ed io devo dire, sinceramente, che se oggi siamo decisivi, domani potremo essere la forza del cambiamento di questo Paese perché questa politica non piace agli italiani. Non piace agli italiani questa politica.
Il terzo stato d’animo, amici, dovrebbe essere di autocritica. Poiché Saverio Romano è un mio grande amico posso dire che non ho condiviso quello che ha detto.
Qui non c’è bisogno dei sindacalisti, dei militanti del partito. Qui c’è bisogno di autocritica e poiché io ritengo di essere il primo militante di questo partito, dico che bisogna fare di più, che il partito ha fatto poco rispetto a quello che poteva fare e che noi dobbiamo leggere i risultati elettorali, le preferenze attribuite, le persone elette, i differenziali tra i voti alle amministrative e quelli alle europee e alla fine di questa analisi una classe dirigente che si propone di essere la forza del cambiamento non è che deve farsi bella del fatto che, diciamo così, che siamo bravi, no, dobbiamo essere migliori. Questa è la grande forza che dobbiamo avere, la consapevolezza che non è vero che abbiamo fatto tanto, abbiamo fatto poco rispetto alle nostre possibilità, dobbiamo fare molto di più.

E devo dire noi non alimentiamo nemmeno gossip della politica. Mi dispiace se il mio intervento avrà poco spazio sui giornali, ma non riesco ad alimentare gossip della politica, perché noi contestiamo proprio una politica che si basa sui gossip.
Ho letto questa mattina un giornale, il titolo era: “lo scontro Fini – Bossi fa sognare i centristi”. No, si sono sbagliati, lo scontro Fini – Bossi rattrista tutti gli italiani che vorrebbero una politica produttiva, non fa sognare i centristi, perché noi non viviamo sulle disgrazie altrui, ma sulle nostre azioni al servizio di questo Paese.

Amici, il Centro non è un luogo, è una politica, il Centro è un’idea inclusiva dell’Italia, il Centro è un insieme di valori, è un momento di identificazione nazionale, il Centro deve partire dalla ricostruzione dei partiti e delle istituzioni.
Noi siamo un Paese in guerra, in guerra con se stesso, in guerra con gli altri: mentre noi vogliamo un Paese pacificato, noi vogliamo un Paese in cui sia possibile trasmettere un messaggio di verità, di moralità e di speranza ai nostri figli che hanno l’immagine della politica come se fosse caratterizzata solo da festini a base di escort, o magari da piccoli eventi di altro tipo.
Non ci piace tutto questo. Non ci piace nemmeno la gratuità e la grevità delle battute che ha fatto ieri Bossi alludendo agli aiuti chimici per le performances sessuali. Non ci piace, questa è una politica di cui mio padre si sarebbe vergognato rispetto a me che ero suo figlio, questa è una politica che non porta da nessuna parte.
Noi non abbiamo detto una parola su queste cose di Berlusconi, e riteniamo che sia un merito perché quando abbiamo visto l’altro giorno la conferenza stampa del Premier, abbiamo provato tristezza per il nostro Paese rispetto agli altri Paesi europei. Poiché non abbiamo usato nessuna parola inutile, invitiamo chi si inventa manovre della mafia addirittura a lasciar perdere. Qualcuno ha detto il caso delle escort l’ha inventato la mafia per colpire Berlusconi: ragazzi la mafia è una cosa seria, lasciamo perdere queste sciocchezze, cerchiamo di essere dignitosi, la mafia è un cancro da estirpare e da combattere e noi non possiamo in alcun modo ridicolizzare eventi e fatti.
Noi vogliamo indicare altri modelli, non quello delle veline, dei fotoromanzi, noi vogliamo indicare i modelli che ci piacciono, quelli dei nostri giovani, giovani come gli altri, con i loro pregi e i loro difetti, quelli dei ragazzi del volontariato, quelli delle O.N.G. che sono in giro per il mondo o che magari fuori dal cortile di casa aiutano i ragazzi che non sono autosufficienti.
I nostri militari che difendono la Patria e la pace nel mondo, i nostri amici, caro Antonio De Poli, come Diego Murari, che tutte le mattine mi manda un messaggino invitandomi ad avere fiducia. E’ ammalato, ma lavora per gli altri costantemente.
Noi vogliamo pensare solo e semplicemente ai nostri figli che studiano ed hanno apprensione per il futuro, ai ragazzi che rischiano di seguire la strada della ricercatrice che Adornato ha invitato qui e che ci ha dato una dimostrazione straordinaria di attaccamento al nostro Paese.
Noi vogliamo difendere l’identità cristiana. E’ un’idea di ciò che siamo, è un’idea del nostro destino nazionale: noi vogliamo difendere la nostra identità cristiana convinti che siamo i figli di una tradizione di un immenso e grande partito laico di ispirazione cristiana.
I valori, però lo voglio dire a tutti, a chi sta qui e a chi sta fuori di qui, si difendono non per le virtù morali che abbiamo o che non abbiamo, i valori si difendono per convinzione, non per convenienza.
E voglio dire agli amici che in questi mesi si sono lamentati, magari di un supporto insufficiente da parte della Chiesa: non chiedetemi mai cosa la Chiesa darà a qualcuno di noi, a un partito o movimento. Questa è una logica mercantile che svilisce la politica, umilia la Chiesa, offende i cattolici.
Qui c’è un partito, e lo vogliamo dire ai cattolici italiani, che difende valori come la sacralità della vita, come la famiglia, come la difesa dei più deboli, come le nuove frontiere della bioetica che devono essere poste al servizio dell’uomo e non per la sua manipolazione, qui c’e’ un partito che queste scelte le fa per convinzione, senza aspettarsi niente, ma in uno spirito di gratuità e di dedizione.
Noi facciamo queste scelte perché riteniamo ad esempio che la vita sia inviolabile in un Paese, in un mondo che sta perdendo il senso della vita – Prof. Gigli grazie per quello che fai – offendendo la sacralità di un mistero, di un dono che nessuno, credente o non credente che sia, ha la disponibilità di distruggere. Questo è il terreno di incontro, anche sui temi etici, tra il mondo cattolico e coloro che non credono: fecondazione, bioetica. Questa è la nostra laicità, che si basa sul concetto di libertà. Libertà per tutti, anche per chi credendo deve essere libero di vivere le sue scelte di fede senza vergogna, magari confinandosi nel privato della sua coscienza.
Non esistono parlamentari di serie A e di serie B. Esistono parlamentari liberi e nessuno può fissare o delimitare i contorni del politicamente corretto bacchettando qualchedun altro. I cattolici non possono essere rispettati solo se fanno scelte politicamente corrette. Qual è il confine? E chi lo traccia?
Noi, parlamentari cattolici, in tutti gli schieramenti in cui siamo stati eletti, difenderemo questi valori per convinzione e non accettiamo di essere parlamentari di serie B.
Grazie. Grazie al Presidente della Camera, non per la lezione di catechismo, ma perché ha spiegato che come Presidente della Camera difenderà i diritti di tutti i parlamentari. Non ne ho mai avuto dubbio, ma penso che sia stato molto significativo ieri, questo intervento del Presidente della Camera.
Stiamo parlando di valori. E consentitemi – perché è un valore anche la solidarietà – se parlando di questi valori, oggi voglio esprimere da questo palco un messaggio di solidarietà. Voglio dire a un uomo, anche difficile, con cui ho discusso e a volte, detto tra noi, anche un po’ litigato, voglio dire a Dino Boffo che qui c’è un popolo che lo stima, lo apprezza, nel momento di una sofferenza forte e ingiusta: ha difeso la libertà dei cattolici, il loro diritto di esprimersi senza che nessuno possa bacchettarli.
Ma a pensarci bene, la storia del fuoco amico che si è abbattuto su Dino Boffo è la metafora di un’Italia che stiamo vivendo. È la spia preoccupante di un’intolleranza per il giudizio politico diverso ed è un fuoco amico che con non meno virulenza si è abbattuto su chi impegnato ai vertici delle istituzioni anche se dice, le ha detto anche ieri, delle cose di buon senso, ovvie, che forse però non entrano nel coro degli adulatori, cose che forse, proprio per questo, diventano di per sé pericolose.
Vedete, noi abbiamo ben chiara una cosa: abbiamo ben chiaro che i moderati danno fastidio.
Io personalmente ho ancora più chiaro che i moderati danno più fastidio degli altri. Io ho la profonda consapevolezza che quando il mio amico Franceschini propone una santa alleanza contro Berlusconi, come ha fatto questa mattina, dimostra che le elezioni non gli sono servite a niente perché un’alleanza di questo tipo è il più grande regalo che può fare a Silvio Berlusconi.
Noi vogliamo cambiare in meglio il Paese, non contro qualcuno o contro qualche partito, noi vogliamo cambiarlo con le nostre idee, non contro di lui.

Ecco amici perché Di Pietro, che evidentemente incide sulla politica del PD molto più di quanto noi possiamo sperare, è l’avversario di comodo a Berlusconi.
Ed ecco perché bisogno espungere tutta la possibile diversità: si chiami Gianfranco Fini, si chiami Dino Boffo, noi siamo già stati normalizzati nelle intenzioni, seppure oggi si deve prendere atto che non siamo defunti, ma siamo decisivi.
Questa è la logica di una debolezza della politica. Io vorrei riflettere su questo punto: la volgarità mediatica è figlia della crisi della politica. Io penso che il vero elemento su cui meditare non sia la stampa che attacca. Parliamoci chiaro. Ciriaco De Mita lo sa. Repubblica è sempre stato un giornale che ha preso di mira il potere, in gran parte ha preso di mira i grandi uomini della cosiddetta Prima Repubblica, e sono andati avanti, e non è mai morto nessuno, e hanno cercato in qualche modo di governare lo stesso, senza ingaggiare guerre personali con Repubblica.
Insomma, Repubblica è Eugenio Scalfari, che ancora ha paura del Grande Centro. Qualcuno dovrà spiegargli prima o poi che forse questo è l’unico elemento in condizione di cambiare la politica italiana. Tutto il resto finisce per normalizzarla e per stratificarla, ma comunque non è questo il dato di anomalia.
Il dato vero di anomalia è che chi guida il Paese con cento voti di scarto in Parlamento – e certamente ogni paragone con De Gasperi è improprio, ma una cosa bisogna riconoscere: che oggi Berlusconi ha più potere di De Gasperi – e governando con cento voti di maggioranza, affida il proprio destino politico agli editoriali di Feltri. Questa è l’anomalia, questa è la prova di debolezza di un potere che è chiuso in un fortilizio, ma che è in guerra un giorno con l’Unione Europea, il giorno dopo con i giornali, il giorno dopo con i poteri forti e il terzo giorno con i magistrati: ma questo Paese dove andrà se chi lo guida non lo rasserena e continua ad instillare una sorta di agitazione, di veleno permanente.

Amici, altro che miglior Governo degli ultimi cinquant’anni. Qui qualcosa non funziona. Noi siamo ottimisti, noi non siamo disfattisti, noi siamo speranzosi, noi Presidente Berlusconi siamo più ottimisti di lei. E se non fossimo ottimisti non avremmo fatto tutto quello che abbiamo fatto.
Ma, debbo dire i dati parlano chiaro.
Il PIL italiano nel 2009 è calato del 5,1%. Negli ultimi vent’anni il PIL italiano è cresciuto circa un punto in meno all’anno rispetto alla media degli altri Paesi europei.
Il debito pubblico è al 121% nel 2010, fonte Fondo Monetario Internazionale.
Il rapporto deficit/Pil sale dal 2,7% del 2008 al 5,4%.
Il crollo delle entrate fiscali è davanti a tutti.
La spesa pubblica si attesterà al 52,4% del Pil nel 2009.
La pressione fiscale è al 43,3%.
La produzione industriale è crollata del 25% quest’anno tornando ai livelli dell’82.
31.000 in meno imprese solo nel I trimestre 2009.
Nel biennio 2008-2009 si sono persi 700.000 posti di lavoro.
La cassa integrazione è aumentata complessivamente del 386,2%.
I lavoratori non protetti su cui Pezzotta giustamente richiama spesso l’attenzione del partito sono 1.600.000.
L’export nel 2009 è calato del 17,3%.
L’attrazione degli investimenti esteri del 34%.
Il totale del debito della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese è a 60 miliardi di euro.
Siamo il Paese più vecchio del mondo dopo il Giappone.
L’Italia è il Paese dell’OCSE con il più alto livello di spesa pensionistica.
La spesa pensionistica in Italia assorbe il 30% del bilancio dello stato.
La fecondità, e questa è una grande questione politica, non demografica, nel 2007 è 1,37 figli per donne. Solo la Germania è meno prolifica di noi.
Il rapporto con la popolazione con 65 anni e più e quella 14-64 è attorno ad un 30%: da qui al 2050 sarebbero necessari per tenere questo dato in equilibrio ogni anno nuovi ingressi superiori ad un milione di persone perché è chiaro, che se non è ancora esplosa la questione demografica, è perché c’e’ l’apporto degli extracomunitari.
Abbiamo 3.900.000 immigrati regolari al 1 gennaio 2009, il 6,5% della popolazione.
11,3% delle famiglie residenti si trova in condizione di povertà.
700.000 cittadini meridionali negli ultimi 10 anni hanno scelto la via dell’emigrazione e sappiamo quanto questo fenomeno tocchi i ragazzi che hanno studiato, del sud, che si sono laureati: c’e’ una migrazione intellettuale che rischia di impoverire e di allargare ancora di più il fossato del Paese.
Il tasso di disoccupazione al sud è del 22%.
Le cifre dell’economia criminale sono calcolate a 100 miliardi di euro all’anno, pari a quasi il 7% del Pil annuo.
Il sommerso economico oscilla fra un minimo del 15,3% del Pil e un massimo del 16,9%, ma secondo l’OCSE arriva al 27%.
Questi sono i dati. E qui qualcosa non funziona. E qui l’ottimismo della volontà è di tutti noi, è di tutti gli italiani. È di chi va a lavorare, studia, apre le aziende tutte le mattine. Ma qui qualcosa non funziona.
Il Governo ci dice, Tabacci, che aveva capito tutto. Tremonti ci ha detto che aveva capito tutto. Noi sommessamente qualche piccolo dubbio ce l’abbiamo. Perché se aveva capito tutto, allora ha sbagliato profondamente le scelte. I casi sono due: o non aveva capito tutto, come noi ci auguriamo, o ha sbagliato clamorosamente le scelte. Perché se aveva capito tutto, io non capisco perché ha ipotizzato la Robin Hood Tax per togliere soldi alle banche salvo poi dover correre a fare i Tremonti Bond per darglieli.
Se aveva capito tutto, io non capisco perché ha ipotizzato i tagli lineari che hanno portato allo sbraco della Finanziaria come abbiamo denunciato una settimana fa a Bologna.
Ma se aveva capito tutto, io non capisco perché il Governo ha fatto l’operazione dell’ICI che è costata cara e che per altro è stata completamente in controtendenza rispetto agli istinti federalisti.
Il Presidente del Consiglio dice che sono i giornali, che sono i giornali a dire che l’Alitalia non funziona. Bene, io sfido il Presidente del Consiglio ad andarsi a prendere un aereo dell’Alitalia e a pensare, e continuare a pensare che l’Alitalia funziona.
L’Alitalia è il più grande spreco: 4 miliardi di soldi degli italiani hanno finito per alimentare una voragine e tra qualche mese dovremo correre dietro i francesi, e dovremmo ridurre i 140 aerei a 80 aerei, e dovremo drasticamente ancora di più tagliare i voli che sono programmati. L’Alitalia non funziona, ma l’Alitalia funziona ancora meno di quello che si era previsto. E noi abbiamo speso soldi degli italiani quando c’era la possibilità di dare ai francesi questa azienda. Oggi naturalmente i francesi sono i primi grati al Presidente Berlusconi perché si sono evitati, con la crisi di mercato che c’è, una specie di mostro del genere nelle loro casse.
Noi diciamo al Governo una cosa sola, semplice. Ma, non è il momento di fare le riforme? Non le finte riforme…

Abbiamo avuto una pletora di amici sindacalisti – scusa Savino, ma so che tu sei burbero e benevolo, per cui alla fine io approfitto della tua benevolenza – una pletora di tuoi ex colleghi i quali ci sono venuti a spiegare gli effetti meravigliosi della partecipazione agli utili dei lavoratori. Allora, se vogliamo fare accademia diciamo che siamo tutti, perché lo siamo, per la partecipazione agli utili dei lavoratori, che pure in Germania, dove si è realizzata, oggi viene auto-criticamente rivista. Ma se vogliamo essere in Italia e non stare sulla luna, ma amici è il momento di parlare oggi di partecipazione agli utili quando non ci sono utili per le imprese? Ma questa è una fuga dalla realtà, una fuga dalla realtà, come quella – caro Ferrarese, tu che sei ex Presidente dell’Associazione degli industriali di Brindisi – come quella di chi nel Governo ha parlato di detassazione degli straordinari. Parlare oggi di detassazione degli straordinari è una cosa lunare visto che gli straordinari le aziende non li fanno perché stanno licenziando la gente.
Allora qui c’è da fare una politica delle cose che sono necessarie. Altro è la politica virtuale, la politica che si fa per alimentare un dibattito surreale, sulle cose che astrattamente in un convegno di studi si potrebbero discutere: ma oggi non si fanno quelle che è essenziale fare.
Allora vorrei dirvi alcune cose su questo.
La liberalizzazione dei servizi pubblici locali – Galletti –, la liberalizzazione delle professioni – caro Michele Vietti -, la riforma della pubblica amministrazione, ma non sugli slogan, ma sulla realtà, perché quando Brunetta annuncia di ridurre i tempi di attesa nelle aziende sanitarie, non ho capito, visto che dipendono dalle regioni, cosa c’entra lui, in che modo può essere lui a risolvere questo problema: un’altra fuga dalla realtà.
Come la campagna sull’assenteismo che è stata utile se è riuscito a limitarlo, ma che in alcun modo ha inciso con provvedimenti strutturali che colleghino il merito nella pubblica amministrazione e l’efficienza ai compensi dei dirigenti.
La riforma della previdenza: già, la riforma della previdenza. Perché siamo ancora schiacciati da questo problema. E il signor Prodi ad abolire lo scalone ha fatto uno sbaglio enorme. E oggi noi dobbiamo ritornare qui. Ristabilire un patto tra le generazioni.
Basta tagli lineari, che portano poi alla situazione in cui siamo. Bisogna ridurre la spesa pubblica attraverso un’analisi, la cosiddetta spending review, un’analisi profonda, approfondita, di tutte le voci di spesa e di tutti gli sprechi che ci sono.
Dobbiamo porci, amici, la grande questione morale della Sanità. Perché quando nella Sanità, chi gestisce la Sanità, si preoccupa più dei partiti che dei malati il cittadino si sente solo e noi non possiamo lasciare nelle corsie di ospedali o nelle liste di attesa i cittadini soli.
Fuori i partiti dalla Sanità. Fuori i partiti dalle aziende ospedaliere: la ricetta è semplice, non ci sono deroghe o scorciatoie. Dal nord al sud, perché lo ha detto Tassone ieri, ma è profondamente ingiusto su questo ritenere che al nord le cose siano limpide e al sud le cose siano……no, non è così.
Perché la lottizzazione partitica esiste al nord, dove c’è un’area di efficienza superiore, come esiste al sud, dove c’è un’inefficienza cronica più forte.
Amici, è inutile, le chiacchiere stanno a zero. Oggi nelle spartizioni tra i partiti la sanità è il posto più appetibile perché si fanno gli affari. Vogliamo dire le cose con il loro nome o vogliamo far finta di essere tutti Alice nel paese delle meraviglie? Non so se affidarla ai tecnici significa immunizzarci dall’affarismo: ho qualche dubbio perché non penso alla superiorità dei tecnici rispetto ai politici, ma credo che ci sia il dovere della politica di difendersi.

IL SUD
Beh amici, io ho sentito tutti gli interventi degli amici del Mezzogiorno, appassionati, forti, vibranti: da quello di Totò Cuffaro di ieri, a quello di Mannino, a quello di stamattina di Saverio, e a tutti gli altri.
Credo una cosa sola: la questione meridionale esiste. La questione meridionale è ovvio che non si risolve con partiti del sud, variopinti o chissà che altro…
Il problema vero è uno: se la classe dirigente del Mezzogiorno vuole essere credibile – Occhiuto – se vuol essere credibile deve fare una profonda autocritica perché non può essere solo un caso che le regioni del Mezzogiorno siano le regioni in cui il livello amministrativo è deficitario, in cui diventa imbarazzante appoggiare gli attuali Presidenti delle giunte regionali.
È così.
Perché se questa autocritica si fa, si può guardare avanti, se no si guarderà indietro.

Voglio tornare un attimo alla politica, anche se questa è più politica forse dell’altra.
Siamo in una fase in cui si amplificano le paure, si instilla angoscia, c’è un Governo che dovrebbe guidare il Paese, il momento è difficile, certamente non causato da Berlusconi. Oggi è il momento che il Presidente del Consiglio guidi, che il Presidente del Consiglio faccia sentire tutti partecipi, che il Presidente del Consiglio, nel rispetto dei ruoli diversi, coinvolga anche chi sta all’opposizione, coinvolga le forze – lo ha detto il Presidente Fini – come le nostre. Ma non facendo dei pasticci. Magari ogni tanto chiamando, dicendo: cosa pensate voi di questo? O facendo semplicemente un messaggio limpido ai suoi ministri, ascoltate nelle aule parlamentari quello che dicono, non chiudetevi le orecchie, non arroccatevi nel voto di fiducia, non arroccatevi nei maxi emendamenti. Ci sarebbe bisogno di una grande idea del futuro del Paese. E invece siamo in una fuga dalla realtà continua.
Siamo in un’eccitazione permanente e abbiamo una forza politica che instilla, instilla veleno giornalmente: le ronde, gli extracomunitari che sono il pericolo, che vanno abbattuti, gli islamici che sono da cacciare fuori, bisogna dare ai medici il compito di fare la spia, ai presidi il compito di fare la spia. E poi si parla degli esami di dialetto ai professori, si parla di bandiere regionali, si parla di lotta alla Chiesa, quando la Chiesa si profila con il suo volto caritatevole e umile dell’accoglienza, di attacchi all’inno nazionale, alla bandiera, di gabbie salariali, di lotta territoriale tra nord e sud. Un Paese lacerato dai conflitti corporativi: questa era l’Italia, questa è l’Italia oggi, e ai conflitti corporativi si deve aggiungere questa grande corporazione territoriale che sta nascendo, per cui per difendersi – perché non c’è più nessuno che parla di unità nazionale, non c’è più nessuno che dice prendiamoci per mano, andiamo avanti insieme, nord e sud, questa è la ricchezza dell’Italia, dalla Valle D’Aosta alla Sicilia alla Sardegna – bene, la gente ha paura e scimmiotta la Lega e, questo federalismo parolaio, che viene sostituito da un centralismo poi di fatto, perché i presidenti delle Regioni in pectore si decidono tutti nelle cene di Arcore, alla faccia del federalismo, caro D’Onofrio, noi che abbiamo parlato di questo sappiamo che il federalismo sarebbe ben altro…
Ebbene, allora al sud nascono i partiti del sud, perché vedono che questo è l’unico modo per riuscire a strappare qualcosa al potere centrale.
Ma amici, questo è un quadro devastante del nostro Paese. E noi stiamo semplicemente denunciando questo. Noi non stiamo complottando con nessuno, non stiamo evocando nessun uomo forte, o nessun uomo nuovo, anche perché abbiamo già sperimentato gli uomini nuovi, gli uomini forti e ne abbiamo già avuto abbastanza.
Ma semplicemente denunciamo questa realtà. Oggi io invito gli italiani a leggere, ad ascoltare. Bossi ha detto ieri: o si fa come dico io o si va alle elezioni anticipate.
Allora io voglio dire una cosa a Berlusconi e a Bossi: che, forse per motivi diversi, ogni tanto fanno circolare questa sorta di favola metropolitana delle elezioni anticipate.
Due messaggi.
Il primo: facciamole, siamo pronti, qui c’è un partito che alle prossime elezioni sarà decisiva forza di cambiamento con ben altre presenze che quelle che qui oggi si vedono. Facciamole. Noi siamo una forza di opposizione, vogliamo fare le elezioni. Ma voglio dire una cosa più sostanziosa e più sostanziale all’on. Bossi: che se lui pensa di agitare lo spauracchio delle elezioni per ricattare oltre quanto sta già facendo la politica italiana, per farla sottostare ai diktat della Lega, sappia che in questo Parlamento c’è una maggioranza ampia che a questi diktat non ci vuole stare. Non spaventa nessuno, Bossi non spaventa nessuno, la Lega deve avere qualcuno che gli dice basta, è finito e se non glielo dice Berlusconi, una maggioranza in Parlamento si troverà.
Bossi ha avuto un bel successo elettorale: ha il 10% dei consensi, ha un alleato Berlusconi assai compiacente verso le sue sfuriate, ma se tira la corda sappia che in Parlamento ci si mette 10 minuti a creare una maggioranza che faccia a meno dei diktat e dei ricatti della Lega.
Allora, Bossi che parli di lotta alla criminalità, che parli di lotta all’immigrazione clandestina…. E io voglio dirvi una cosa, amici. Io condivido quello che ha detto qualcuno qui: stiamo attenti, guai a fare lo sbaglio storico enorme, in un momento in cui soprattutto le fasce più deboli della popolazione, rischiano di avere paura, guai ad alimentare i razzismi o le paure, ma guai anche a lasciare alla Lega il monopolio della lotta alla clandestinità, all’illegalità, ai racket, alle moschee in cui si predica odio, violenza e terrore… guai, non facciamo questo sbaglio, lo può fare giusto Franceschini, non noi, lo può fare una sinistra che non capisce, non noi. Noi, guidando il Paese, dovremo proporci di essere capaci di comprendere questi stati d’animo, di lottare forte contro la criminalità, l’illegalità, ma nello stesso tempo noi vogliamo – caro Rocco, l’hai detto efficacemente – noi vogliamo uno Stato che sia padre, uno Stato cattivo come ha detto Maroni non ci piace. Lo Stato non deve essere né buono né cattivo, lo Stato deve semplicemente essere giusto. Lo Stato, amici, non deve essere forte con i deboli e debole con i forti, lo ha detto D’Alia ieri, non possiamo prendercela con quei poveracci, con lo status di profughi, che scappano da terre martoriate come l’Eritrea, Paese a noi storicamente vicino, lasciandoli in balia dei mari o nei campi di concentramento libici dove vengono violentate donne e bambini, non possiamo accettare questo, in nome dell’umanità, umanità si chiama, umanità, pietas cristiana, senso della pietà, senso della missione della civiltà, di un Paese che non può fregarsene degli altri. Abbiamo bisogno di loro ogni giorno, non possiamo, lo ha detto efficacemente qualcuno, forse Bruno, non possiamo utilizzarli il giorno e ghettizzarli la notte, non possiamo avere bisogno di loro nelle nostre aziende, nelle nostre fabbriche, nelle nostre case e poi pretendere che la notte spariscano, che siano invisibili. Ebbene, amici, lo Stato, con la “S” maiuscola, come io lo intendo e come me lo hanno insegnato i miei padri politici, lo Stato deve avere un senso della missione, deve avere un senso del futuro, dobbiamo avere il senso dell’integrazione, dobbiamo rendere comune l’orgoglio di appartenenza a una bandiera, a un inno, a una nazionalità, a una casa, questa è la grande ricchezza che l’Italia di domani deve maturare, attorno al tricolore, al concetto di patria.
Noi ribadiamo la voglia di una cittadinanza condivisa, noi siamo per estendere il concetto di cittadinanza alle persone a cui affidiamo i nostri figli la mattina, alle persone che si integrano, che rispettano la legge, a quegli extracomunitari – lo ha ricordato ieri Libè – che grazie al fatto che lavorano, mantengono una parità nei conti previdenziali del nostro Stato, e ci consentono di mantenere l’equilibrio demografico. Noi vogliamo rendere la cittadinanza un traguardo condiviso per chi ha maturato – ed è verificato – un senso di appartenenza alla nostra comunità nazionale.
Noi vogliamo un voto alle amministrative per chi si integra, e l’on. Berlusconi, scusi, si documenti guardando quello che accade negli altri Paesi europei, capirà che non c’e’ niente di eversivo in questa richiesta, direi che è una richiesta talmente banale da essere addirittura scontato per chi milita all’interno del Partito Popolare Europeo. Sulla pelle di questi disgraziati si può guadagnare qualche voto, ma si umilia l’idea di Italia che vogliamo trasmettere ai nostri figli, si umilia l’idea di un futuro del Paese che dobbiamo avere come patrimonio comune, integrato tra le diversità che esistono. Certo, nel rispetto della nostra cultura, nel rispetto della nostra identità…anch’io sorrido quando vedo preti che fanno le moschee: mi sembra ridicolo, mi sembra improprio, mi sembra assurdo. Noi non dobbiamo vergognarci di difendere la nostra identità e chi viene in Italia deve sapere che qui c’è un Paese che ha regole, storie e tradizioni da rispettare e chi viene qua deve essere conscio che queste regole il primo a doverle rispettare è lui.
Ieri Lorenzo Cesa, che non smetterò mai di ringraziare per la croce che giornalmente si carica addosso…ieri Lorenzo Cesa – e poi su questo punto è tornato De Mita, ma perché c’era tornato Fini – ha parlato di bipolarismo. Io penso che sia stato chiarissimo il suo intervento. Però, soprattutto per gli amici giornalisti, vorrei ripetere la situazione con molta chiarezza. Il bipartitismo è morto e il bipolarismo non sta bene, perché ha affidato il suo destino alla Lega e a Di Pietro e perché è sotto ricatto delle forze estremiste. Questo bipolarismo così com’è non va, chiudiamo la querelle con tutti e credo che nessun italiano non sia d’accordo con l’analisi che Cesa ha fatto. Noi abbiamo lottato contro il bipartitismo, abbiamo sommessamente detto che era un’illusione ottica, perché tra l’altro le modalità di formazione dei due soggetti che il bipartitismo dovevano fondare era già evidente che non avrebbero potuto dare quello che si auspicava dessero. Se ne faccia una ragione pure Panebianco, io capisco che vede un meccanismo teorico, il laboratorio, gli piace e vuole che vada bene per la realtà italiana, ma questi amici studiosi cari che abbiamo, devono ogni tanto anche fare i conti con la realtà, non solo con le illusioni che hanno. Bene, allora, il bipartitismo è morto.
Amici è morto grazie a noi, perché se non c’era chi metteva il ditino nell’ingranaggio, l’illusione bipartitica ce la saremmo portata dietro venti anni. Il bipartitismo è morto e sepolto. E la richiesta di alleanze con noi è la certificazione della morte del bipartitismo.
Il bipolarismo, io penso che noi dovremmo soprattutto per gli amici giornalisti, dire con chiarezza che nessuno di noi ha nostalgie verso i tempi in cui si facevano il giorno dopo le elezioni le alleanze… anche se, qualche politologo illustre, mi dovrebbe spiegare quando è capitato. Perché la Democrazia Cristiana il giorno dopo le elezioni con chi faceva le alleanze? Con quelli con cui era largamente prevedibile che le facesse. E in altri Paesi, con chi si fanno le alleanze, salvo momenti di emergenza? Con chi è largamente previsto che si facciano le alleanze.
Ma comunque nessuno di noi ha nostalgia verso questi tempi. E siamo talmente consci che bisogna essere rigorosi nel rapporto con gli elettori che a chi ci dice “entrate nel PDL” diciamo “no”, per rispetto con gli elettori. Diciamo: “A voi il rispetto degli elettori vi serve quando vi serve, quando non vi serve non funziona più il rispetto con gli elettori”.
Noi abbiamo fatto una campagna elettorale per cui non ci discostiamo dal rispetto con gli elettori.
Ma noi siamo per la democrazia dell’alternanza, di cui parlava il non dimenticato sen. Ruffini. Noi siamo per un bipolarismo europeo che si costruisce tra il centro e la sinistra socialista. Amici miei, non è mica colpa nostra se in Italia c’è un centrodestra a trazione leghista che sente più le vocazioni populiste di quelle popolari, e che nel centrosinistra abbiamo il bailamme che abbiamo. Ma quello è il modello teorico. Tra il modello teorico e la pratica realizzazione c’è la politica. C’è quello che noi stiamo cercando di fare, per smantellare, e ci siamo riusciti, un bipartitismo che è assolutamente devastante e per smantellare un bipolarismo che mette in trono la Lega e Di Pietro, con il sig. Bossi che addirittura, come prima dicevo, ha minacciato “o si fa così o si va alle elezioni”. Arma spuntata perché evidentemente tutti lo capiscono.
Dunque, noi siamo per una democrazia dell’alternanza.
Ho parlato un attimo del Pdl, poi torno a parlarne…
Voglio dire una cosa del PD. Perché io ho scritto il mio intervengo e mi sono accorto che non avevo scritto nessuna pagina sul PD. E Rao mi ha detto: “Oh, ma qui devi dire qualcosa anche del PD”. Gli avevo fatto rileggere gli appunti. Gli ho detto: “Sì, me ne ero dimenticato”.
Perché? Perché il PD a trazione o a vocazione maggioritaria è finito.
È stato il grande avversario di comodo di Berlusconi. Veltroni ha fatto alcune cose giuste, quando si è liberato dell’ingombro di alcuni alleati impresentabili. Ma poi, la sventurata rispose. Ha risposto sul terreno che lo portava inevitabilmente ad essere l’avversario di comodo di Berlusconi, e, infatti, Berlusconi di tutto ha paura salvo che dell’esito del congresso del PD, perché questo è chiaro che in nessun modo potrà incidere sulla sua egemonia politica.
Noi rispettiamo questa forza, perché è una forza di popolo, perché è una forza di uomini, di donne, che credono legittimamente, hanno un’idea diversa dalla nostra del futuro dell’Italia, ma guai a non rispettare quella storia.
Ma amici, mi cadono le braccia, quando ancora oggi Franceschini si preoccupa del Grande Centro, condanna il Grande Centro e dice: “La coalizione deve essere basata sull’antiberlusconismo”. Ma se questo è l’ipotesi di costruzione di un’alternativa, Berlusconi può dormire i suoi sonni tranquilli, l’alternativa non ci sarà mai se si basano ancora su questi consunti modelli l’idea e la speranza di creare un’alternativa. Vedete, l’altro giorno ero, ieri, con questa ragazza ricercatrice, che certamente non era una berlusconiana accanita, anzi tutt’altro. Mi ha detto: ma a me però di Berlusconi, delle escort, non me ne frega niente. Io voglio capire come si risponde ai temi della ricerca. Io voglio capire – perché voglio portare mio figlio a scuola – sul tempo pieno quanto ha inciso Tremonti e quanto la Gelmini? Tremonti sì, molto, la Gelmini no evidentemente, perché sono state tagliate al di là di quello che si dice gran parti delle possibilità di tempo pieno per le famiglie italiane.
Allora io dò un giudizio duro sull’idea di un Paese ondeggiante tra Di Pietro e i moderati a giorno alterni: il PD deve fare una scelta strategica, non può pensare solo di essere, in quanto il partito maggiore, il raccoglitore di tutto ciò che è e non è contro Berlusconi. È l’idea di un Paese diverso che una grande forza come il PD dovrebbe trasmettere. E noi guarderemo il loro congresso, vedremo se ci hanno convinto, vedremo se hanno risolto il problema del mondo cattolico… perché questa è un’altra questione: non si può pensare di accettare i toni laicisti e anti cattolici di un neo anticlericalismo laico di Marino e pensare poi di poter dialogare con il mondo cattolico, non è possibile.
Bene, amici, il Partito Democratico, faccia il suo congresso, noi ci aspettiamo di avere un rapporto corretto, un rapporto che può anche basarsi su collaborazioni di governo, in sede locale, laddove ci sono quelle caratteristiche di serietà, di rispetto dei nostri valori e di comunanza politica programmatica.

Il PDL.
E io qua non posso che parlare in un modo del Pdl, perché mi meraviglio francamente di chi si meraviglia. Quello che è il Pdl era scritto sul predellino, tutto possiamo dire a Berlusconi, salvo che Berlusconi non avesse spiegato con chiarezza il programma politico del Pdl: chi ci sta ci sta, chi non ci sta fuori dalle scatole. Lo aveva detto con chiarezza e sta realizzando esattamente questo programma. L’unico che lo prese sul serio siamo stati noi, infatti ce ne siamo andati. Ma tutti gli altri dovevano capire che quello era l’epilogo chiaro.
Il problema del populismo, il problema della democrazia interna, il problema del poco rispetto del Parlamento, il problema di una deriva populista: adesso vedo che c’è qualcuno nel Pdl che addirittura ci spiega negli editoriali che un tasso di populismo oggi è fisiologico tra le forze popolari del Partito Popolare Europeo. Tutte sciocchezze. Il populismo è la degenerazione del popolarismo. Il populismo è un tumore da estirpare nelle società contemporanee, e una forza populista non è una forza di centro moderato e di governo, altro che fraseggiare sulle ideologie.
Bene amici: l’evocazione dell’uomo forte. Mah, è un partito nato da un atto notarile, è un partito che io rispetto, è un partito dove ci sono tantissime brave persone, sono le stesse che vengono nel mio ufficio e mi dicono: avete ragione, andate avanti. La nostra amica Mondello che ha avuto il coraggio di fare una scelta che tanti non hanno fatto, sa quanti le vengono a dire: hai ragione, sussurrandoglielo in un orecchio. Amici, la vita è così, e la carne è debole, non è che possiamo pensare che tutti abbiano il coraggio.
Ma quello che sta capitando nel Pdl, è solo questo che voglio dire, non voglio neanche polemizzare, è logico, è la conseguenza di un’idea di partito e di Paese diversa da quella che abbiamo noi. Il Parlamento è un impiccio, il Parlamento è un qualcosa che può essere tollerato se non disturba il manovratore, perché chi vince ha un’idea proprietaria del Paese. Allora voglio ricordare invece che chi vince è il capo del Paese, chi vince guida il Paese, non è proprietario di un Paese, è diverso da un’azienda. In un’azienda chi ha la maggioranza delle azioni è proprietario, in un Paese chi vince deve rispettare anche gli altri, anche noi che siamo italiani esattamente come gli elettori del Pdl, che abbiamo l’orgoglio per l’identità, per la bandiera, per l’unità nazionale.
Noi rispettiamo tutti, ma la vittoria non dà diritto alle prevaricazioni.
Qui c’è l’ex sindaco della mia città, Guazzaloca: lui ha vinto in passato. Gli hanno rimproverato di non aver fatto piazza pulita dell’apparato del PCI che c’era da 50 anni… Cosa doveva fare? Prendere il mitra e far fuori tutti i dirigenti? Ha cercato di dire: i meritevoli rimangono, e i ladri se ne vanno via. Ma questa è la cosa di buon senso che bisogna fare, è inutile inventarsi delle cose.
Questo è il rispetto per gli altri.
Uno diventa presidente di un’istituzione, non è che dice, faccio piazza pulita perché arrivo io.
Ci vuole il rispetto di una diversità e ci vuole la convinzione che chi guida ha più responsabilità degli altri. Vedete, non è che Berlusconi abbia tutti i torti in tante parte di polemica che fa con la sinistra. Ma perché non è convincente? Perché chi guida ha un supplemento di responsabilità. Tra De Gasperi e Togliatti chi doveva mostrare il supplemento di responsabilità era De Gasperi. Tra la Democrazia Cristiana e il PCI chi lo doveva mostrare era la Democrazia Cristiana. Perché chi guida deve farsi carico anche di chi non condivide, perché chi guida deve avere il senso di una missione condivisa e, se non lo è, trasmetterla. Perché chi guida non può passare il 90% del suo tempo a insultare l’opposizione, chi non la pensa come lui. Perché se no non guida verso il futuro, porta al macero un Paese, come ha detto Cesa nella sua introduzione.

D’Onofrio, Mannino si sono chiesti se il Pdl si è avvicinato a noi o si è allontanato. Mah, ragazzi, è talmente chiaro. Io sono rimasto colpito anche questa estate quando si parlava dell’Udc. Perché c’erano “raffinate” motivazioni in molti amici del Pdl che vogliono fare le alleanze con noi nelle giunte regionali e provinciali. Dicevano: con l’Udc si vince, senza si perde. Cioè la motivazione politica dell’alleanza era che noi potevamo farli vincere. Motivazione peraltro sufficiente per loro, ma del tutto insoddisfacente per noi. Perché noi non possiamo essere un giorno gli uomini da abbattere, da far scomparire dalla faccia della terra e poi perché esistiamo e siamo così forti, decisivi per far vincere loro.
E amici, qui bisogna rispondere a chi dice: l’Udc tentenna.
Noi non tentenniamo affatto. Noi abbiamo vinto una lotta contro il bipartitismo e poiché contestiamo un bipolarismo primitivo che assegna alle estreme la golden share, noi non accettiamo un’alleanza organica sul territorio nazionale con gli uni o con gli altri perché questa alleanza darebbe a loro la ragione politica rispetto all’impianto che noi siamo impegnati a costruire. Ma scusate amici, ma nel momento in cui vogliamo mandarli a casa, perché dovremmo fare l’alleanza organica con il Pd o con il Pdl?
Nel momento in cui diciamo che questi non fanno il bene dell’Italia, perché dovremmo allearci con loro, non siamo mica schizofrenici…
Dobbiamo allearci perché li dobbiamo far vincere?
Io una logica del genere, che francamente mi fa sorridere, non l’ho mai vista. Capisco che abbia un qualche aspetto motivazionale soggettivo, ma che aspetto ha per noi?
Vedete, accettare un’alleanza nazionale oggi, significherebbe accettare la negazione dell’impianto politico dell’Udc e renderci subalterni politicamente agli uni o agli altri.
Non è, Bruno, una furba equidistanza, perché non è mai furbo rispettare il contratto che si stipula con gli elettori. E noi in Parlamento ci siamo, fuori dal Pd e fuori dal Pdl, e anche se abbiamo tante ragioni di contestazione politica alla maggioranza come le ha il Pd, sarebbe assai stupido ritenere, come Cuffaro ha detto – io condivido quello che ha detto, questo punto – che noi dobbiamo disinteressarci di un popolo che esiste.
Io credo che quando si spegneranno i riflettori della demagogia, quando i riflettori del populismo, dell’uomo forte che ha una ricaduta reale sul Paese – l’evocazione dell’uomo forte non è una cosa che il Paese non vuole sentir dire, il Paese oggi purtroppo è in una crisi tale che è predisposto ad ascoltare la rivendicazione dell’uomo forte, quello che gli risolve i problemi, quello che non gli crea impicci, poi non c’è neanche l’alternativa, per cui faccia lui quel che vuole – bene, amici, quando il bagliore degli effetti speciali di una televisione in realtà addomesticata, con grande furbizia, perché amplifica le cose positive, racchiude in un cantuccio le cose negative – mah, d’altronde, non ci lamentiamo della televisione: perché in un momento in cui, i telegiornali pubblici italiani, hanno occultato la solidarietà del Papa a Boffo, potete immaginare se può dire le cose dell’Udc, è giusto che le cassi – bene, quando si sarà calmata questa sorta di istigazione permanente all’eccitazione, noi dovremo riprendere un dialogo a 360°, con le personalità del Pd che non potranno non vedere emergere una cosa diversa, da quella in cui hanno creduto nel momento costitutivo e con le personalità, gli uomini e le donne e gli elettori, che sono tanti, del Pdl che non hanno consegnato il loro futuro a Berlusconi, ma hanno creduto in buona fede ad un’idea che Berlusconi ha dato dell’Italia e del suo futuro.
Vedete amici, guai su questo a fare degli errori. La nostra equidistanza è una condizione di forza, non è una furbizia, non è un tatticismo.
Noi veniamo da percorsi diversi. Ma abbiamo avuto tanto rispetto. Questi quattro amici che sono qui, che poi sono destinatari delle lamentele di tutti i nostri – io faccio il finto tonto, dico sempre che non so niente, rivolgetevi a Cesa, Pezzotta, non so niente, la colpa è di Buttiglione, la colpa è di Adornato, cioè cerco sempre di…eh ragazzi, da me non venite, perché la colpa è sempre loro – questi amici hanno su questo concetto di centro, non in forma statica, ma in forma di grande investimento per il futuro, costruito una comunità di uomini e di donne che si allarga giorno dopo giorno, e che oggi butta un seme, fa un investimento per il futuro.
La politica dei due forni, come viene evocata, è tipica di chi persegue una convenienza, ma tutti capiscono che chi sta qui non persegue una convenienza, mette in discussione tante volte una sua convenienza. Decide di scommettere su se stesso e sul proprio futuro.
Dunque l’Udc non tentenna, l’Udc ha un’equidistanza strategica, l’Udc, che non è più Udc, che deve essere un partito nuovo, che oggi è Unione di Centro, l’Unione di Centro vuole cambiare il sistema politico che si divide tra berlusconiani e anti-berlusconiani. Noi siamo convinti che serva qualche aggettivazione diversa. Noi vogliamo una nuova generazione, Rocco, di politici cattolici. Non c’è bisogno di uomini della provvidenza, perché questo è esattamente il tipo di politica che noi stiamo combattendo e che non ha portato i risultati sperati al Paese. C’è bisogno di un partito nuovo, largo, aperto, plurale. C’è bisogno, forse anche, di un grande rassemblement che metta assieme Movimenti, che metta assieme energie diverse.
Amici, mi sono tenuto una cosa finale.
Perché io penso sempre che chi guida un Paese deve guidarlo, sì, chi guida un partito deve guidarlo, chi guida una famiglia deve guidarla e tante volte tenere in piedi una famiglia non significa dare sempre costantemente ragione ai figli, perché sennò la famiglia la si manda al macero.
Qui c’è un problema finale che non è finale, ma che è un problema di fondo a conclusione di una nostra estate.
Bene, scusate, ma spero che mi farete venia, mi perdonerete se sono troppo brutale. Ieri molti, già, molti, loro quattro senz’altro, Lorenzo, Rocco, Savino, Adornato, ma, non solo, tanti leader del nostro partito, hanno detto: andiamo da soli alle elezioni. E ho visto che molti hanno arricciato il naso. Io non credo che il nostro partito abbia fatto un voto di castità, non è che è necessario andare da soli, certamente si possono creare delle alleanze. Ma l’idea delle alleanze diverse, sul territorio nazionale, non è un’idea figlia della convenienza, è un’idea coerente con il posizionamento politico del nostro partito.
E state attenti, io lo voglio dire, perché in politica c’è sempre una verifica: noi abbiamo perso i posti, abbiamo messo a repentaglio ministeri, posti di sottosegretario, prebende, per difendere una comunità di valori, di uomini e di donne che è cresciuta nel frattempo. Oggi io voglio dirvi una cosa chiara: noi siamo a un bivio, a un bivio drammatico, al bivio che avremo di fronte per le prossime elezioni regionali, e io, per quanto starà in mio potere, farò di tutto per difendere i principi e i concetti che ho enunciato qui, perché sarebbe un tradimento verso i nostri elettori se facessi qualcosa di diverso. Noi saremo ad un bivio drammatico e il bivio ve lo voglio dire: il bivio è tra il partito degli assessori e la nostra prospettiva politica. Se noi decideremo di difendere il partito degli assessori noi daremo legittima soddisfazione a qualche amico, ma uccideremo in fasce la nostra prospettiva di essere il perno del cambiamento in Italia.
Noi dobbiamo volare alto, dobbiamo pensare alto e non possiamo svendere l’anima per qualche posticino.
Amici, voglio dirlo con chiarezza: io leggo le rassegne stampa, leggo le rassegne stampa della periferia amici, e a volte, davanti ad attacchi a me, a Cesa, ai nostri capi, davanti ad attacchi al partito per scelte fatte, condivise all’unanimità, i nostri uomini in periferia, per paura di compromettere un qualche piccolo posticino, hanno addirittura paura di reagire e davanti a chi dà una sberla mostrano con un eccesso di cristianità l’altra guancia. Amici, questo, in una parola voglio dire solo: non è tollerabile per rispetto ai 2 milioni e mezzo di elettori che hanno votato Unione di Centro, che non fanno parte di camarille, di assessorati, perché noi dagli assessori i voti li abbiamo persi e non guadagnati, e dalle incrostazioni di potere abbiamo perso voti e non guadagnato.
Brutalmente: non mi sono accorto che ci siano assessori che sono stati capaci di far lievitare voti all’Udc. Se il nostro partito ha preso voti è stato perché c’è una capacità di interpretare un vuoto, che c’è nella politica italiana. Certo noi non siamo bravi, c’è forse chi è molto più bravo di noi; noi abbiamo i difetti, abbiamo le contraddizioni tipiche degli uomini e delle donne di questo Paese. Ma noi abbiamo interpretato un vuoto che c’è nella politica italiana.
Allora, attenti, lo dico soprattutto al tavolo della presidenza: noi dovremo fare alleanze che partano dalla periferia tenendo presente che noi abbiamo una speranza da tenere in piedi.
Ma vi sembra strano? Ieri Rutelli e Fini sono venuti qua e hanno fatto due discorsi diversi. Beh, cosa pensavamo, facessero lo stesso discorso? Sarebbero stati nello stesso partito.
Hanno fatto anche dei distinguo con l’Udc, con l’Unione di centro. Beh, certo, se erano d’accordo con l’Unione di Centro sarebbero stati qui. Almeno uno dei due non sarebbe Presidente della Camera.
Bene, ma sono venuti qui, e come ha detto Fini, è il fatto che parla. E perché vengono qua e magari non da altre parti? Perché si crea questo incrocio qui? Perché ci sono tanti che hanno telefonato a Cesa dicendo “ma perché non avete invitato anche noi?”. Ambasciatori più o meno accreditati o replicanti.
Bene, amici, perché qui c’è il terreno di un germoglio vero, per la credibilità di un lavoro che assieme abbiamo fatto. Allora è qui, è da rispettare, e a me non importa nulla se al termine delle prossime elezioni regionali noi avremo un presidente della Regione o quattro assessori in più: a me interessa che al termine delle elezioni regionali, l’idea che il giorno in cui questo Parlamento si scioglierà, da questa forza politica nasca la forza guida, trainante del Paese, esca come una speranza garantita e rafforzata.
Amici, ma qualche posticino ce lo danno ancora! Affrettiamoci pure noi, oltre che gli amici in periferia… Anche a noi ancora qualche posticino ce lo possono dare… Ma se noi teniamo duro, se questo è un partito che ha fatto una festa di Stati Generali autofinanziati, con ragazzi, giovani e militanti nostri, che sono stati tre giorni qui, a spese loro, se c’è questo popolo che ha una voglia di investire sul futuro, che pensa ancora di essere soggetto protagonista della politica, e non oggetto di qualche nuovo sultanato che si è impossessato del Paese, bene, se c’è questa forza, questa vitalità, ma noi abbiamo il dovere di dare una speranza!
Amici, vedete, c’è in alcuni momenti della storia, chi ha il compito dell’iniziativa e c’è chi è più timoroso, chi si attarda, chi pensa più alle convenienze che alle proprie convinzioni. Ma noi non possiamo essere dei maestri di scuola che bacchettano a destra e a manca. Noi dobbiamo avere umiltà, noi abbiamo avuto il coraggio. Ma siamo forse anche stati facilitati sulla strada del coraggio. Siamo stati messi davanti alle nostre responsabilità. Siamo diventati adulti. Forse come diceva stamattina un amico, siamo pure degli irresponsabili – Cimmino mi sembra lo dicesse – siamo dei pazzi perché abbiamo perso il potere. Bene, bene.
Siamo tutte queste cose.
Ma se siamo tutte queste cose, forse sarà una congiunzione astrale – e c’è chi si attarda – noi non dobbiamo avere fretta, non illudiamoci che ci siano scorciatoie: magari, ci fossero le elezioni anticipate, così finalmente si metterebbe il Paese davanti alla responsabilità di scegliere. Ma non ci saranno, noi dobbiamo stabilire una corsa a livelli e a tempi intermedi, sapendo per la fine di questa legislatura che cosa ci deve essere, e termino: un partito nuovo.
Amici, ci deve essere un partito molto nuovo. Ci deve essere una cosa che nemmeno noi sappiamo cosa sarà. Che nemmeno noi oggi siamo in condizione di capire con chi sarà. Ma certamente se noi pensiamo a quello che è capitato in una legislatura… E’ passato un anno e si sta parlando di elezioni anticipate… Un anno fa noi pensavamo che fosse eterno questo tempo. Un Transatlantico avviato in un mare calmo e tranquillo… Bene è passato un anno e già nella maggioranza si rimpallano a vicenda le minacce di elezioni anticipate.
E allora noi dobbiamo stare calmi amici. Noi dobbiamo volare lungo. Noi non dobbiamo compromettere il futuro per qualche convenienza dell’oggi. E allora io voglio dire agli amici che reggono questi Stati Generali, che ci porteranno al nuovo soggetto politico, ai nostri quattro amici e a tutti gli altri che concorrono con autorevolezza pari a loro a questa impresa, bene, amici siate custodi delle speranze molto più vaste del nostro elettorato, di un popolo che oggi si attarda per mancata convinzione o per convenienza, non importa. Noi dobbiamo far lievitare questa alternativa, e il nostro partito deve essere la forza di cambiamento di questo Paese. Non può fermarci in questa strada la piccola convenienza o qualcuno che si attarda. Abbiamo il compito di volare alto e di difendere sempre l’Italia e gli italiani.
Grazie

9 Commenti
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nicoletti alessandro
15 anni fa

Complimenti belle parole….peccato che non c’ero domenica..ci sono stato sabato..parco fucoli era pieno di gente..e sono partito da Sabaudia solo per venire a sentire le vostre parole.. le parole del mio partito…Sono convinto che il centro è il futuro di una politica sana…a presto presidente.

valentina
valentina
15 anni fa

Sono una ragazza proiettata a sinistra, tuttavia cresce in me ogni giorno di più la consapevolezza che l’unica alternativa veramente valida attualmente è l’udc. Ho trovato molto interessanti le parole di Casini, davvero complimenti!Però a mio parere manca una cosa fondamentale: una reale politica di contatto, sia con chi non fa politica attiva (ma solo simpatizzanti a quest’ultima), sia con coloro i quali militano per questo partito.

Marco Mocera
Marco Mocera
15 anni fa

Ottima osservazione quella di valentina, perchè anche io, come tanti, credo fermamente che se l’udc non concentra molte delle sue forze e risorse in questa sorta di “dialogo” con la base del partito e con i cittadini, resterà sempre un partito di minoranza e con scarsa attrattiva da parte dei giovani e non.

Fernando miele
15 anni fa

Caro Presidente ho più volte comunicate nel vostro blog le nostre prepplessità nei discorsi del passato . Noi della Rosabianca per cassino eravamo tra le prime file Domenica a Chianciano e quel sventolie di bandiere sembrava benzina alla sua carica per il grande ed accurato discorso .

Noi crediamo fermamente a quando a gridato alla platea ed agli italiani in tutta lItalia e all’estero, crediamo però ,anche a quando ha affermato Tabacci, di non essere precipitosi e di formiamo un buona alternativa per sostituire la politica di Assolutismo di Berlusconi .

C’è ancora troppa nostalgia in tanti partecipanti nell”Unione di Centro , non sarà il caso di iniziare ad intividuarli e diversificargli il convicimento che solo il Terzo Polo può essere determinante per un riequilibrio Sociale ?

A rsentirci a presto

Fernando Miele e Direttivo della Rosabiancapercassino.

Raffaele
Raffaele
15 anni fa

Caro Presidente complimenti per domenica è stato come sempre preciso e conciso in tutto…. Io penso fermamente che la vera alternativa politica è solo l’UDC… visto che il PD non esiste ed altrettanto sta par succedere al PDL (lega dipendente)….

a presto Raffaele

Marta Romano
Marta Romano
15 anni fa

@ Valentina e @Marco;
Scusate, ma io devo affermare il contrario. Faccio parte di un gruppo di volontari, amanti della politica, simpatizzanti (nel mio caso è più di una semplice simpatia, è amore! 😀 ) dell’unione di centro. E posso affermare che il presidente ha voluto incontrare noi, proprio noi, noi ragazzi, noi giovani. Ci ha parlato chiaramente, senza “se” e “ma”. E vi chiedo: cosa potrebbe chiedere di più un giovane? Il nostro leader ci ha ascoltati, ci ha risposto sinceramente e senza giri di parole.
L’UDC è vicina agli italiani, ai giovani e ai simpatizzanti che credono in questo partito, e io ne sono una testimone! 😉
Marta

Edoardo Marangoni
Edoardo Marangoni
15 anni fa

In quei tre giorni, a Chianciano, si è respirata un’aria diversa.
Non più un sentimento misto fra la nostalgia di un passato che non c’è e che non verrà, e il timore che tutto ciò che si dice sia vano data l’incertezza sul futuro.
Si poteva percepire, invece, un sentimento diverso, per me nuovo. Ben consci della nostra forza e del riconoscimento che pian piano si sta diffondendo, avevamo tutti il sorriso sul volto, convinti che saremo noi a contribuire alla realizzazione di un domani migliore per la nostra amata Italia. La nostra linea politica, seria e difficile, irta ma di soddisfazione, sta cominciando a dare i suoi frutti. In tanti se ne sono accorti, in molti se ne accorgeranno.
Sono tanti i segni che, oltre alla convinzione, vi è oggi proprio la volontà di crescere robustamente sul territorio e fra la gente.
Oltre alle recenti iniziative “incontro alla gente” (parlo delle “proposte sulla spiaggia”), il partito e Casini per primo hanno compreso quanto importante sia creare un tessuto elettorale di base tra la gente, tra i giovani.
E così è partito l’esperimento – così lo definisco essendo sperimentale, nessun’altro partito ha fatto una cosa del genere! – dei “Volontari per Casini”. A chi sente poco vicino Casini e il partito lancio la sfida di provare a lanciarsi in questa esperienza. Capirete quanto Casini e il partito siano avanti rispetto alla gerontocrazia alla testa dei partiti di oggi.

Ma per sentire una “vicinanza” tra Casini, il partito e la base, a me è bastato stare ad ascoltare alcuni degli interventi agli Stati Generali.
Il 12 ha parlato il Presidente Fini: una padronanza del linguaggio e dell’ars oratoria invidiabili, la capacità di ricevere rispetto anche dove non è di casa. Ma anche una freddezza, una distanza tra lui e la platea…
Il giorno dopo, il 13, ha parlato il nostro leader PFC. Tutta un’altra cosa. Basta vedere come la gente ha reagito, molto stimolata come è stata dal proprio leader. C’era una tensione nell’aria, era percepibile l’emozione di ognuno dei partecipanti agli Stati Generali. Con il discorso di Casini si aspettava la conclusione e la definitiva consacrazione di quella idea di partito nata alle Elezioni e riaffermata da Cesa e Buttiglione. Già a metà discorso eravamo in tripudio per le parole di Casini.
Come ha detto Casini, però, abbiamo fatto bene, ma dobbiamo fare di più. I primi buoni passi verso la gente sono stati fatti, ma non bastano. Tutti noi dobbiamo fare in modo di avvicinare ancor di più Casini e il partito alla gente. Credo siano stati compiuti grandi ed ottimi salti in avanti. Perchè, quindi, non andare avanti?? I “Volontari per Casini” sono il segno che il partito e il nostro leader vogliono e sentono come vitale il contatto diretto con le persone e con i giovani. E questo, oggigiorno, è proprio una meravigliosa eccezione.

Giancarlo Calò
15 anni fa

Cari Valentina e Marco, come ha detto bene l’amica Marta vi lascio la mia testimonianza: l’UDC crede molto nei giovani e non solo a parole! Non so, infatti, quale altro partito permetta una comunicazione diretta tra il leader o il segretario e la componente giovanile della sua base. A luglio, agosto e settembre ho avuto modo di incontrare Casini e Cesa e sono sempre stati molto affettuosi e molto collaborativi. Sono stati a sentire le problematiche che io e altri ragazzi abbiamo posto e sono intervenuti prontamente a porvi rimedio. A Chianciano ho avuto l’onore ed il piacere di intrattenermi con il Presidente Casini di fronte all’hotel in cui risiedeva fuori dal clamore e dal chiasso che inevitabilmente avvolgeva il palazzetto in cui sono avvenuti gli Stati Generali dell’Unione di Centro. Lo stesso Cesa, scorgendomi vicino alle porte del palazzetto, mi ha fatto un cenno su una questione per me molto significativa. Posso farvi decine di altri esempi, ma posso anche assicurarvi che la possibilità di essere così vicini ai leader nazionali di un partito è spesso preclusa a chi non appartiene a famiglie dai cognomi altisonanti e senza una storia politica alle proprie spalle. Vi invito ad avvicinarvi con fiducia all’UDC. Un abbraccio,

Giancarlo

nicolo
nicolo
15 anni fa

Il partito dell’Unione di Centro vuole parlare di politica, vuole risolvere i problemi delle famiglie italiane colpite dalla crisi economica – finanziaria. Non si può andare avanti così, la povertà aumenta, la disoccupazione aumenta, bisogna dare un cambaiametno all’Italia.



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