postato il 24 Marzo 2011 | in "Esteri, Interventi, Politica"

Chi guida un Paese deve metterci la faccia

No a divisioni, il ruolo dell’Italia ne uscirebbe indebolito

Nella storia dei Paesi chi guida mette la sua faccia nei momenti facili e in quelli difficili. Ieri e oggi questo Paese meritava la presenza del Presidente del Consiglio perché non si può guidare il Paese e far prevalere i tatticismi.

La scelta  della missione in Libia era inevitabile. Stiamo intervenendo in un Paese dove Gheddafi era pronto a epurazioni, stava facendo massacri di civili, di chi si era ribellato. La comunità internazionale si è mossa tardi e male, c’è confusione nella catena di comando, ci sono polemiche che non fanno onore alla coalizione, c’è un protagonismo francese fuori luogo che non è del tutto estraneo ad interessi che nulla hanno a che fare con nobile politica ma andare in ordine sparso oggi significa indebolire il ruolo dell’Italia.

Pier Ferdinando


L’intervento integrale

Signor Presidente, da quando sono parlamentare – e, purtroppo per me, non è da pochissimo tempo – non mi ricordo nessun dibattito in cui l’opposizione non abbia chiesto la presenza del Presidente del Consiglio. Pertanto, oggi, chiedere la presenza del Presidente del Consiglio potrebbe essere un fatto rituale, formale, come facciamo sempre. Eppure, signor Presidente, non è così. Nella storia dei Paesi, nella vita delle nazioni, chi guida mette la sua faccia nei momenti facili e in quelle difficili, nella bella e nella cattiva sorte. Oggi, o ieri al Senato, questo Paese, non quest’Aula, ma questo Paese, meritava la presenza del Presidente del Consiglio perché non si può stare al Governo, guidare il Paese, e far prevalere tatticismi. Naturalmente, questo nulla toglie ai due ottimi Ministri, Frattini e La Russa, con cui noi non abbiamo assolutamente niente a che ridire perché hanno fatto il loro dovere.

Secondo punto: siamo in guerra, non siamo in guerra? Secondo noi, la scelta è inevitabile. Qui c’è Massimo D’Alema, che parlerà dopo. Qui ci sono i governanti che hanno portato questo Paese in Afghanistan, dal Kosovo all’Afghanistan, alla Libia. Qui c’è un’Aula che non ha alcuna voglia di fare la guerra, nessuno di noi ha voglia di fare la guerra perché la nostra Costituzione, la nostra Repubblica si basa sulla ricerca della pace. Pertanto leviamo via i finti problemi che vengono evocati da chi vuole costruirsi su queste vicende drammatiche facili vantaggi propagandistici. Qui si sta parlando di una scelta inevitabile. Stiamo intervenendo in un Paese dove Gheddafi era pronto e stava attuando epurazioni etniche, massacri civili di chi si era ribellato al suo regime. Bene hanno fatto Vernetti ed altri colleghi a ricordarlo.

Ma noi – è la domanda che mi voglio fare oggi – siamo consci delle ragioni per le quali stiamo intraprendendo quest’azione? Questa è la domanda di fondo che non mi sembra abbia delle risposte molto chiare. La Comunità internazionale si è mossa tardi e male. C’è confusione di ruolo nella catena di comando; ci sono polemiche che non fanno onore alla coalizione che ha intrapreso a livello internazionale questa strada; c’è un protagonismo francese fuori luogo. Diciamo la verità, lo possiamo dire anche in Parlamento, è inutile che lo dicano solo i giornali. C’è un protagonismo francese che non è del tutto estraneo a quelli che possono essere interessi che nulla hanno a che fare con la nobile politica. Ci sono preoccupazioni per il futuro. Colleghi della Lega, ci sono preoccupazioni, giustamente da voi evocate, anche per i flussi migratori ed è giusto che l’Europa si assuma questa responsabilità di non lasciarci soli, esattamente come noi non possiamo lasciare sola l’isola di Lampedusa perché non possiamo applicare a Lampedusa il teorema che l’Europa rischia di applicare all’Italia.

Ci vuole una solidarietà ma noi, Ministro Frattini – ho condiviso la sua relazione ma voglio rivolgerle una domanda – siamo chiari o siamo confusi anche noi? Poiché vediamo che l’azione è confusa a livello internazionale, lo scenario non è limpido: noi siamo chiari o siamo confusi anche noi? Non riesco sinceramente a simpatizzare per i dittatori: Milosevic, Gheddafi, Saddam. Capisco che la real politik ci porta a parlare con loro, ma non riesco a simpatizzare per loro. Ebbene qui siamo passati, questo Paese l’Italia, il nostro Paese è passato nel giro di qualche mese dai baci a Gheddafi, alla condanna a Gheddafi che doveva uscire di scena al dispiacere per quello che capita a Gheddafi: ma quale messaggio arriva all’opinione pubblica? È un vorrei ma non posso, è essere là, ma con il cuore affranto, è mandare i militari ma impegnarsi a non sparare, salvo poi dire che se bisogna sparare è necessario che lo facciano anche gli italiani. Basta leggere i giornali di destra.
Se gli umori sono questi, chiedo ai colleghi del Governo, ma se gli umori sono questi perché non avete avuto il coraggio della signora Merkel e non avete detto di «no» a questa azione? So l’obiezione che mi potrebbe venire da voi e la preannuncio: sì, noi siamo però indispensabili perché siamo davanti alla Libia. Non possiamo fare quello che fa la signora Merkel. Ci sono le basi ma, colleghi della maggioranza, chi lo dice che le nostre basi sono indispensabili? Dalla Corsica a Creta, alle unità navali le nostre basi servono a molto meno di quello che facciamo finta di credere o che vogliamo far credere all’opinione pubblica. E Gheddafi è un ingombro, come ha detto giustamente Frattini questa mattina, o qualcuno magari che preferisce dare interviste ai giornali piuttosto che venire in Parlamento lo può ritenere ancora un interlocutore con cui avviare trattative?
Onorevoli colleghi, c’è una gran confusione – lo scrivono i giornali, lo evocate voi ed è vero – fuori dal nostro Paese, ma c’è anche nel nostro Paese, ci sono troppe riserve mentali, ci sono troppi «vorrei ma non posso, faccio una cosa ma penserei che sarebbe meglio farne un’altra». Tuttavia, noi che siamo un partito di opposizione, non disponibile ma responsabile – perché c’è distinzione fra la disponibilità e la responsabilità: noi siamo responsabili ma non disponibili -, assieme ai colleghi del PD ed altri colleghi, noi come polo nuovo della nazione, con gli amici di Futuro e Libertà, MPA, Liberaldemocratici, API, proponiamo la stessa risoluzione che abbiamo assieme, tutti assieme votato. Infatti, l’immagine di ieri al Senato – diciamo la verità – non è stata bellissima e francamente io mi sarei aspettato che la maggioranza cercasse di mettere assieme le sue contraddizioni in un documento unico, ma cercasse con più forza un documento unitario, perché andare in ordine sparso oggi, in questo momento, significa indebolire il ruolo dell’Italia . Allora noi vogliamo che su questa proposta di delibera delle Commissioni, che è già stata votata, vi sia di nuovo un impegno unitario.

Onorevoli colleghi, come ultima considerazione voglio riprendere ciò che diceva Della Vedova adesso: che cosa sta capitando nel Maghreb? La rivoluzione dei giovani tunisini, dei giovani egiziani, quelli magari disperati per la fame o per la disoccupazione ma che vanno su Internet e la rivoluzione di Bengasi hanno qualcosa di fanatismo islamico? Hanno qualcosa di estremismo antioccidentale? Abbiamo forse visto bandire israeliane bruciate? Abbiamo forse visto bandiere americane bruciate? Nulla di tutto questo: è una grande rivoluzione di popoli, con tutte le loro contraddizioni di etnie, che si ribellano alla ferocia della dittatura che per real politik noi – tutti noi, non solo il Governo – abbiamo assecondato in questi anni.

Oggi come Parlamento, come nazione e come Italia possiamo mandare un messaggio orgoglioso, sereno e fermo, un messaggio imperniato su valori comuni, che sono i valori della condivisione, dei diritti delle donne, dell’emancipazione dei popoli. Questa è la grande potenzialità di quelle rivoluzioni, che il leader Gheddafi non potrà capire mai, circondato dalle sue ricchezze, dalle sue amazzoni, da tutto quel circo che ha costruito in questi anni e che è distante mille miglia dalle aspirazioni di quei popoli.

Noi stiamo con questa gente. L’Italia deve stare con la sua tradizione, la sua storia, i suoi valori e la sua libertà.



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