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L’epopea delle “quote latte” e le soluzioni della Lega di Bossi

postato il 26 Giugno 2010

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di Maurizio Isma

La storia delle quote latte inizia ben 23 anni fa, nel 1987, anche se la normativa europea risale al 1984, quando arriva a casa di tutti gli agricoltori una lettera in cui si  dice che la produzione di latte a livello europeo è stata contingentata e che d’ora in avanti il producibile è equivalente al prodotto dal 1 aprile ‘86 al 31 marzo ‘87. I produttori più diligenti si sono subito adeguati alle nuove normative, ma nel  1989 arriva un’altra lettera in cui si afferma che solo pochi produttori hanno rispettato le regole, vengono perciò create due fasce, la prima quota A per chi ha sempre rispettato la produzione continuerà in tale mentre chi in quei due anni ha prodotto più del dovuto venne sommata un’ulteriore quota B che sommata alla A darà il producibile per anno.

Semplificando è  come dire abbiamo piazzato il limite dei 50 all’ora, abbiamo messo l’autovelox, quelli che abbiamo beccato a 100 all’ora gli daremo d’ora in avanti un permesso per andare a 100, mentre chi ha sempre rispettato il limiti dovrà continuare a rispettarli.

Gli anni passano i politici in caccia di voti (anni in cui le elezioni hanno periodicità annuale) dicono ai produttori di fregarsene dei limiti imposti che anche se dovessero arrivare le multe le avrebbe pagate lo Stato all’Unione Europea. Passano gli anni, alcuni allevatori sentendosi dire che le multe non le avrebbero pagate vendono proprie quote a chi ne usufruisce e vuole rispettare le regole e con i soldi ricavati comprano vacche ed aumentano la produzione.

Riassumendo da una parte c’è chi si indebita per comprar quote e rimanere all’interno dei paramentri dettati dallUE e dall’altra chi fa soldi o si espande a dismisura in barba alle direttive comunitarie.

mungituraQui arriva finalmente l’ Europa, stufa di farsi prendere in giro dall’Italia mette dei paletti e tuona che è ora di finirla, le quote non le paga lo Stato ma i singoli produttori. Con vari escamotage, per esempio, sfruttando il fatto che è il primo acquirente il sostituto d’imposta, cioè colui che lo Stato ha individuato come soggetto che deve riscuotere le multe, si fanno società temporanee che durano 6 mesi intestate a nullatenenti. Queste fanno da intermediarie ed acquistano il latte dagli allevatori fuori quota per rivenderlo a latterie o privati che, essendo secondi acquirenti, non sono tenuti a fare da sostituti d’imposta, oppure con ricorsi al TAR per cavilli,  tipo notifiche sbagliate etc., il termine per il pagamento delle sanzioni è sempre stato procrastinato.

Certo, con quello che si legge sui giornali, molti sono convinti in Italia  che con un buon avvocato e la compiacenza della politica i processi non si fanno mai.

Arriviamo ai giorni nostri, in cui un ex Ministro dell’agricoltura, “mister tolleranza zero”, trova cavilli per spostare ancora in là il momento in cui  questi, che finora si son fatti beffa delle regole, pagheranno il dovuto. Ironia della sorte in tutti questi anni la politica della CE è cambiata e col 2013 il regime contingentato finirà e già ora le quote pagate, una fortuna dai produttori diligenti che hanno seguito le regole, non valgono più niente.

Un punto inoltre da capire è che le “multe” sono tecnicamente un prelievo supplementare tendente a disincentivare la produzione fuori quota, quindi il produttore fuori quota non infrange la legge con l’eccessiva produzione ma solamente nel momento che non versa la somma richiesta dall’UE.

Altra conseguenza, meno conosciuta ai consumatori, di cui non si può avere una stima precisa ma molto importante è che le quote latte e la loro cattiva gestione hanno portato ad un mercato parallelo del latte, al di fuori dei controlli sanitari e fiscali, grazie a produttori poco attenti alle regole e ad aziende di trasformazione compiacenti. Questo ha fatto si che quest’ultimi potessero imporre all’agricoltore un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato, abbassando così il corrispettivo pagato a tutti i produttori.

trattori-quotelatte-legaLa soluzione che propone la Lega, e che ha tanto sbandierato Bossi al comizio di Pontida rivolgendosi agli allevatori arrivati coi trattori, ovvero di interrompere il pagamento delle multe da parte degli allevatori che hanno sforato la produzione e di indennizzare chi invece ha subito dei costi e dei ridimensionamenti per rispettare le quote in suo possesso, oltre ad essere basato su un calcolo studiato da una Commissione d’inchiesta dell’allora Ministro Zaia, e non dall’Unione Europea, non risolve i problemi nè degli agricoltori che hanno acquistato le quote latte e sono sempre stati ligi ad osservare le regole perchè non c’è un euro per i rimborsi, nè di quelli che se ne sono sempre fregati perchè prima o poi il loro debito con l’Unione Europea dovranno saldarlo, con le conseguenze del caso.

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Prelievo su banche e transazioni finanziarie: chi le paga?

postato il 25 Giugno 2010

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di Gaspare Compagno

La proposta di Francia e Germania di tassare le banche e le transazioni finanziarie ha incontrato il favore dei vari governi europei ed ha dato vita ad un documento che nella sostanza dice poco: i governi devono trovare una soluzione e tassare la banche, ma la tassazione avverrà con modi e importi che saranno decisi dai singoli Stati in piena autonomia.
Ma in concreto cosa c’è? A mio avviso nulla.
I politici dovevano dare una “risposta” ai loro elettori e l’hanno data, ma dal documento non emerge nulla di concreto, perchè incarica gli organi competenti della UE e della BCE ad approfondire la questione e a dare una risposta per la prossima riunione che si svolgerà ad Ottobre.

Se il principio del “paghi chi ha causato la crisi” è corretto e limpido, meno limpido è trovare le cause della crisi medesima: nel caso della Grecia, ad esempio, è palese che è stato il precedente governo a truccare i bilanci pubblici.
Cosa che si è ripetuta con l’Inghilterra.
E si potrebbe continuare.
Chiaro che additare la responsabilità alle banche è, da un punto di vista mediatico, la scappatoia perfetta per i governanti, che però dovrebbero ammettere che una delle cause della crisi europea è la mancanza di crescita, che ha portato ad una riduzione del potere di acquisto delle famiglie e ad una crescita delle persone in cerca di lavoro.

transazioneOra, se l’ipotesi di tassare le banche e le transazioni finanziarie diventa realtà, è logico aspettarsi che le banche e le istituzioni finanziarie si rivarranno su qualcuno, andando a strozzare ulteriormente le famiglie e le imprese che hanno attualmente grossa difficoltà e che sono l’asse produttivo della società e che quindi andrebbero tutelati.
E’ prevedibile che questa tassa verrà poi girata sotto varie forme alle famiglie e ai piccoli imprenditori e artigiani, e allora accadrebbe che i governi tradirebbero le promesse fatte alle famiglie e ai consumatori di non penalizzarli.
Non li penalizzano direttamente, ma indirettamente si, dando vita ad una tassazione indiretta iniqua, ingiusta e che condannerebbe ulteriormente i soggetti deboli della società: le famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese e che non vedono un futuro per loro.
Invece bisogna assicurare questo futuro, intervenendo con una legislazione efficace, efficiente, snella e certa nei tempi e nelle punizioni.

Con le regole certe si mettono le basi per una crescita che produrrebbe ricchezza per tutti, imprenditori e famiglie, ma se queste ultime vengono penalizzate, come possiamo aspettarci da loro ottimismo e propensione ai consumi? Questa è la vera domanda a cui bisogna rispondere.

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Stanca si dimette dall’EXPO 2015: basse manovre o mancanza di idee?

postato il 24 Giugno 2010

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di Gaspare Compagno

L’onorevole del PDL, Lucio Stanca, voluto da Berlusconi per rilanciare l’attività di EXPO 2015 bloccata fino all’aprile 2009, ha deciso di chiudere la sua avventura con l’EXPO 2015 in maniera netta e definitiva, in queste ore ha dato le dimissioni dalla carica di Amministratore Delegato e dal consiglio di amministrazione.

Ma le sue non sono semplici dimissioni, ma un vero e proprio “jaccuse”, come dimostra la inusitata lunghezza delle lettera che spiega le sue motivazioni: ben quattro (4) pagine, nelle quali attacca anche la presidente Diana Bracco.

Ma queste non sono semplici dimissioni anche per un altro motivo: riguarda infatti la gestione dell’EXPO 2015, una grande vetrina per Milano e l’Italia, oltre che una opportunità per una miriade di imprese coinvolte nei progetti miliardari delle infrastrutture necessarie.

Ed è proprio su questo punto che dobbiamo focalizzare la nostra attenzione, anche alla luce delle recenti notizie sulla gestione degli appalti per le infrastrutture pubbliche.

In 14 mesi di gestione, Stanca non sembrerebbe avere brillato per attivismo, almeno a sentire l’autorevole voce di Filippo Penati, vicepresidente del Consiglio della Regione Lombardia, che anzi chiede al manager di restituire i soldi, visto il suo doppio incarico (manager e onorevole) che, sempre a sentire Penati, non ha prodotto nessun risultato, addirittura non si sa se vi sono i soldi necessari per l’Expo e le aree da utilizzare.

Di contro Stanca, in una sua intervista al Corriere della Sera motiva le sue dimissioni inizialmente con un mutamento di fase nella gestione del progetto: a sentire lui si è passati da una fase di programmazione a quella realizzativa che l’articolo 54 della Finanziaria, sostiene Stanca, affida alla collegialità dei soci.

In realtà i problemi sono molteplici, a cominciare dalle polemiche innescate da Diana Bracco agli ulteriori tagli operati con l’ultima finanziaria: infatti il presidente Bracco, solo un paio di giorni fa, aveva fatto a pezzi il business plan concepito da Stanca, motivando i suoi rilievi con i rischi connessi alla gestione dei costi operata da Stanca.

Possibile? Vediamo un po’ i conti.

expoIntanto il piano di contenimento dei costi operativi della spa (perchè Gestione EXPO 2015, è una società per azioni) prevede per il momento tagli per oltre 5 milioni sul preventivo di quest’anno di quasi 24 milioni di euro. E in percentuale non è neanche il taglio più grande, infatti se consultiamo la voce “progetti nazionali e internazionali” osserviamo che da 2 milioni si è scesi a solo 100mila euro, mentre i viaggi e le trasferte sono calati di circa il 20% da 1,3 a 1 milione di euro. Ma il disastro dei conti non si ferma solo a queste voci, se guardiamo alle entrate osserviamo che le sponsorizzazioni erano state iscritte a bilancio per 8,5 milioni, ma, complice anche la crisi internazionale, non si supereranno i 3,2  mentre anche la cassa piange: ad aprile c’erano solo 200mila euro arrivati dai privati. E non abbiamo finito: anche il personale sta subendo una sforbiciata e circa una diecina di dipendenti, su un centinaio, sono stati licenziati.

Queste come voci ordinarie di bilancio. Passiamo alle vera “polpa”: gli investimenti.

Se analizziamo il bilancio e il business plan, osserviamo che sono fermi. Anzi in alto mare.

city-life-_milano-expo-2015Perchè? Perchè la società non ha ancora preso possesso dei terreni tche sono di proprietà di Fondazione Fiera e gruppo Cabassi, si tratta di un milione di metri quadrati a Rho-Pero dove dovranno sorgere i padiglioni del 2015. Regione Lombardia, Provincia e Comune di Milano dovranno creare una società per rilevare i suddetti terreni, ma il problema non è questo, bensì i soldi: i proprietari dei terreni chiedono 200 milioni di euro che il trio formato appunto da Regione, Provincia e Comune non vuole sborsare, ma anzi chiede uno sconto.

Purtroppo non è ancora tempo di saldi.

Nel frattempo si stima che tra progettazione, personale tecnico e opere in vista della partenza dei cantieri (se i terreni verranno acquistati), nel 2010 si sarebbero dovuti spendere 26 milioni.

Siccome i terreni ancora non sono stati acquistati, se ne sono spesi solo 8,9, ovvero il minimo indispensabile per la progettazione e le prime opere. Ma senza i terreni questa spesa resterà una spesa inutile.

E’ finita qui? No. Perchè dobbiamo considerare anche i soldi che non sono stati spesi perchè non sono disponibili Ad acquistarli sarà una società formata da Regione, Comune e Provincia, ma si cerca tuttora una soluzione per pagare meno dei 200 milioni di euro pretesi dai privati. Per il sito espositivo tra progettazione, personale tecnico, e opere in vista della partenza dei cantieri, nel 2010 si sarebbero dovuti spendere 26 milioni. Ma senza i terreni si è già scesi a 8,9. Il minimo indispensabile per la progettazione e quelle prime indispensabili opere (4,5 milioni). Ecco cosa produce il ritardo. Siete stupiti? Non siatelo, perchè l’EXPO 2015 ha una breve storia di costi molto molto alti. Per rendersene conto basta leggere la relazione del tesoriere al rendiconto economico finanziario per l’EXPO 2015 all’anno 2007. Vi invito in particolare a dare una occhiata ai costi per il modellino, il rendering dell’expo 2015 e per il video promozionale (totale: 114.600 euro, senza considerare le spese per le trasferte e così via, per un totale di oltre 4 milioni di euro). Ma sono bazzecole, visto che per i lavori completi, ancora non vi è una stima precisa del costo dei lavori anche se si vocifera di 4,1 miliardi di euro (stima del 2007 e quindi già adesso risulta inadeguata) come si evince a pagina 14 del Dossier EXPO 2015. Però già all’epoca questa stima era stata reputata sottostimata. Visto il prezzo ipotetico dei terreni, è ipotizzabile che la cifra finale lieviterà.

Nel frattempo sorge anche un altro problema: una volta che l’evento è completato, che fine faranno le aree utilizzate? E’ la domanda che pone il consigliere regionale della Lombardia, Enrico Marcora dell’UDC, mentre l’on. Libè chiede al governo di fare la massima chairezza, visto che Stanca è stato nominato personalmente da Berlusconi come suo uomo di fiducia. Domande che sono rimaste senza risposta.

expoCome si vede, quindi, la situazione non è rosea. Nel frattempo Lucio Stanca ha potuto percepire non solo lo stipendio da parlamentare, ma anche l’emolumento come manager della società Expo 2015: 450.000 euro annui. Parafrasando la pubblicità, “du stipend is megl che 1”, giusto? Giusto.

E se vi state chiedendo cosa farà Stanca e chi prenderà il suo posto, state tranquilli, tutto è già stato deciso: Stanca avrebbe chiesto al premier un posto di sottosegretario, stando a quanto afferma il quotidiano di Paolo Berlusconi, mentre il suo posto dovrebbe essere preso dal Consigliere Generale del Comune di Milano, Giuseppe Sala, già manager di Pirelli.

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In calo il consumo di droga?

postato il 23 Giugno 2010

cocaina4di Adriano Frinchi

Come ogni anno è stata presentata la Relazione annuale al Parlamento sull’uso di sostanze stupefacenti e sullo stato delle tossicodipendenze e un gongolante sottosegretario Carlo Giovanardi, esattamente quello che aveva definito il povero Stefano Cucchi “anoressico, drogato e sieropositivo”, ha annunciato uno stupefacente (è il caso di dirlo) calo nel consumo di droghe ascrivendone il merito all’azione del Governo ed anche alla crisi economica che a quanto pare non è poi così solo psicologica come sostiene il Presidente del Consiglio.

La poderosa relazione governativa, si tratta infatti di ben 487 pagine di dati e commenti, annuncia che i consumatori di sostanze stupefacenti sono passati da 3.934.450 a 2.924.500: un milione di consumatori in meno (-25,7%). Il dato sbandierato dal governo e oggetto di un’intensa peana giornalistica desta però qualche perplessità soprattutto per quanto riguarda la natura dell’indagine: nulla viene detto della metodologia d’indagine e inoltre si citano in maniera vaga le fonti che vengono solamente classificate come “diverse ed indipendenti fonti informative“.

eroina

Ci si potrebbe legittimamente domandare perché una indagine di questo tipo non sia stata affidata all’Istat che è il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici. E’ pertanto auspicabile che nei prossimi giorni ci sia da parte del governo qualche chiarimento relativo all’indagine ed è bene che esperti, in particolare di statistica, studino il rapporto governativo per verificarne la bontà dei dati.

In attesa di risposte e di ulteriori analisi dei dati c’è il riscontro degli “addetti ai lavori” che davanti alle trionfalistiche dichiarazioni di Berlusconi e Giovanardi hanno raffreddato gli entusiasmi e hanno snocciolato i loro dati: Fausto D’Egidio, segretario nazionale di Federserd e direttore del Sert di Pescara, non riscontra alcuna diminuzione di richieste di cura e denuncia: «attualmente nel mio Sert ho circa 650 persone in carico, ma ho dovuto introdurre il numero chiuso perche’ sommersi dalle richieste. C’è tanta gente in mezzo alla strada senza cure perche’ mancano risorse e personale. Non ce la facciamo»; dubbi sull’indagine vengono anche da Achille Saletti, presidente dell’associazione Saman, che dalle sue dieci comunità diffuse sul territorio nazionale rileva invece un aumento sia delle droghe legali che di quelle illegali: «In Lombardia ad esempio la domanda di cura non e’ affatto diminuita ma e’ aumentata, e ora arrivano anche i consumatori che abusano san-patrignanodi psicofarmaci e di alcol». Un giudizio duro arriva anche da San Patrignano, comunità apprezzata e portata a modello da Berlusconi e dal centrodestra, per bocca di Andrea Muccioli che parlando di “fantomatici dati” chiede conto al governo di capire sistemi e metodologie di indagine del rapporto 2010. Muccioli non si limita a mettere in dubbio i dati del governo ma lancia un allarme per quanto riguarda “l’espansione del disagio”, secondo il responsabile di San Patrignano l’aumento di coloro che fuggono dalla realtà non è accompagnato da un progressivo aumento dell’aiuto, inoltre le comunità sono profondamente in crisi e purtroppo si configurano come discariche sociali in cui vengono mandate persone in regime di mantenimento farmacologico, non per cambiare ma per sopravvivere. Il figlio di Vincenzo Muccioli ha infine ricordato che negli ultimi 15 anni hanno chiuso oltre 300 comunità e che il numero delle persone che vi risiedono si è dimezzato negli ultimi 10 anni, così come si sono ridotti gli invii in comunità dal carcere.

Il trionfalismo di Giovanardi e Berlusconi stona con la dura realtà riportata da chi ogni giorno si misura col problema droga e con tante, diverse e drammatiche storie di persone, particolarmente giovani, che hanno bisogno di un aiuto concreto e non di una sterile quanto inopportuna campagna propagandistica.

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No al bavaglio sul web, giù le mani dai blog!

postato il 23 Giugno 2010

BavaglioRetedi Giuseppe Portonera

Al peggio non c’è mai fine, recita un vecchio quanto attuale adagio. E pare che, restando in tema di DDL Intercettazioni, quel peggio sia arrivato. Come se, infatti, le restrizioni e i limiti alla libertà di informazione non bastassero, è stato reso noto che un emendamento a questa legge colpirà anche i blog e i blogger. Si tratta del comma 29 dell’articolo 1, ideato già oltre due anni fa e che, se dovesse essere approvato, obbligherebbe ciascun blogger a rettificare errori o sviste nei propri pezzi a seguito della richiesta di un utente entro 48 ore, pena una denuncia penale e una maxi sanzione fino a 12.500 euro. Ciò potrebbe significare addirittura l’interruzione delle pubblicazioni di un blog, per l’impossibilità del proprio gestore, limitato nella libertà di raccontare e commentare, di soddisfare ogni richiesta di rettifica, allo stesso modo di tv e giornali. Senza considerare il fatto che per chi gestisce una pagina web da solo, per passione, anche un fine settimana a computer spento potrebbe allora rivelarsi fatale: dopo due giorni dalla richiesta di correzione, scatterebbe infatti la fatidica multa.

bavagliowebUna legge liberticida, da contrastare assolutamente, con tutti i mezzi e le forze a nostra disposizione. Assurdo è intanto l’accostamento che si fa tra l’informazione ufficiale, quella di TV, radio o giornali, e quella ufficiosa di blog e siti internet: il blog è un modo di assicurare una rapida e proficua diffusione ai propri pensieri e alle proprie idee. È un’estensione della nostra vita privata. Di solito quando scrivo un post, di qualsiasi genere, lo faccio perché sento il bisogno di scrivere, di fissare delle impressioni o dei commenti riguardo fatti (o misfatti) che leggo sui giornali o su qualche sito internet specializzato. Tra un blogger e un suo lettore esiste lo stesso rapporto che c’è tra due amici che si incontrano a un bar o in piazza e che discutono amichevolmente sugli argomenti più disparati: nessuno dei due ha la pretesa di condizionare l’altro; al massimo, può avere il piacere di informarlo. È così anche per i blog, non cambia assolutamente nulla. Il fatto che un blog sia letto, molto o poco, non può certo influire sulla sua configurazione come un prodotto editoriale, a meno che questo non sia dichiarato (e registrato) come tale. Se io scrivo su qualcosa che mi sta a cuore, non mi importa se a leggerlo saranno 10, 100 o 1000 persone: non ne trarrò alcun guadagno. L’importante è solo averlo scritto. Se poi uno dei miei lettori vuole intavolare una discussione con me, facendomi notare un errore o un imprecisione, ben venga: sarà mio obbligo morale e deontologico verificare le notizie su cui ho basato il pezzo e correggerlo, se necessario. Scrivere un blog significa anche questo: fare un’informazione 2.0, puntando molto sul dialogo e sull’interattività della rete. Noi di Estremo Centro ne abbiamo fatto esperienza diretta in più occasioni. Siamo nati da poco, mettendo insieme ragazzi, chi con più, chi con meno esperienza nella blogosfera, ma tutti con grande voglia di scrivere, di dire la nostra. Abbiamo scelto tematiche che ci stavano a cuore (da questioni di natura economica a quelli di natura sociale e politica) e su quelle abbiamo scritto e riscritto. In pochissimo tempo, grazie all’impegno profuso, abbiamo visto aumentare notevolmente le nostre visite giornaliere e, cosa più interessante, Pierferdinando Casini ha ripreso poi quegli stessi spunti che avevamo lanciato (in difesa dei malati di Sla e sul tema dell’abolizione delle province, qualche esempio) per le sue battaglie parlamentari. La riprova più evidente che da un rapporto corretto con Internet, la politica può trarre solo un vantaggio.

blogE invece la politica (o almeno una parte) ha ancora paura di Internet. Paura che viene dall’ignoranza e che si vorrebbe calmare ricorrendo a idee assurde, come questa: un freno illiberale, antistorico e inutile. Se dovesse essere approvato, chi potrà ancora scrivere un pezzo di denuncia sociale o politica, sapendo di correre il rischio di essere denunciato e multato? Solo chi ha alle spalle un sostegno forte. Solo i giornalisti professionisti, insomma. Con buona pace del semplice cittadino che aveva la possibilità di esercitare, in modo innovativo e straordinario, il nostro più elementare diritto: quello alla libera critica. È ovvio che, come per ogni cosa, gli abusi e gli eccessi non manchino: ma per questo si può forse colpire indistintamente? È come quando un writer imbratta un muro usando una bomboletta. Se qualcuno sporge denuncia, il giudice potrà forse incolpare del reato il muro o la bomboletta? Sarebbe ridicolo. Lo stesso vale per Internet. Se qualcuno lo usa male, non gli si possono accerto addebitare colpe che non ha. Anche perché, mi piacerebbe ricordare che nel corso della storia, soffocare le libertà più elementari, ha sempre e solo sortito un effetto contrario rispetto a quello sperato.

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Prima prova dell’Esame di Maturità 2010

postato il 22 Giugno 2010

di Marta Romano

Solidale con gli amici che stamattina hanno dovuto affrontare la prima prova dell’esame di maturità, ho provato ad immaginarmi nei loro panni. Nei panni dei  ragazzi che oggi, in ogni parte d’Italia, si sono trovati ad affrontare le proprie paure e le proprie emozioni, per compiere  quel passo che segna la fine di un’esperienza e l’inizio di un nuovo tipo di prova: la vita.
 

 

Ore 8.00 del mattino, tutti i banchi allineati, ben distanziati tra di loro. Seduta ad un banco, nelle file  centrali, di poco a destra, ci sono io. Abiti sportivi e comodi, una goccia di sudore, sicuramente non dovuta al calore, mi scorre sulla tempia, mentre le mie mani agitate giocherellano con un braccialetto, ignara vittima della mia ansia. Vorrei parlare, scambiare qualche parola con i miei amici, i miei compagni di classe, che hanno condiviso con me tutti gli eventi, belli o brutti che siano, legati alla mia vita scolastica. Vorrei parlare, ma non ci riesco, un groppo in gola mi blocca, mi impedisce di pronunciare qualsiasi parola. E’ forse un’implicita vendetta del mio corpo per tutte le parole spese durante le ore di lezione.

Fisso il vuoto e incrocio le dita, sperando che le tracce mi piacciano e che il tutto finisca prima che il mio cuore possa scoppiare. Sento i battiti del mio cuore, mi sembra che stia bussando sul petto, per supplicarmi di porre fine a questa incredibile ansia. Incontrollabile e implacabile ansia.

Un uomo, camicia azzurra, pantaloni di colore scuro e occhiali da sole, sorpassa il mio banco. E’ il presidente della commissione ed ha in mano una busta gialla, nella quale è racchiuso il verdetto del Ministero dell’Istruzione. Mi sistemo sulla sedia, mi avvicino al banco e aspetto le tracce, sempre persa nel mio invalicabile silenzio di terrore.

Sono ormai le 08.30 quando vengono rese note le vere tracce della “Maturità 2010”. Non è valso a nulla vagare su internet, alla ricerca di un aiuto, di un’indiscrezione sulle possibili tracce della prima prova. Così, seduta nel banco, immobile e silenziosa come mai, mi ritrovo a leggere di argomenti che mai avrei potuto immaginare : gli UFO, la loro possibile esistenza, o il ruolo della musica.

La mia attenzione, però, si sofferma su due tracce in particolare, quella inerente ai giovani e la politica, dato che ne sono interessata in prima persona, e la traccia su un argomento tanto delicato quanto interessante e problematico come quello delle foibe. Rifletto a lungo su quest’ultimo tema, generalmente sottovalutato dall’attenzione pubblica, che troppo spesso non ha dato tanta importanza quanta ne meritano le migliaia di vittime della follia umana.

Essere dimenticati è come morire due volte: quanti Italiani sanno veramente cosa sono le foibe? Sui libri di storia la questione è liquidata in due righe. E’ un becero tentativo per alleggerire la coscienza umana, che però rischia di trasformare degli episodi così tragici in eventi banali. Come se il male fosse banale!

Il tempo però scorre ancora, e mi accorgo che questa riflessione mi ha bloccata e, mentre guardo ancora con indecisione le due tracce che mi stanno tormentando, molti miei compagni sono già chini con la testa sul foglio, penna in mano e tanta concentrazione sul volto. Nel frattempo, quella goccia di sudore, è scesa fin sul collo, riportandomi alla realtà, a quel foglio bianco che attende ancora il tratto nero della mia Bic. Allora mi rendo conto di non poter tergiversare, e di dover scegliere, e la mia mente mi spinge ad optare per la traccia sui giovani e la politica, mia grande passione e stabile pensiero nella mia mente. Grandi nomi e grandi leader che affrontano questo tema nei loro discorsi mi spingono a desiderare ardentemente di scrivere la mia esperienza, i miei dubbi, le mie paure e le mie gioie legate al mondo della Politica.

Giovani & Politica: due parole difficilmente conciliabili al giorno d’oggi, dato che i ragazzi , miei coetanei, non vedono nella politica nulla di buono, ma qualcosa di sporco e vecchio.

Il malcontento fra i ragazzi dilaga, e cresce il disagio. Ma è troppo facile lamentarsi di questo mondo, osservarlo mentre lentamente cade in un abisso troppo profondo. E’ facile, ma poco utile. Troppa indifferenza e sfiducia in noi stessi, sono le prime cause della grave questione morale che viviamo noi italiani. Una disaffezione crescente e preoccupante per coloro i quali dovrebbero essere il futuro del Paese, ma che preferiscono non utilizzare le proprie mani, pulite, per risanare ciò che è stato sporcato e logorato dal tempo e dagli uomini. Ma chi, se non i giovani, può prendere sulle proprie spalle il cambiamento, e così capovolgere questa pessima condizione, questo degrado politico e morale? Chi più di noi ragazzi può credere ancora nei valori della legalità, della giustizia e della lealtà

D’altronde, il cambiamento può esserci soltanto se i primi a cambiare siamo NOI: mettendoci la faccia, la passione, rischiando in prima persona, proponendo soluzioni concrete ai problemi.
Noi giovani, siamo il futuro di quest’Italia, dobbiamo soltanto crederci un po’ di più e lottare per le nostre idee. Siamo la classe dirigente del domani, la speranza per il giorno che verrà.
Il cambiamento può passare attraverso le nostre mani e, come diceva Don Lorenzo Milani “A cosa sarà servito avere le mani pulite, se le avremo tenute in tasca?”

Il dibattito in rete, sulla prima prova dell’esame di maturità:

StudentVille

UnDueTre Blog

Squeezer magazine

Avvenire

laRepubblica

Corriere della Sera

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Verso un nuovo condono edilizio 2010, l’abuso definitivo?

postato il 21 Giugno 2010

edificio abusivo di Gaspare Compagno

In spregio al buon senso, alcuni parlamentari hanno deciso di ritirare fuori il condono edilizio che la maggioranza, fino a pochi giorni prima aveva negato, ma d’altronde cosa aspettarsi da una manovra in cui la stessa maggioranza propone 1200 emendamenti e sbugiarda chi dovrebbe averla scritta ovvero Berlusconi e Tremonti, i quali a loro volta si contraddicono tra di loro e con loro stessi?
Sembra incredibile che ci sia ancora qualcosa da condonare in Italia, ma è così: a parte tutti gli scudi fiscali e i condoni ad essi collegati, questo è il terzo condono edilizio realizzato in 16 anni. Contiamoli assieme: il primo è del 1994, che riguardava in forma molto allargata le case abusive; il secondo risale al 2003; ora vi sarebbe il terzo, questo attuale, che servirebbe a condonare le case rimaste escluse dalla sanatoria del 2003. Un condono di cui avevamo già avuto sentore a marzo.
condono_edilizio1Perché questo condono sarebbe così scandaloso?
Intanto per come viene presentato: i tre senatori del PDL (Paolo Tancredi, Cosimo Latronico e Gilberto Pichetto Fratin) che lo hanno presentato non usano giri di parole e nel titolo della proposta affermano: “Emendamento condono edilizio”. Più chiari di così non si può.
Ma non è neanche questa la cosa peggiore.
E’ l’oggetto del condono che fa davvero rabbrividire: riapre i termini del precedente condono del 2003 (legge 269) per gli abusi edilizi commessi fino al 30 marzo 2010 e va a coprire le costruzioni poste (cito testualmente) “in aree sottoposte alla disciplina di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio” purché la domanda venga presentata entro il 31 dicembre 2010.
Che significa in concreto? Mentre prima dalla sanatoria del 2003 erano state escluse le costruzioni poste in siti sotto vincolo di tutela ambientale o in zone di tutela del patrimonio culturale, ora queste abitazioni possono essere sanate e divenire regolari.
Facciamo qualche esempio concreto: le case costruite sui costoni rocciosi di Ischia, che sono a permanente rischio frana (e hanno già causato un morto) potrebbero venire sanate.
Le case costruite nella valle dei templi ad Agrigento potrebbero venire sanate e quindi potranno essere regolarizzate, in barba a tutti i provvedimenti firmati per fare abbattere questi ecomostri.
Ma non è finita: le case costruite a Palermo sul monte Pizzosella potrebbero venire sanate, nonostante sentenze e ordinanze comunali.
Le case di San Fratello, dove i geologi continuano a lanciare segnali di allarme per il rischio frane potrebbero essere sanate.
Le case lungo la costa ligure e lungo la costa amalfitana, potrebbero venire sanate.
I villini che sorgono dentro i parchi lombardi e veneti, togliendo aria alle famiglie, potrebbero essere sanati.

condono edilizioE si, perché oltre a sanare, questo emendamento di fatto interviene anche se le precedenti richieste di condono sono state respinte e addirittura sospende “tutti i procedimenti sanzionatori amministrativi e penali già avviati, anche in esecuzione di sentenze passate in giudicato”. Cioè, non solo vengono sospese tutte le sentenze della magistratura per abbattere case abusive, ma anche le ordinanze comunali, provinciali e regionali, in barba al federalismo sbandierato da questo governo come uno dei suoi obbiettivi principe.
Ora quello che si prospetta è un emendamento che pur di fare cassa e di sanare le “furbizie dei soliti italiani”, condanna al cemento l’Italia e dimostra ancora una volta che in questo paese una scappatoia per sanare l’illegalità prima o poi si trova sempre.
Il Governo ha subito stoppato i tre firmatari, ma vista l’insistenza con cui il tema ritorna periodicamente all’attenzione, e considerando la mole di emendamenti di maggioranza, potrà succedere di tutto e sarà meglio stare molto in guardia per evitare di svendere il nostro ambiente e la sicurezza della nostra casa.

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Giornata Mondiale sulla SLA

postato il 21 Giugno 2010

casini1_sladi Adriano Frinchi

Il Paese dove i malati protestano
Gino Strada, da cui politicamente si può sicuramente dissentire, disse una volta una cosa importantissima: «se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato, ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi». Strada non ha fatto altro che tradurre con linguaggio appassionato ed appassionante il diritto alla salute cioè quel diritto che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, tutela la salute intesa come uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale che non consiste soltanto nell’assenza di malattie o infermità. Il diritto alla salute ci dice inoltre che i governi hanno la responsabilità della sanità dei loro popoli e che devono prendere le misure sanitarie e sociali appropriate. Da questa definizione si delinea come compito dello Stato la prevenzione e la limitazione delle situazioni di non-benessere, che possono impedire al soggetto una vita dignitosa. Il diritto alla salute rappresenta, quindi, uno dei diritti fondamentali della persona, diritto che ne riconosce la dignità, che deve essere salvaguardato anche attraverso l’azione dei pubblici poteri. Competenza dello Stato sociale è garantire a tutti l’accesso ai diritti fondamentali, mettere nelle condizioni tutti di poterne fruire in eguale misura e tutelare i soggetti deboli e marginali.

sla_casini1Ma se ciò non accade e questo diritto alla salute non è tutelato in maniera completa per tutti? Accade che i malati protestano. Sì, sembrerà una assurdità ma in questa nostra Italia degli sprechi e dei privilegi ci sono delle persone che devono combattere per vedere riconosciuti i loro più elementari diritti. Nello specifico l’Associazione italiana dei malati di Sla ha organizzato proprio per oggi una manifestazione di protesta, a cui hanno aderito anche altre Associazioni a tutela di persone con disabilità, davanti a Montecitorio per evidenziare i ritardi registrati nello sblocco dei Livelli Essenziali di Assistenza e del Nomenclatore Tariffario delle Protesi e degli Ausili.

Ma cos’è la Sla? La Sla, cioè Sclerosi Laterale Amiotrofica, è una malattia che colpisce persone di tutti i Paesi del mondo ed è nota per la sua particolare borgonovo_slaincidenza tra i calciatori (ultimo caso, quello di Stefano Borgonovo) e’ una malattia grave, ancora inguaribile, che comporta la progressiva e completa paralisi dei muscoli: chi ne e’ colpito col passare del tempo non può più muoversi, comunicare, nutrirsi e respirare autonomamente pur mantenendo, nella maggior parte dei casi, intatte le proprie capacità cognitive. La SLA ha un fortissimo impatto sulla vita di chi ne e’ colpito e della sua famiglia occorre allora che queste persone possano contare su un percorso di continuità assistenziale efficace ed adeguato ai loro bisogni quotidiani, e ciò sarebbe possibile se entrasse in vigore il Decreto (DPCM) sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), uno strumento di supporto vitale che riguarda i percorsi di cura – e che comprende anche il ‘Nomenclatore Tariffario’ per le protesi e gli ausili – annunciato e più volte promesso negli ultimi tre anni ma mai applicato.
Non siamo davanti alla solita protesta, ma siamo davanti ad una grande rivendicazione del fondamentale diritto alla salute, siamo davanti a qualcuno che protesta per il diritto ad avere una vita libera e dignitosa. La protesta dei malati, dei più deboli in generale deve necessariamente sconvolgerci e interrogare la società civile e la politica che troppo spesso sembra impegnata a tutelare i “diritti” dei potenti. Diciamocelo chiaramente: non è un paese civile un paese che vede persone in carrozzina protestare e rivendicare ciò che è loro dovuto, come non è un paese civile una paese che in nome di una presunta guerra ai falsi invalidi toglie a 38 mila persone affette da sindrome di down l’assegno per l’assistenza. E’ giunta l’ora che ogni singolo cittadino prenda coscienza di questa situazione, è giunta l’ora di muoversi per chi non può muoversi.

Disabilità, l’uomo è più importante dei conti. La manifestazione di fronte a Montecitorio.

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I Fantastici 4 e gli sprechi in salsa leghista: Brancher nuovo ministro del federalismo

postato il 20 Giugno 2010

lega ladrona

di Giuseppe Portonera

E con questo siamo arrivati a quattro. Dopo Raffaele Fitto (Ministro degli Affari Regionali), Umberto Bossi (Ministro per le Riforme Istituzionali) e Roberto Calderoli (Ministro per la Semplificazione Normativa), infatti, arriva Aldo Brancher, nominato ieri Ministro per l’Attuazione del Federalismo. Quattro (quattro!) ministri tutti deputati al lungo (e farraginoso) processo di federalizzazione della nostra repubblica: un ottimo inizio per quella che da tempo ci viene propagandata come la soluzione ad ogni spreco economico italiano. Di cui però, si ignorano i dettagli: quanto costerà, se funzionerà, quando entrerà in vigore. Forse è per questo che si è sentito il bisogno di assegnare a quattro uomini diversi (tutti adeguatamente stipendiati) la sovrintendenza a questo processo? O perché, molto più probabilmente, questo Federalismo altro non è che un vero e proprio terno a lotto.

Dal punto di vista politico, il perché della nomina del ministro Brancher è fin troppo chiaro: questi è infatti contemporaneamente sia un fedelissimo di Berlusconi che uomo di contatto tra il PDL e la Lega. Assomiglia molto al prototipo del nuovo partito tremontian-leghista: metà post-forzista e metà post-bossiano.  Dal punto di vista amministrativo invece è assolutamente superflua: si tratta solo di un ministero vuoto, una poltrona simbolica che vorrebbe coprire le difficoltà che sta incontrando il Federalismo, sempre più in bilico e incerto. Senza contare poi il fatto che il presidente del Consiglio abbia preferito procedere a questo tipo di nomina, quando il ben più importante ministero delle Attività Produttive è ancora vacante e che, in questo modo, il governo ha raggiunto quota 64 membri, in piena crisi economica e con minacce di tagli durissimi all’orizzonte: il comune sentire avrebbe assai gradito che a fare le prime rinunce fossero i super stipendiati politici, che invece preferiscono continuare a ingrassare felicemente. Con che faccia poi si possono chiedere sacrifici agli italiani? In tempo di austerity e di crisi, l’unica soluzione utile propagandata sembra essere quella del Federalismo, di cui però, conti ufficiosi, fissano il costo alla bellezza di 130 miliardi di euro! Fondi la cui provenienza non è proprio chiarissima: in un paese in cui il debito pubblico (nel 2009) ammontava al 115,80% del nostro PIL totale (1.761.191 € contro 1.528.546 €), dove troveremo tutti questi soldi? In quadro complessivo di riordino amministrativo si potrebbe benissimo procedere a un taglio drastico delle provincie o dei comuni federalismosuperflui. Ma abbiamo visto come la Lega di lotta e di governo abbia minacciato la guerra civile se si sarebbero mai tagliate amministrazioni a loro vicine: e allora, che senso ha tagliarne solo alcune? Noi di Estremo Centro, grazie alle ottime analisi di Antonio Di Matteo, di Andrea Ugolini e di Gianluca Enzo Buono, queste domande ce le siamo poste e abbiamo anche cercato delle risposte, vi consiglio di leggerle attentamente. Per questo hanno ben detto sia il nostro capogruppo al Senato, Gianpiero D’Alia, che ha parlato di un maldestro tentativo di  “rimediare all’assenza di risorse e alla nebulosità dei costi di questo Federalismo, moltiplicando i ministri che dovranno occuparsi di far decollare una riforma nata male e ammazzata nella culla dalla manovra correttiva”, che il nostro leader Casini, che ha spiegato come ci voglia più “serietà e determinazione: bisogna pensare alle risposte che servono, perché la crisi  c’è oggi, non domani. Bisogna tagliare la spesa pubblica e le provincie”. Se solo qualcuno avesse il buon senso di ascoltarci.

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In concomitanza con Pontida, l’UDC regalerà ai bimbi le “bolle della Lega”

postato il 19 Giugno 2010

bolle_della_legadi Jakob Panzeri

“Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni” così recita Prospero nella Tempesta di Shakespeare.

O forse no, non noi. Forse sono fatti di sogni e hanno una consistenza fallace ed evanescente i progetti di altri, le iniziative di chi magari ottiene voti e veti. Materia onirica come il federalismo, che secondo il Presidente della Lombardia Roberto Formigoni è purtroppo privo di una reale copertura economica, riducendosi a un valore puramente programmatico con la recente manovra finanziaria. Idee e migliorie che troppo spesso si rivelano leggere ed evaporano al sole.

E’ per questo che l’Udc di Mozzo (Bergamo) ha voluto in modo originale ed intrigante presentare le “bolle della Lega” ovvero «istruzioni ai bimbi e i genitori per non farsi prendere per il naso un domani andando a votare». Le bolle saranno distribuite domenica 20 giugno in concomitanza con il raduno dei leghisti a Pontida.

Un omaggio a tutti i bimbi per un pomeriggio estivo in allegria, ma anche un momento per una politica che non sia solo di dialettica e fazioni, ma che sappia regalarci anche un sorriso.

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