E con questo siamo arrivati a quattro. Dopo Raffaele Fitto (Ministro degli Affari Regionali), Umberto Bossi (Ministro per le Riforme Istituzionali) e Roberto Calderoli (Ministro per la Semplificazione Normativa), infatti, arriva Aldo Brancher, nominato ieri Ministro per l’Attuazione del Federalismo. Quattro (quattro!) ministri tutti deputati al lungo (e farraginoso) processo di federalizzazione della nostra repubblica: un ottimo inizio per quella che da tempo ci viene propagandata come la soluzione ad ogni spreco economico italiano. Di cui però, si ignorano i dettagli: quanto costerà, se funzionerà, quando entrerà in vigore. Forse è per questo che si è sentito il bisogno di assegnare a quattro uomini diversi (tutti adeguatamente stipendiati) la sovrintendenza a questo processo? O perché, molto più probabilmente, questo Federalismo altro non è che un vero e proprio terno a lotto.
Dal punto di vista politico, il perché della nomina del ministro Brancher è fin troppo chiaro: questi è infatti contemporaneamente sia un fedelissimo di Berlusconi che uomo di contatto tra il PDL e la Lega. Assomiglia molto al prototipo del nuovo partito tremontian-leghista: metà post-forzista e metà post-bossiano. Dal punto di vista amministrativo invece è assolutamente superflua: si tratta solo di un ministero vuoto, una poltrona simbolica che vorrebbe coprire le difficoltà che sta incontrando il Federalismo, sempre più in bilico e incerto. Senza contare poi il fatto che il presidente del Consiglio abbia preferito procedere a questo tipo di nomina, quando il ben più importante ministero delle Attività Produttive è ancora vacante e che, in questo modo, il governo ha raggiunto quota 64 membri, in piena crisi economica e con minacce di tagli durissimi all’orizzonte: il comune sentire avrebbe assai gradito che a fare le prime rinunce fossero i super stipendiati politici, che invece preferiscono continuare a ingrassare felicemente. Con che faccia poi si possono chiedere sacrifici agli italiani? In tempo di austerity e di crisi, l’unica soluzione utile propagandata sembra essere quella del Federalismo, di cui però, conti ufficiosi, fissano il costo alla bellezza di 130 miliardi di euro! Fondi la cui provenienza non è proprio chiarissima: in un paese in cui il debito pubblico (nel 2009) ammontava al 115,80% del nostro PIL totale (1.761.191 € contro 1.528.546 €), dove troveremo tutti questi soldi? In quadro complessivo di riordino amministrativo si potrebbe benissimo procedere a un taglio drastico delle provincie o dei comuni superflui. Ma abbiamo visto come la Lega di lotta e di governo abbia minacciato la guerra civile se si sarebbero mai tagliate amministrazioni a loro vicine: e allora, che senso ha tagliarne solo alcune? Noi di Estremo Centro, grazie alle ottime analisi di Antonio Di Matteo, di Andrea Ugolini e di Gianluca Enzo Buono, queste domande ce le siamo poste e abbiamo anche cercato delle risposte, vi consiglio di leggerle attentamente. Per questo hanno ben detto sia il nostro capogruppo al Senato, Gianpiero D’Alia, che ha parlato di un maldestro tentativo di “rimediare all’assenza di risorse e alla nebulosità dei costi di questo Federalismo, moltiplicando i ministri che dovranno occuparsi di far decollare una riforma nata male e ammazzata nella culla dalla manovra correttiva”, che il nostro leader Casini, che ha spiegato come ci voglia più “serietà e determinazione: bisogna pensare alle risposte che servono, perché la crisi c’è oggi, non domani. Bisogna tagliare la spesa pubblica e le provincie”. Se solo qualcuno avesse il buon senso di ascoltarci.
E’ grave che ad una manovra ritenuta fondamentale dall’ esecutivo sono stati presentati 1.200 emendamenti dalla stessa maggioranza. Sono preoccupato perché alla politica degli annunci in questo Paese non fanno mai seguito i fatti. Se poi i fatti sono quelli di nominare nuovi ministri, c’è da mettersi veramente le mani nei capelli.
E’ evidente che questo governo sulla manovra naviga a vista, ha perso la bussola, non sa proprio da che parte andare perché è in stato confusionale.
Un omaggio a tutti i bimbi per un pomeriggio estivo in allegria, ma anche un momento per una politica che non sia solo di dialettica e fazioni, ma che sappia regalarci anche un sorriso.
L’Italia è in grande difficoltà ma non possiamo illudere la gente dicendo che servono nuovi ministeri o riforme costituzionali impossibili, che richiedono come minimo tre anni di tempo.
Ci vuole invece serietà e determinazione, e tutto questo manca.
Bisogna pensare alle risposte che servono, perché la crisi c’è oggi, non domani. Bisogna tagliare la spesa pubblica. Tagliamo le Province. Invece, in queste settimane, in Parlamento si è persa ancora l’occasione per fare quello che era possibile.
Il disegno di legge sulle intercettazioni, la manovra economica, il futuro della Fiat di Pomigliano. Sono solo alcuni dei temi affrontati da Pier Ferdinando Casini ospite di ‘Unomattina’.
Intercettazioni. “Siamo tutti spiati noi, io sicuramente sì, lei non lo so, gli italiani penso un po’ meno. Ma al di la’ di quanto siamo spiati io credo sia giusto tutelare la privacy, sia giusto tutelare il diritto di riservatezza degli italiani”. Pier Ferdinando Casini ricorda la strada indicata dal suo partito, quella di porre un ‘tetto’ alle spese per le intercettazioni per limitarne l’attuale abuso e dice: “Dobbiamo fare una legge che, tutelando il diritto alla riservatezza, non impedisca alle indagini delicate di avvalersi di uno strumento fondamentale come le intercettazioni telefoniche perché servono in modo determinante per sconfiggere criminalità e delinquenza”. [Continua a leggere]
Ho letto stamani che la Merkel si pone il problema di accorpare i Lander, storica ossatura della Germania Federale. In Italia in risposta prima si volevano abolire 10 province, poi cinque, poi zero e per ultimo ieri il Parlamento italiano ha addirittura discusso come aumentarne le competenze.
Questa manovra deve essere fatta, e se possibile sostenuta, ma che sia il momento delle scelte importanti se vogliamo essere certi di ricollocare il debito. Il mio timore è che si tratti di una “spazzolatina” quando altrove hanno compiuto e compiono scelte molto più consistenti.
C’è ancora una grande confusione, ma io non mi stancherò di parlare il linguaggio della riconciliazione nazionale.
Mandare alla Camera prima il ddl intercettazioni e poi la manovra sarebbe puro umorismo, non è neanche politica.
Qui si tratta di avere buon senso: c’e’ un decreto e un ddl di cui si discute da tre anni.
Il decreto ce lo impone l’Europa, e’ un’emergenza, e’ chiaro che si dovrà partire prima dalla manovra economica.
Credo sarebbe irresponsabile dire agli italiani che abbiamo scherzato e che le intercettazioni sono piu’ importanti della finanziaria.
Capite che sarebbe umorismo e non politica.
L’Aquila muore, non facciamo morire L’aquila. Ricordiamo sempre agli italiani che questa città deve esistere. Metodi, forme, risorse, capitoli di spesa fanno parte di un discorso da affrontare in un secondo tempo ma oggi c’è bisogno di risvegliare l’attenzione in un momento in cui tutti pensiamo di essere in pace con la nostra coscienza perché abbiamo fatto il nostro dovere. Ma qui tutta la città è transennata, è una città morta.
E’ stato fatto un lavoro importante ma ora gli amministratori locali rischiano di non farcela se non hanno la solidarietà di tutto il popolo italiano, maggioranza e opposizione, dal Presidente del Consiglio all’ultimo parlamentare. Il sindaco Cialente mi ha fatto vedere una città addormentata, una città che ha una ferita aperta: serve la solidarietà da parte di tutti, proprio come nei primi momenti.
Proponiamo un prelievo del 2% dalle Fondazioni bancarie per fini sociali
Questa è una manovra pesante e inevitabile ma i tagli vanno fatti con rigore vero. Non si può partire dall’abolizione di tutte le province e poi passare a dieci, poi a cinque, e infine sanatorie per tutti.
Credo si sia partiti bene e si stia finendo peggio.
Noi, sulla manovra, abbiamo le idee chiarissime: andava fatta con maggiore rigore e soprattutto con una prospettiva riformista sia sul tema previdenziale che sulle liberalizzazioni, ma anche sulle grandi questioni fiscali che sono ineludibili.
In Parlamento faremo degli emendamenti seri che possano pungere: dall’abolizione delle province, che va recuperata, al tema delle rendite finanziarie, che vanno tagliate per gli speculatori. Stiamo anche pensando di formalizzare in Finanziaria la proposta di un prelievo del 2% dalle Fondazioni bancarie, finalizzato a un qualche scopo sociale.
Credo che il testo licenziato ieri dal Senato con voto di fiducia sia un pessimo inizio e che la legge vada cambiata di tutto punto. Il nostro è un Paese che ha già mille problemi, è lacerato e diviso, e questo provvedimento lo divide ancora di più. Anche se l’intento di tutelare la privacy era buono produce un effetto concreto: rende difficile ai magistrati fare le indagini contro i delinquenti e i malfattori e non consente di informare i cittadini.
Pubblicato da Pier Ferdinando Casini | su: Facebook
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