postato il 9 Giugno 2017 | in "Esteri, Rassegna stampa"

Con Trump aumenta il disordine mondiale


L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero

Le nuove accuse dell’ex capo dell’ Fbi, James Comey, a Donald Trump sul Russiagate? «Vedremo. Sono garantista da sempre. Mi preoccupano di Trump i riflessi della sua politica estera». Pier Ferdinando Casini interpreta come cambia il mondo con Trump. Ma questo è un problema che riguarda solo gli americani, mentre mi preoccupano di Trump i riflessi della sua politica estera. Passare dal tweet in cui accusa il Qatar di complicità col terrorismo, a una telefonata all’Emiro assicurandogli la mediazione, è sorprendente… Trump aumenta il disordine mondiale».
Pier Ferdinando Casini interpreta come cambia il mondo con Trump nella doppia veste di presidente della commissione Esteri del Senato e docente di Geopolitica del Mediterraneo alla Lumsa.

Lo Stato Islamico sta per essere sconfitto. Perché solo ora?
«C’è stato un salto di qualità nella volontà dei Paesi della coalizione di colpire il Califfato. Anche chi lo aveva foraggiato sotto banco e aveva accettato di commercializzare il suo petrolio e i reperti archeologici trafugati, ha capito che era diventato un serpente troppo pericoloso per tutti e adesso c’è l’intesa a schiacciarlo».

Quale conseguenza avrà la sua sparizione?
«L’Occidente deve aspettarsi un’offensiva del terrore attraverso i foreign fighters di ritorno, paradossalmente non è scontato che la sconfitta del Califfato sia indolore per noi. Anzi, dovremmo aumentare prevenzione e vigilanza: più sarà sconfitto sul terreno siro-iracheno, più l’Isis esporterà il terrorismo, con emissari e una propaganda jihadista su Internet che fa adepti tra gli immigrati della seconda e terza generazione in Europa».

La situazione da noi potrebbe peggiorare?
«Gli attentati non saranno tutti caratterizzati dalla professionalità di cui è capace il Califfato. Molti potrebbero essere fai-da-te ma con molte vittime, come a Nizza e in Gran Bretagna. La madre del terrorista italo-marocchino di London Bridge vedeva qualcosa di cambiato negli occhi del figlio. Be’, non faremo ai terroristi il regalo di considerare tutti i musulmani contro. Ci ritroveremmo con 2 miliardi di nemici nel mondo. Ma se gli imam devono sensibilizzare nei sermoni i giovani contro il fondamentalismo jihadista, i genitori devono vigilare di più e denunciare, se necessario, anche i figli».

Come cambierà il Medio Oriente dopo la presa di Raqqa?
«Le sconfitte dello Stato Islamico sono indirettamente una delle ragioni di quanto sta avvenendo tra i Paesi del Golfo. L’Iran è riuscito a completare il corridoio che collega il Golfo Persico al Mediterraneo attraverso l’Iraq in mano sciita, la Siria di Assad alawita filo-sciita, e la parte di Libano sotto controllo degli Hezbollah».

Conveniva ai sunniti tenere in vita il Califfato?
«La rabbia saudita per il realizzarsi di quel corridoio, confortata dalla linea di Trump, ha alzato l’asticella nel contenzioso con l’Iran imponendo a tutti gli Stati del Golfo di allinearsi o diventare nemici dell’Arabia. Qui nasce il contenzioso col Qatar, che avrebbe pure senso se l’accusa di finanziare il terrorismo non venisse dal mondo saudita. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Con questo mostro pericoloso del terrorismo hanno giocato tutte le potenze del Golfo. Ma un conflitto interno ai Paesi del Golfo è un fatto negativo, e la linea americana sull’Iran rischia di creare più problemi di quanti ne risolva».

Non va bene coinvolgere l’Iran nella pax mediorientale?
«L’esportazione massiccia di armi all’Arabia Saudita non significa che saranno usate bene. La strada migliore in teoria era quella di Obama, che perseguiva un equilibrio tra sunniti e sciiti e tra le potenze sunnite. Lo scontro intestino rischia di sollevare gli sciiti del Golfo. E non è questo l’unico conflitto nel mondo sunnita. Pensiamo a Turchia e Egitto».

Come leggere gli attacchi terroristici a Teheran?
«L’Iran è un obiettivo come lo è Hezbollah in Libano e come lo sono in modo diverso i sunniti, loro avversari. È una guerra di tutti contro tutti».

Può riuscire la mediazione turca tra sauditi e Qatar?
«Ankara ha rapporti stretti col Qatar ed è preoccupata, ma il problema più grande riguarda gli americani che hanno m Qatar una base militare. Chi semina vento, rischia di raccogliere tempesta».

Gli americani seminano vento?
«La politica estera di Trump accentua una linea americana iniziata con Obama: l’abbandono del Mediterraneo, colmato dai russi, e la richiesta agli europei di spendere di più per la Nato. Quanto invece agli accordi commerciali, Trump smentisce Obama, ma lo aveva già fatto il Congresso. Quanto all’Iran, pur critico verso il predecessore, Trump non ha stracciato l’accordo nucleare vidimato pure da Russia ed Europa. Vedremo adesso se le parole di Trump diventeranno fatti. Per esempio, non ha più spostato l’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme».

Sul clima però è drastico: fuori dagli accodi di Parigi.
«Sì. Non saprei dire se preveggente o miope. Certo, l’Europa non può tornare indietro. Anzi, in questo caos accentuato dall’amministrazione Trump, l’Europa può avere un’occasione irripetibile: essere costrette a esistere in quanto Europa. Angela Merkel lo ha capito. Ma l’atlantismo non è una scelta negoziabile, chiunque sia l’inquilino della Casa Bianca».

Negli ultimi mesi i populisti nella Ue stanno perdendo colpi?
«Mi conforta che in un Paese euroscettico come la Francia, Macron sia riuscito a vincere le presidenziali in nome dell’europeismo. Mi lascia perplesso invece il suo approccio protezionista sul caso Fincantieri, che contraddice le sue stesse affermazioni e la dice lunga sulle sue difficoltà».

Angela Merkel potrà essere il leader di tutta l’Europa?
«Non avrei problemi a riconoscere il ruolo trainante della Germania, purché esercitato apertamente e non surrettiziamente. Preferisco una Merkel “libera europea”, capofila nel continente come è già, a una Merkel che faccia gli interessi della Germania incurante di tutti gli altri».



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