postato il 25 Febbraio 2011 | in "Esteri, In evidenza, Media e tecnologia, Riceviamo e pubblichiamo"

Oltre il triste cortile di casa nostra

Sono lontanissimi i tempi della prima guerra del Golfo quando  Emilio Fede, non ancora consacrato alla causa berlusconiana, lanciava il suo “Studio Aperto” annunciando in diretta l’attacco della coalizione internazionale contro il regime di Saddam Hussein, e in tutte le tv era un susseguirsi di speciali e approfondimenti  per capire cosa stava accadendo nel Golfo Persico.

In quel momento cruciale per un attimo non si sentirono neanche i sinistri scricchiolii della prima Repubblica. Oggi la situazione è assai cambiata. Mentre dall’altra parte del Mediterraneo si sta chiudendo un’epoca e si sta scrivendo una pagina di storia del mondo, qui in Italia non si riesce ad andare oltre il triste cortile casalingo. Sarà anche colpa di un ministro degli esteri evanescente, di un Premier che non vuole disturbare Gheddafi e che ci informa che avrebbe voluto fare il carabiniere, ma tutto ciò non è sufficiente per giustificare il disinteresse e il provincialismo che sembrano regnare nella nostra informazione.

A parte qualche lodevole eccezione, specie nella carta stampata, per il resto nei telegiornali e ancora di più nei cosiddetti talk show la crisi libica è funzionale per parlare dei nostri problemi politici e per dare il via al solito carosello di dichiarazioni e di polemiche. Nei vari salotti televisivi non sono riuscito a sentire l’opinione di un esperto di geopolitica, di un militare o di un diplomatico ma le solite e inconcludenti parole degli habitué di questi palcoscenici che ripetono ossessivamente, quasi come un mantra, la frase “mi lasci finire di parlare”. E così dopo un poco di dibattito sulla Libia si torna a parlare di Berlusconi e dei suoi problemi, della fuga da Fli e dei responsabili e l’unica maghrebina di cui ci si occupa è la signorina Karima el Marhoug in arte Ruby, con buona pace dei poveri libici.

La cosa preoccupante è che quanto accade negli schermi televisivi sembra ripercuotersi nel Paese, anzi, forse addirittura riflette la situazione di un Paese che non riesce ad uscire dalle sue meschinità, non riesce a guardare oltre a quel muro quasi montaliano che lo separa dalla vita del mondo. E mentre il mondo cambia , mentre la storia fa il suo corso noi rimaniamo a guardare la commedia berlusconiana  dove inspiegabilmente il Cavaliere è sempre regista e protagonista e dove tutti sembrano fare a gara per avere una parte in commedia. Forse aveva ragione Giorgio Gaber quando diceva: “io non ho paura di Berlusconi in sé, ma di Berlusconi in me”.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi



Twitter


Connect

Facebook Fans

Hai già cliccato su “Mi piace”?

Instagram