postato il 31 Agosto 2011 | in "Cultura, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

La cultura italiana ha un futuro?

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

Beati i tempi in cui gli antichi filosofi si vantavano del loro sapere “inutile” perché privo di qualsiasi risvolto o guadagno e rivolto unicamente all’elevazione della propria anima e a un amore puro e disinteressato verso il sapere. Sapere che inutile non doveva tanto essere se dopo secoli di distanza continua ancora a parlare all’uomo moderno e a brillare del suo valore. Aristofane paragonava le sue commedie alle mele che i greci mettevano d’inverno in mezzo ai vestiti per conservarli, come la nostra naftalina. Oggi l’inutilità della cultura non è più un vanto ma soltanto motivo di disprezzo. Lo sa bene l’Accademia della Crusca  soffocata nel suo grido d’allarme : “Aiutateci a costruire un futuro”.

L’Accademia della Crusca era stata bollata come ente inutile dalla recente manovra finanziaria perché risultava con meno di 70 dipendenti, unico criterio stabilito senza alcuna considerazione riguardo il prestigio, la storia, l’utilità reale degli enti. Inutile come la fondazione Benedetto Croce, il Museo storico della Fisica e l’Accademia fiorentina. Fortunatamente il pericolo di chiusura sembra evitato, ma rimane il paradosso delle istituzioni politiche che giudicano inutile questa accademia per l’esiguo numero dei dipendenti, che poi sono le stesse che non permettono alla ente pubblico Accademia della Crusca di assumere nuovi dipendenti.

“È un paradosso: noi abbiamo solo 6 dipendenti, 3 in biblioteca e 3 in segreteria, solo perché con i fondi erogati dallo stato non ci possiamo permettere di assumere più persone. Ci sono anche dai 20 ai 30 collaboratori con contratti a progetto, a seconda dei finanziamenti che riceviamo, precari in posizione chiave: chi mantiene il sito, chi digitalizza le opere della biblioteca, chi cura l’archivio, chi si occupa delle pubblicazioni. In più ci sono circa 60 accademici, illustri studiosi di tutto il mondo che come me lavorano per l’Accademia senza percepire alcun compenso” (Nicoletta Maraschio, presidente Accademia della Crusca) .

Paradosso nel paradosso: tutto ciò avviene mentre ci sono, come documentato in una recente puntata di Superquark, più di 17.000 laureati in materie umanistiche inabili a trovare una sistemazione nel mondo di un lavoro che non accetta il loro sapere, letterati, filologi, filosofi e archeologi la cui passione ha prevalso sulle logiche perverse del mercato e li ha spinti su una strada che pur appare senza futuro, giovani che sicuramente avrebbero e dovrebbero avere l’opportunità di manifestare il loro talento e il loro amore in istituzioni e fondazioni come l’Accademia della Crusca e farebbero sicuramente un lavoro migliore degli incompetenti che hanno restaurato l’anfiteatro di Pompei con il cemento armato, un vero stupro alla cultura pompeiana denunciato da Gian Antonio Stella sulle colonne de “Il Corriere della Sera” .

Paradossi, ancora paradossi: come il numero di medici e ingegneri di cui abbiamo una grave carenza quando ogni anno 1 aspirante ingegnere su 3 non riesce ad accedere ai politecnici e 1 aspirante medico su 10 deve rinunciare al sogno del camice bianco. Tutta l’organizzazione della cultura italiana è un paradosso. Come paradossale è la condizione della nostra ricerca: siamo fanalino d’Europa per i fondi erogati (circa il 0.6% del Prodotto Interno Lordo) e per il numero di ricercatori in Italia, eppure abbiamo il più alto tasso di produttività e di pubblicazione di paper scientifici in rapporto alla popolazione. I ricercatori italiani hanno un tasso di produttività maggiore dei rinomati politecnici e cliniche svizzere e nei laboratori di ricerca europea come il centro di biologia molecolare di Heidelberg sono più i nomi italiani che tedeschi e francesi con compiti di dirigenza. La ricerca italiana, che ha iniziato il suo grande boom nei primi anni ’80 anche sull’onda dell’ammirazione per i Premi Nobel assegnati a Rita Levi Montalcini per la medicina e Carlo Rubbia per la fisica, in ventanni è quadruplicata con un tasso di produttività e di ingegno che oggi si trova soltanto in Cina, India, Brasile, futuri dominatori dell’umanità. Dal 2005, la ricerca italiana, ferita da continui tagli e mancanza di sostegno, arretra nelle classifiche internazionali ma non smette di continuare a brillare e presentare i suoi frutti al mondo.

Ma non possiamo chiudere questo articolo senza aver dato uno sguardo all’estero e in particolare alla Germania, l’unico paese europeo che può essere definito davvero al di fuori della crisi e che costituisce l’autentico baluardo dell’Unione Europea: la Germania ha compiuto la precisa scelta nelle sue manovre finanziarie di escludere qualsiasi taglio a istruzione e ricerca perché come ha dichiarato il direttore del Museo della Scienza e della Tecnica di Monaco :” Lo stato tedesco sa che un ignorante domani costerà allo Stato più dell’opportunità e del dovere di istruirlo oggi e che la tecnologia e la ricerca che sosteniamo continueranno a fare grande il popolo tedesco”. In Germania l’Istituto per la lingua tedesca di Manneheim, l’analogo della nostra Accademia della Crusca, può contare su 80 dipendenti e una dotazione ordinaria di circa 8 milioni di euro. I fondi erogati alla nostra accademia dal Ministero per i Beni Culturali sono invece soltanto 200.000 euro. Stessa situazione per i musei “gemelli” della Scienze e della Tecnica di Monaco e di Milano, il secondo riceve dallo stato italiano la decima parte dei finanziamenti tedeschi.

E’ questa la domanda: la cultura italiana ha un futuro?

Il motto dell’Accademia della Crusca è il verso petrarchesco “ Che il più bel fiore colga”.

Troviamo allora il coraggio di cogliere questo fiore e di far germogliare i suoi semi.

Costruiamo un futuro!

 



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