postato il 26 Ottobre 2009 | in "Spunti di riflessione"

Infrastrutture: prima di tutto il ponte?

Immagine del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina“Riceviamo e pubblichiamo” di Vittorio Olivati

Finalmente qualcuno ha ripreso nel dibattito politico un tema importante ed urgente per l’Italia, questo qualcuno è Berlusconi e il tema è il ritardo nelle infrastrutture. 

Alcuni giorni fa, infatti, il Presidente del Consiglio ha affrontato questo tema in un intervento riportato dai telegiornali.

Ci sono stati dei punti apprezzabili, secondo me: innanzitutto il riconoscimento, da parte di una forza di Governo, di un annoso e grave problema dell’Italia (di cui i governi del cosiddetto centro – sinistra non hanno mai parlato) e il riferimento a dati attendibili, cosa doverosa, ma anche questa non così scontata.

 

Mantengo però diverse perplessità:

Berlusconi ha citato il Ponte sullo Stretto di Messina come primo intervento.

Sulla necessità quest’opera ho un’unica grande obiezione alla quale non ho mai trovato risposta: se Sicilia e Calabria si stanno allontanando di non so quanti centimetri all’anno, quanti anni durerà il ponte? Se i fondali fossero bassi e la zona non fosse ad attività sismica, come fra Danimarca e Svezia, il ponte costerebbe di meno e avrebbe una speranza di vita tale da giustificare la spesa per la sua costruzione. Se qualcuno trova qualche documento pro o contro questa obiezione, mi farebbe  un favore e, penso, non solo a me.

 

Berlusconi ha citato il terzo valico ferroviario fra Liguria e Piemonte, ossia che colleghi il porto di Genova con la Pianura Padana ed il Nord Europa.

Il problema, però, è tutto il trasporto merci in Italia, che è basato quasi esclusivamente su gomma (in maniera molto più sbilanciata che negli altri Paesi trainanti dell’Europa). La perplessità è che si parta dal principio di costruire delle opere, con il sospetto di avvantaggiare certe categorie (costruttori e “furbetti” collegati), magari con appalti “pilotati” e ovviamente spese gonfiate, e non dal principio che bisogna potenziare il traffico merci su ferro.

Io non dico che non si debbano costruire nuove linee; dico che prima si deve elaborare un piano strategico del trasporto su ferro e poi vedere se le linee esistenti sono sufficienti o no. I problemi possono essere altri, per esempio l’intermodalità, ossia trasferire in tempi istantanei il carico da un vagone ad un mezzo – necessariamente su gomma – che trasporti la merce alla destinazione finale.

 

In definitiva, sospetto che Berlusconi parta da un’esigenza vera e trascurata dalla politica per lanciare proposte demagogiche e di grande impatto emotivo (infatti non ha parlato della meno appariscente Rete di Trasmissione Elettrica, il cui sotto-sviluppo però blocca la produzione di energia elettrica tanto dal nucleare quanto da fonti rinnovabili), “faraoniche” come abbiamo già scritto tra di noi, senza risolvere alla radice i problemi.

Ma c’è un’altra forza che alimenta ed è alimentata dai Nimby, in una sorta di riedizione degli opposti estremismi: la Lega, che, in nome del localismo più spinto, favorisce le opposizioni locali alle infrastrutture, anche quando i costruttori danno tutte le garanzie di sicurezza e ridotto impatto ambientale, e magari propongono ricadute economiche ed occupazionali nei territori interessati.

 

Non sarebbe ragionevole un’opposizione preconcetta alla costruzione di infrastrutture, alcune delle quali (ad esempio l’Alta Velocità sul Corridoio 5, il raddoppio della Savona – Ventimiglia, l’ampliamento e la ristrutturazione di autostrade e ferrovie in Calabria e Sicilia) sono palesemente necessarie: questo tipo di opposizione lasciamolo fare ai Beppe Grillo, ai Di Pietro, alla Sinistra oramai extra-parlamentare, tutte forze che cavalcano l’opposizione irrazionale dei Nimby.

 

Dobbiamo però porre le nostre perplessità in un’ottica ragionevole, come vuole e deve essere lo stile dell’UDC: a mio parere, bisognerebbe incalzare Berlusconi nel suo interessamento per le infrastrutture soprattutto per il partito suo alleato, la Lega, appunto, che di fatto le ostacola quotidianamente, motivando con la presunta difesa dei territori locali e mostrando incapacità di comprendere che l’economia, per poter funzionare, richiede che le persone e le merci possano spostarsi facilmente.



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