Tutti i post della categoria: Europa

Senza Erasmus anche l’Europa sarebbe a rischio

postato il 24 Ottobre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Virgilio Falco*

I vantaggi prima della Comunità Europea e poi dell’Unione Europea li conosciamo bene: nazioni che qualche anno dopo essersi fatti reciprocamente la guerra con la CECA hanno iniziato cooperare per garantire i propri interessi nazionali ma anche per solidificare un rapporto comune da secoli tralasciato per via di piccole rivendicazioni territoriali e economiche; poco dopo la possibilità di varcare i confini senza visti ne passaporti; poi una moneta unica che soppiantava i gloriosi marchi, la cara lira, i secolari franchi francesi e le pesete spagnole.
Ma chiedendo tra i giovani la prima cosa che vi diranno sull’Europa sarà l’Erasmus.
Questo progetto voluto dall’UE ha qualcosa di rivoluzionario: esso non nasce per garantire un diritto inalienabile del cittadino, bensì promuove una coscienza europea tra i giovani laureandi. E i primi risultati già si stanno scorgendo: a 25 anni dall’introduzione del progetto la “Generazione Erasmus” ormai laureata e entrata nel mondo del lavoro guarda con molta più facilità, rispetto a coloro che hanno svolto un percorso accademico tradizionale, a lavorare fuori dai propri confini nazionali e tende a muoversi con più facilità dalla propria patria.
Se solo ci pensiamo bene già qualche secolo fa esisteva un antesignano del progetto Erasmus: era quel “tour” che facevano farei ricchi nobili ai propri figli per apprendere le dinamiche oltre il confine del proprio regno.
Oggi questa opportunità è invece aperta ai milioni di studenti universitari europei.

Ma pochi giorni fa qualcuno ha lanciato un segnale d’allarme: il deputato francese Alain Lamassoure (PPE), presidente della commissione parlamentare bilancio del Parlamento Europeo, ha denunciato che alcuni paesi, se non si operano modifiche al budget europeo, rischiano di non poter garantire più ai propri studenti la possibilità di studiare all’estero.
A seguito di questa dichiarazione quasi tutte le forze politiche europee si sono attivate per garantire che questa “Generazione Erasmus” possa continuare a sentirsi protagonista a pieno titolo del progetto UE.

E’ di poche ore fa la notizia che la Commissione Europea avrebbe approvato un bilancio rettificato per finanziare, tra le varie cose, il progetto Erasmus con 90 milioni di euro.
Questa è sicuramente una buona notizia ma l’Europa deve dire con chiarezza quali sono le proprie priorità altrimenti il rischio che si corre riguarda proprio il futuro dell’Unione: non si può, soprattutto in un periodo di crisi economica, politica e valoriale, fare un passo indietro nel processo di integrazione europeo. Questo, infatti, potrebbe essere il primo passo verso il fallimento del tanto agognato sogno europeo.
*portavoce nazionale StudiCentro
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Fiducia nei giovani? Dimostratelo con l’Erasmus

postato il 18 Ottobre 2012

di Alessandro Boggian

L’Erasmus, il famoso progetto nato per incentivare lo scambio culturale tra studenti appartenenti ai vari Paesi dell’Unione Europea promuovendo periodi di studio e di vita all’estero, rischia di chiudere per fallimento. Dopo aver fatto viaggiare più di 3 milioni di studenti, il fondo di finanziamento sembrerebbe essere rimasto al verde, lasciando così un velo di mistero sul futuro dell’intero progetto esistente fin dal 1987.

Il fondo sociale europeo “non ha più un euro”, questo è il grido d’allarme lanciato dal Parlamento Europeo circa la pesante situazione in cui versa il Progetto Erasmus che, dalla prossima settimana resterà con le casse vuote e, insieme ai fondi europei per la ricerca, rischierà di affondare in un mare di debiti (solo per il 2012 ammontano a 10 miliardi di euro): una enorme mole di fatture relative a progetti che sono già in esecuzione e che, per il momento, difficilmente saranno saldate. Nel Parlamento europeo sono stati presentati diversi emendamenti che esprimono la volontà di evitare i tagli prospettati dal Consiglio europeo sul programma Erasmus, ma il problema del buco da coprire, denunciato da Lamassoure, resta.

Il progetto Erasmus ha permesso di fare sino ad oggi una concreta esperienza all’estero, imparando lingue e costumi che hanno contribuito a dare ai giovani una visione più coerente e concreta di che cosa possa essere una ”identità” europea.

L’Europa deve rappresentare oggi più che mai un riferimento politico e sociale. E il progetto di mobilità studentesca Erasmus ha rappresentato sino a oggi una delle realtà fondanti di una nuova generazione di cittadini europei. Tanto che il numero di borse dovrebbe essere ampliato andando a garantire anche gli studenti con maggiori difficoltà socio-economiche di partenza.

Dunque, gli Stati membri dell’Unione dovrebbero mettere la propria quota per il raggiungimento della cifra prevista secondo i normali criteri di contribuzione. Ed è proprio qui che potrebbero sorgere delle difficoltà, visto lo stato di crisi economica in cui versano molti governi di Eurolandia. Con la bocciatura del bilancio correttivo della commissione per il 2012 verranno a mancare gli investimenti europei in quelli che sono sempre sbandierati come fattori di crescita: l’educazione, la riqualificazione professionale, la mobilità di lavoratori, studenti e ricercatori, le infrastrutture, la ricerca e l’innovazione.

Mi auguro che i fondi per il programma di scambi internazionali delle università del nostro continente siano ripristinati al più presto: è in gioco un progetto in grado di far crescere e vivere un Europa dei cittadini, non dei poteri forti. E’ in gioco l’identità stessa del sogno europeo. Non possiamo pensare di mettere Erasmus in pericolo. Come è inconcepibile che il Consiglio non voglia rendere disponibili le risorse necessarie per finanziare questi progetti.

Il sogno di quel ragazzo di Nizza che riuscì a mettere insieme una rete di 12 mila universitari in 70 città europee e che divenne realtà organizzata grazie all’appoggio del presidente francese François Mitterrand, rischia di naufragare per mancanza di risorse.

Speriamo che non sia così.

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Perché è l’Italia ad avere bisogno di questa stagione politica

postato il 12 Ottobre 2012

di Vincenzo Pezzuto

Con il governo Monti in poco meno di un anno si è dato il via a Spending review, agenda digitale, liberalizzazioni, è stato riconsegnato all’Italia potere decisionale in ambito comunitario. Eppure c’è chi ad oggi sostiene un Premier, osannandone la spinta riformatrice, ma al contempo gli chiede di farsi da parte. Come se Monti fosse solo una piccola parentesi, un bisogno momentaneo. Per cosa poi? Qualcuno risponde per la democrazia. Si badi, non si parla di democrazia nel senso etimologico di “governo del popolo”, ma di ritorno allo scontro urlato ed aspro delle primarie, delle alleanze fallite, del fantomatico ritorno in campo del Cavaliere rottamatore dell’euro. Proprio quello che serve al Paese in un momento di forte instabilità finanziaria. C’è chi chiede, tralasciando un dato cruciale, di andare oltre la seconda repubblica, di aprire una fase tutta nuova nella storia repubblicana. La vita delle fasi repubblicane coincide con dati ben precisi e non con vicende giudiziarie od altro. Ogni periodo corrisponde alle rispettive stagioni delle riforme. Soprattutto perchè ad oggi paghiamo le conseguenze di quelle scelte scellerate. Basti pensare al federalismo fiscale leghista (fummo gli unici a votare contro) approvato senza il completamento di quello istituzionale, alla riforma del Titolo V, approvata dalla sinistra senza stabilire con precisione “chi fa cosa”, con dei costi insostenibili per la collettività (la spesa regionale è aumentata di 90 mld). Se le varie fasi hanno fallito è perchè le relative stagioni di riforme hanno deluso. Ma ce n’è una (quella Monti) che in controtendenza, non ha portato al fallimento (o meglio al default) e per questo motivo merita di proseguire nel segno della crescita. Merita perchè si è, in poco tempo, aperta a riforme mai affrontate ed imprescindibili per la vita del Paese. I principali sostenitori di questo Governo si espongono quotidianamente alla luce del sole, senza timori e ripensamenti e, con la stessa chiarezza di questi mesi, sosterranno il Monti-bis ed il piano di riforme avviato, perchè è l’Italia ad averne bisogno.

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Il mio saluto, a nome dell’Idc, al Santo Padre

postato il 22 Settembre 2012

Santità,

le esprimo profonda gratitudine a nome dell’Internazionale Democratico Cristiana e di Centro per la straordinaria opportunità che Ella ci ha concesso d’essere qui, oggi, a Castel Gandolfo.

C’è in noi un anelito, certo insufficiente ma sincero, per la libertà, per la difesa della dignità dell’uomo, per la intangibilità della vita, per l’affermazione dei diritti dei più deboli, siano essi donne, minori o minoranze etniche e religiose, contro ogni sopraffazione e violenza.

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Trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza

postato il 22 Settembre 2012

Pubblichiamo, in italiano ed inglese, il discorso che il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto ai partecipanti all’Incontro promosso dall’Internazionale Democratico Cristiana.

Signor Presidente,

onorevoli Parlamentari,

distinti Signore e Signori!

Sono lieto di ricevervi durante i lavori del Comitato Esecutivo dell’Internazionale Democratico Cristiana, e desidero, anzitutto, rivolgere un cordiale saluto alle numerose Delegazioni, provenienti da tante nazioni del mondo. Saluto in particolare il Presidente, On. Pier Ferdinando Casini, che ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto a vostro nome. È trascorso un lustro dal nostro precedente incontro ed in questo tempo l’impegno dei cristiani nella società non ha cessato di essere vivace fermento per un miglioramento delle relazioni umane e delle condizioni di vita. Questo impegno non deve conoscere flessioni o ripiegamenti, ma al contrario va profuso con rinnovata vitalità, in considerazione del persistere e, per alcuni versi, dell’aggravarsi delle problematiche che abbiamo dinanzi.

Un rilievo crescente assume l’attuale situazione economica, la cui complessità e gravità giustamente preoccupa, ma dinanzi alla quale il cristiano è chiamato ad agire e ad esprimersi con spirito profetico, capace cioè di cogliere nelle trasformazioni in atto l’incessante quanto misteriosa presenza di Dio nella storia, assumendo così con realismo, fiducia e speranza le nuove emergenti responsabilità. «La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, diventando così occasione di discernimento e di nuova progettualità» (Enc. Caritas in veritate, 21).

E’ in questa chiave, fiduciosa e non rassegnata, che l’impegno civile e politico può ricevere nuovo stimolo ed impulso nella ricerca di un solido fondamento etico, la cui assenza in campo economico ha contribuito a creare l’attuale crisi finanziaria globale (Discorso alla Westminster Hall, Londra, 17 settembre 2010). Il contributo politico ed istituzionale di cui voi siete portatori non potrà quindi limitarsi a rispondere alle urgenze di una logica di mercato, ma dovrà continuare ad assumere come centrale ed imprescindibile la ricerca del bene comune, rettamente inteso, come pure la promozione e la tutela della inalienabile dignità della persona umana. Oggi risuona quanto mai attuale l’insegnamento conciliare secondo cui «nell’ordinare le cose ci si deve adeguare all’ordine delle persone e non il contrario» (Gaudium et spes, 26). Un ordine, questo della persona, che «ha come fondamento la verità, si edifica nella giustizia» ed «è vivificato dall’amore» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1912) ed il cui discernimento non può procedere senza una costante attenzione alla Parola di Dio ed al Magistero della Chiesa, particolarmente da parte di coloro che, come voi, ispirano la propria attività ai principi ed ai valori cristiani.

Sono purtroppo molte e rumorose le offerte di risposte sbrigative, superficiali e di breve respiro ai bisogni più fondamentali e profondi della persona. Ciò fa considerare tristemente attuale il monito dell’Apostolo, quando mette in guardia il discepolo Timoteo dal giorno «in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole» (2 Tm 4,3).

Gli ambiti nei quali si esercita questo decisivo discernimento sono proprio quelli concernenti gli interessi più vitali e delicati della persona, lì dove hanno luogo le scelte fondamentali inerenti il senso della vita e la ricerca della felicità. Tali ambiti peraltro non sono separati, ma profondamente collegati, sussistendo tra di essi un evidente continuum costituito dal rispetto della dignità trascendente della persona umana (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929), radicata nel suo essere immagine del Creatore e fine ultimo di ogni giustizia sociale autenticamente umana. Il rispetto della vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino al suo esito naturale – con conseguente rifiuto dell’aborto procurato, dell’eutanasia e di ogni pratica eugenetica – è un impegno che si intreccia infatti con quello del rispetto del matrimonio, come unione indissolubile tra un uomo e una donna e come fondamento a sua volta della comunità di vita familiare. E’ nella famiglia, «fondata sul matrimonio e aperta alla vita» (Discorso alle Autorità, Milano, 2 giugno 2012), che la persona sperimenta la condivisione, il rispetto e l’amore gratuito, ricevendo al tempo stesso – dal bambino al malato, all’anziano – la solidarietà che gli occorre. Ed è ancora la famiglia a costituire il principale e più incisivo luogo educativo della persona, attraverso i genitori che si mettono al servizio dei figli per aiutarli a trarre fuori («e-ducere») il meglio di sé. La famiglia, cellula originaria della società, è pertanto radice che alimenta non solo la singola persona, ma anche le stesse basi della convivenza sociale. Correttamente quindi il Beato Giovanni Paolo II aveva incluso tra i diritti umani il «diritto a vivere in una famiglia unita e in un ambiente morale, favorevole allo sviluppo della propria personalità» (Enc. Centesimus annus, 44).

Un autentico progresso della società umana non potrà dunque prescindere da politiche di tutela e promozione del matrimonio e della comunità che ne deriva, politiche che spetterà non solo agli Stati ma alla stessa Comunità internazionale adottare, al fine di invertire la tendenza di un crescente isolamento dell’individuo, fonte di sofferenza e di inaridimento sia per il singolo sia per la stessa comunità.

Onorevoli Signore e Signori, se è vero che della difesa e della promozione della dignità della persona umana «sono rigorosamente e responsabilmente debitori gli uomini e le donne in ogni congiuntura della storia» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929), è altrettanto vero che tale responsabilità concerne in modo particolare quanti sono chiamati a ricoprire un ruolo di rappresentanza. Essi, specialmente se animati dalla fede cristiana, devono essere «capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza» (Gaudium et Spes, 31). Utilmente risuona in questo senso il monito del libro della Sapienza, secondo cui «il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto» (Sap 6,5); monito dato però non per spaventare, ma per spronare e incoraggiare i governanti, ad ogni livello, a realizzare tutte le possibilità di bene di cui sono capaci, secondo la misura e la missione che il Signore affida a ciascuno.

Auguro quindi ad ognuno di voi di proseguire con entusiasmo e decisione nell’impegno personale e pubblico, e assicuro il ricordo nella preghiera affinché Dio benedica voi e i vostri familiari. Grazie per l’attenzione.

***

Mr President,

Honourable Members of Parliament,

Ladies and Gentlemen,

 I am delighted to be able to receive you during the course of the work of the Executive Committee of the Christian/Centrist Democrat International. I would like, first of all, to address my cordial greetings to the numerous delegations from many countries around the world and, in particular, to your President, the Honourable Pier Ferdinando Casini, whom I thank for the courteous words he addressed to me in your name. Five years have passed since our last meeting, during which time the involvement of Christians in society has not ceased to enliven and improve human relations and living conditions. This commitment must not lessen or decrease; rather, it must be proffered with renewed vitality, in view of the persistence and, in some cases, the worsening of the problems we are facing.

 The current economic situation is becoming increasingly serious, and its complexity and gravity rightly arouse concern. Yet, in the face of this situation, Christians are called to act and express themselves with a prophetic spirit – that is, a spirit capable of seeing in these transformations the unceasing and mysterious presence of God in history – and thus to shoulder their newly emerging responsibilities with realism, confidence and hope. «The current crisis obliges us to re-plan our journey, to set ourselves new rules and to discover new forms of commitment … [it] thus becomes an opportunity for discernment, in which to shape a new vision for the future» (Enc. Caritas in veritate, 21).

In this way, with confidence not resignation, civil and political activity must be given new incentives to seek solid ethical foundations, the lack of which in the economic field has helped to create the current global financial crisis (Address at Westminster Hall, London, 17 September 2010). Your political and institutional commitment must not, then, be limited to responding to the requirements of market logic. Rather, its central and indispensable goal must remain the search for the common good, correctly understood, and the promotion and protection of the inalienable dignity of the human person. The teaching of Vatican Council II that «the order of things must be subordinate to the order of persons, and not the other way around» (Gaudium et spes, 26) is today more timely than ever. This order of persons «is founded on truth, built up in justice, and animated by love» (Catechism of the Catholic Church, 1912), and it cannot be discerned without constant attention to the Word of God and the Magisterium of the Church, especially by people such as you, who draw the inspiration for their activities from Christian principles and values.

Unfortunately the cursory, superficial and short-term responses to the most fundamental and profound human needs are numerous and strident. This makes the words of the Apostle sadly appropriate for our own time, when he warned Timothy of the day in which «people will not put up with sound doctrine, but having itching ears, they will accumulate for themselves teachers to suit their own desires, and will turn away from listening to the truth and wander away to myths» (2 Tim 4:3).

The areas in which this decisive discernment is to be exercised are those touching the most vital and delicate interests of the person, the place where the fundamental choices regarding the meaning of life and the search for happiness are made. These areas are not separate from one another but profoundly interconnected; they possess a manifest continuum which is constituted by respect for the transcendent dignity of human beings (cf. Catechism of the Catholic Church, 1929), rooted in the fact that they were made in the image of the Creator and are the ultimate goal of any authentically human social justice. The commitment to respecting life in all its phases from conception to natural death – and the consequent rejection of procured abortion, euthanasia and any form of eugenics – is, in fact, interwoven with respecting marriage as an indissoluble union between a man and a woman and, in its turn, as the foundation for the community of family life. It is in the family, «founded on marriage and open to life» (Address to the Authorities, Milan, 2 June 2012), that human beings experience sharing, respect and gratuitous love, at the same time receiving – be they children, the sick or the elderly – the solidarity they need. The family, moreover, constitutes the principal and most significant place for the education of the person, thanks to the parents who place themselves at the service of their children in order to draw out («e-ducere») the best that is in them. Thus the family, the basic cell of society, is the root which nourishes not only the individual human being, but the very foundations of social coexistence. Blessed John Paul II was right, then, to include among human rights, «the right to live in a united family and in a moral environment conducive to the growth of the child’s personality» (Enc. Centesimus annus, 47).

The authentic progress of human society cannot forgo policies aimed at protecting and promoting marriage, and the community that derives therefrom. Adopting such policies is the duty not only of States but of the International Community as a whole, in order to reverse the tendency towards the growing isolation of the person, which is a source of suffering and atrophy for both individuals and for society.

Honourable ladies and gentlemen, if it is true that the defence and promotion of human dignity «have been entrusted to us by the Creator” as a duty that pertains strictly and responsibly to “men and women at every moment of history” (cf. Catechism of the Catholic Church, 1929), it is equally true that this responsibility particularly concerns those called to political office. They, especially if animated by Christian faith, must be «strong enough to provide coming generations with reasons for living and hoping» (Gaudium et Spes, 31). In this sense, the warning contained in the Book of Wisdom to the effect that «severe judgement falls on those in high places» (Wis 6:5) is highly beneficial, a warning given not to frighten but to spur and encourage those in government, at all levels, to achieve all the good of which they are capable, in keeping with the mission the Lord entrusts to each one.

 In the hope, then, that each of you will continue to fulfil your personal and public commitments with enthusiasm and determination, I assure you all of a remembrance in my prayers, and I invoke God’s blessings upon you and your families. Thank you for your attention.

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Il futuro da scegliere

postato il 21 Settembre 2012

di Vincenzo Pezzuto

Decisamente in sintonia con l’esigenza di un futuro più sicuro e responsabile (più che di una politica responsabile) appare l’analisi di Fabbrini su “Il Sole 24 di Ore”. Parlare di scollamento tra l’establishment del Paese (che teme il ritorno ad una competizione politica irresponsabile) e la politica, significa parlare di due visioni che trasversalmente attraversano (come ha precisato il capogruppo Udc alla camera, Galletti) la società e la classe politica: chi considera Monti tecnocrazia e chi invece crede che stia lavorando per il bene dell’Italia.
Un quadro simile mal si concilia con la precaria situazione economica italiana (secondo debito pubblico di Europa e tra i più alti al mondo), che impone serietà e senso di protezione finanziaria.
La ricetta per risanare tali fratture potrebbe essere quella (come propone Fabbrini) di individuare quattro doveri che i partiti dovranno rispettare, con la consapevolezza che un clima di tensione e di politica urlata avrà pesanti ripercussioni sul Paese.
A farsi avanti per proporre la lista degli ingredienti è stato Pier Ferdinando Casini:

Si attendono i dettagli della proposta, ma possiamo affermare già di averli e sono frutto della politica responsabile di questi ultimi mesi. Perchè gli impegni e le proposte nei confronti del futuro di un Paese non si improvvisano dalla sera alla mattina, ma si elaborano con consapevolezza ed un pizzico di lungimiranza.

1) Quale Europa sarà necessario avere in mente? Quale futuro per la moneta unica?
L’Europa che gli europei hanno in mente è la stessa che propone l’Udc: gli Stati Uniti d’Europa. Non si può prescindere dal rilancio della crescita e degli investimenti, dalla creazione di posti di lavoro, dalla sussidiarietà e dal mutualismo reciproco. A fare da collante dovrà esserci un elemento cardine, la maggiore unità politica. Questo è il quadro che dovrà interessare l’UE e chi lo rispetta (come l’Udc) ha votato con convinzione il pareggio di bilancio in Costituzione e il fiscal compact). Occorre stare alla larga da chi pone a repentaglio il futuro dell’assetto comunitario (e soprattutto dei cittadini e milioni di lavoratori europei) riproponendo vecchie trovate populistiche dagli effetti catastrofici.

2) Quali le priorità da soddisfare (con copertura finanziaria)?
Combattere il populismo significa essere chiari nei confronti degli elettori. Significa individuare delle priorità da soddisfare. Il fine ultimo non dovrà essere quello di riempire paginone di programmi utili solo al proprio tornaconto elettorale. Significa individuare dei punti realizzabili con mezzi e risorse finanziarie realmente disponibili e nel rispetto dei vincoli finanziari esterni. La differenza rispetto al passato consterà nella bravura di certa classe politica nella ricerca non di facili consensi (grazie alle solite furbizie) ma promettendo dei sacrifici e misure per la crescita (ma veramente realizzabili). Non è plausibile sentir parlare ancora di abolizione dell’Imu da chi non ha mai fornito giustificazioni finanziarie sull’abolizione dell’Ici (con i risultati che tutti sappiamo). Ai pacchetti (anzi “pacchi”) programmatici preconfezionati ad arte non crede più nessuno ed in particolar modo i mercati.

3) Posizione in merito a mercato del lavoro, pensioni, evasione fiscale?
La strada è in salita (e lo si sapeva) ma è già delineata e collaudata dai fatti (del resto l’Italia non ha fatto la fine di Grecia e Spagna): continuità con l’Agenda Monti e le riforme. Riforme che interessano il lavoro, le pensioni e i giovani non si votano perchè proposte da un Governo tecnico o perchè imposte dallo stato di emergenza. Si attuano perchè sono le uniche in grado di dare riposte alle prospettive dei giovani. In questi restanti mesi di Governo e dal 2013 è e sarà doveroso puntare: – alla riduzione dell’Irpef per le famiglie con redditi bassi ed in base al numero dei figli (compatibilmente con le coperture finanziarie); – alla sburocratizzazione del sistema amministrativo ed all’approvazione della riforma della Giustizia in modo da rendere appetibile il mercato italiano agli investitori nazionali ed esteri; a rendere operativa l’Agenda Digitale, che potrà dare un contributo del 5% alla crescita del Pil da qui al 2020; – alla redazione di un piano strategico per il rilancio del mezzogiorno (si badi: in netta antitesi con le disattese promesse del passato); – ad ulteriori fasi della spending review; – a combattere chi vive alle spalle della gente onesta che giornalmente contribuisce al mantenimento della cosa pubblica (e che potremmo definire “ladro” né più né meno di chi prende tangenti nella Pubblica amministrazione – come già dichiarato dal leader Udc).

4) Commissione esterna di esperti per la valutazione delle proposte?
Affinche la prossima competizione elettorale non si trasformi in un gioco al massacro dove a pagare saranno sempre i soliti, la commissione paventata da Fabbrini potrà svolgere un ruolo interessante. A patto che si tratti unicamente di una valutazione connessa alla disponibilità finanziaria delle proposte partitiche. Il giudizio di valore spetta ai cittadini e dovrà rispondere al grado di soddisfacimento del loro benessere.

Occorre, in definitiva, “ricucire” il Paese e l’Europa, puntare con forza alla crescita, continuare con forza sulla strada del Governo Monti per il bene dell’Italia. Occorre mettere da parte i personalismi, le furbizie, la demagogia e le trovate populistiche. Più senso di responsabilità. Più proposte efficaci. Più futuro. Più Italia.

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Psicoterapia europea

postato il 6 Agosto 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Anna Giunchi

Le parole di Mario Monti, riguardanti una possibile disgregazione psicologica dell’Europa, devono far riflettere tutti quei governi che ragionano in un’ottica strettamente individualista, preoccupati e disgregati nelle proprie politiche interne. Il premier ha infatti espresso il pericolo di una vera e propria perdita di identità europea, pericolo che potrebbe presentarsi qualora l’euro possa rappresentare elemento di divisione tra i paesi dell’Eurozona. In questo caso, infatti, si distruggerebbero le fondamenta di un serio e auspicabile progetto europeo.

Gli interventi “terapeutici” di Mario Draghi, pronti quanto prima a risolvere con urgenza questi conflitti, sono stati accolti favorevolmente dal Premier. Draghi, infatti, dal board della Bce, ha garantito sostegno unanime attraverso pianificate azioni complesse che agiranno in tempi diversi. L’Italia, che è il Terzo stato piu’ importante dell’ Unione Europea, non può permettersi di “retrocedere” uscendo dall’Euro.  Il lavoro della Bce ha messo in campo gli strumenti adeguati per fronteggiare una crisi recessiva, fronteggiando la speculazione e ricercando una stabilità fiscale.

Rimane il difficile compito di recuperare una perfetta mobilita’ del lavoro utilizzando politiche fiscali compensative e non restrittive. Perché tutto questo sia possibile ci vuole, da parte degli stati membri, il riconoscimento di una identità comune: quella degli Stati Uniti d’Europa.

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La tragica fine di un coraggioso

postato il 25 Luglio 2012

L’intervento di Pier Ferdinando Casini sul quotidiano “La Repubblica”

Caro direttore,
da quando nel febbraio del 2008 all’anziano e malato Fidel è subentrato Raul Castro, la questione del rispetto dei diritti umani a Cuba è sostanzialmente scomparsa dalle cronache dei grandi media e dalle preoccupazioni della comunità politica occidentale. Come se, venuto meno il blocco comunista sovietico da una parte e costretto dall’età a fare un passo indietro Fidel dall’altra, il problema fosse destinato a risolversi naturalmente. Raul ha prima promesso e poi attuato alcune limitate riforme economiche, vagheggiando il sogno di trapiantare sull’isola caraibica il modello di capitalismo socialista di Stato che ha proiettato negli ultimi anni la Cina ai vertici delle graduatorie mondiali della crescita. [Continua a leggere]

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Se la Grecia diventa un monito

postato il 24 Luglio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

In questi giorni i mercati finanziari europei sono scossi da impetuosi venti ribassisti che hanno molteplici radici accomunate tutte da un palese nervosismo motivato da una paura verso il fallimento della Spagna. I recenti sviluppi, alla luce di alcuni fatti riportati in passato, impongono una riflessione molto seria.

Se la Spagna cadesse, la prossima a rischiare potrebbe essere la Germania a causa della fragilità del sistema bancario tedesco, inoltre ho affermato che se la Grecia dovesse dichiarare fallimento, le perdite per il sistema industriale tedesco si aggirerebbero intorno ai 200 miliardi di euro (circa il 10% del PIL tedesco); la Cina sta rallentando pesantemente e questo apre un possibile scenario di crisi anche in Asia; questi sono fatti oggettivi. In questi giorni, tra altro,  l’agenzia Moody’s ha abbassato a “negative” le prospettive future per l’economia tedesca.

I recenti sviluppi sono legati ad alcune dichiarazioni: pochi giorni fa il ministro spagnolo Montoro ha dichiarato che, se la BCE non avesse comprato i titoli di stato spagnoli (Bonos), il paese iberico non avrebbe avuto la liquidità (ovvero i soldi in cassa) per pagare i servizi.

E’ una dichiarazione pesante, resa al parlamento spagnolo, quindi un contesto ufficiale e nel quale le parole vengono scelte accuratamente e pesate e sono state dette per motivare le pesantissime misure prese dal governo spagnolo. A questo aggiungiamo le recenti richieste da parte di alcune regioni spagnole (Valencia e soprattutto la Catalogna, che, per importanza economica, è la seconda regione del paese iberico). Domenica, invece, il ministro tedesco Rosler ha affermato che l’eventualità del default della Grecia è una ipotesi concreta e che non preoccupa. Ipotesi che anche l’FMI sembra che stia considerando.

Detto ciò, cosa possiamo concludere? E’ possibile che la Germania accetti tranquillamente il costo che comporta il default greco per il suo sistema industriale?

La risposta è si. Nonostante le recenti dichiarazioni da parte del Presidente dell’Eurogruppo Juncker. Evidentemente la riflessione della Germania parte dal presupposto che ormai per la Grecia non ci siano più speranze, ma questo non basterebbe a giustificare l’uscita del ministro.

A mio avviso, la dichiarazione tedesca fa eco a quella del ministro Monitoro e ha un duplice scopo: da un lato spingere affinché Madrid approvi il prima possibile il piano stabilito dal governo, e dall’altro lato usare la Grecia (e le conseguenze che avrebbe il popolo greco uscendo dalla UE) come monito e come esempio verso quelle persone che non accettano il piano di tagli e risanamento varato dai vari governi.

Insomma, si può ipotizzare che la Grecia venga usata come esempio (in negativo) di quel che può accadere se non si rispetta un piano di austerity e si va in default.

Se questa mia personale riflessione è corretta, nel giro di poche settimane vedremo l’uscita della Grecia dalla UE e la sua contestuale dichiarazione di default, con tutto quello che comporterà (aumento dell’inflazione, della disoccupazione e, potenzialmente, disordini).

In ogni caso, nei prossimi giorni vedremo un aumento della volatilità sui mercati finanziari e altri ribassi, come avevo affermato in passato, ma ribadisco che se la Spagna cade, la prossima a seguirla potrebbe essere il sistema bancario tedesco.

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L’accordo raggiunto permette di rilanciare l’Europa

postato il 29 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo ” di Mario Pezzati

L’accordo raggiunto ha galvanizzato le borse europee, soprattutto perché dopo le diatribe degli ultimi giorni quasi nessuno si aspettava un simile risultato. Evidente anche l’impatto sul fronte obbligazionario, tanto che lo spread BTP-Bund ha subito un forte ridimensionamento e dopo essere sceso al di sotto dei 410 punti base, ha risalito la china. Ora il differenziale tra il decennale tedesco e quello spagnolo viene fotografato poco oltre i 441 punti base, con una secca contrazione di quasi il 5,5%. In forte recupero i prezzi del petrolio che dopo l’affondo di ieri recuperano posizioni e si riportano a ridosso dei 79,5 dollari con un rialzo del 2,33%. A riattivare lo shopping sul greggio contribuisce anche l’indebolimento del dollaro, nei confronti del quale l’euro sta recuperando posizioni, scambiando a 1,257.

Sostanzialmente l’accordo raggiunto nella notte ha dato vita al meccanismo anti-spread proposto dal Presidente del Consiglio Mario Monti ed è prevista l’adozione di un sistema che permetta di tenere sotto controllo l’andamento degli spread, oltre ad un piano che consenta l’uso dei fondi europei di salvataggio volto a stabilizzare i mercati del debito e ricapitalizzare direttamente le banche rompendo, di fatto, il circolo vizioso banche/debito sovrano.

Cosa accadeva infatti? Che i problemi delle banche emergevano tardi (quando erano veramente enormi), e venivano scaricati sui bilanci degli stati, indebolendo questi ultimi e generando ulteriori problemi e costi, in un circolo vizioso. Con un intervento diretto sulle banche, invece, e soprattutto con la vigilanza preventiva (altro punto emerso dagli accordi di questa notte), gli interventi saranno tempestivi e con costi più limitati, permettendo la rottura del circolo vizioso di cui sopra, nell’ottica di uscita dalla crisi.

Si può pensare di essere nella fase finale della crisi che ha avuto inizio nella primavera del 2010? Al momento è prematuro per affermare una cosa del genere, ma gli esperti prevedono che, se si procederà ad una attenta analisi costi/benefici, l’unica conclusione sarà una soluzione basata su tre pilastri: Unione Bancaria, European Redemption Fund e cessione parziale di sovranità all’Unione europea.

L’accordo, oltre ai due fondi citati, riguarda anche altre iniziative che dovrebbero rilanciare l’economia europea, tra cui anche il pacchetto da 120 miliardi di euro da destinare agli investimenti produttivi.

La possibilità di ricapitalizzare direttamente le banche servirà non solo a rassicurare i mercati, ma permetterà interventi e controlli “prima” e non, come accade ora, dopo che i problemi diventino troppo gravi. In altre parole, con dei controlli preventivi e con le conseguenti azioni si vuole evitare che i costi degli interventi siano eccessivi e pesino eccessivamente sulle spalle dei cittadini e degli Stati.

Se andiamo ad analizzare il meccanismo anti spread, fortemente voluto da Mario Monti che aveva minacciato di non firmare le altre iniziative europee, facendo pesare i sacrifici che gli italiani avevano fatto per l’Europa, osserviamo che verrà attivato su richiesta dei Paesi che lo riterranno opportuno, ma non implicherà nuove condizioni oltre a quelle stabilite dal Patto di stabilità e crescita rafforzato, e la sua attivazione non sarà monitorata dalle istituzioni europee come nel caso dei programmi di aiuto per i paesi in bancarotta.

“Con questo accordo si capovolge il concetto di vigilanza e di condizionalità: finora la logica all’interno del patto di stabilità era impostata su verifiche ex-post dei conti pubblici e delle adeguate misure”, commenta Felice De Novellis, economista di Ref Ricerche. “Ora il controllo e la condizionalità sono spostati ex-ante: quindi la vigilanza, che certamente andrà rafforzata, dovrà verificare ex-ante se un Paese è nelle condizioni di poter avere tale tipo di sostegno”.
“Sposta la logica e ciò è un’ottima idea: un Paese sarà anche incentivato a essere e a rimanere in un sentiero virtuoso perché ciò gli consentirà di garantirsi livelli di rendimenti e politiche fiscali prevedibili. E di conseguenza un Paese diventa così anche più credibile. E’ uno strumento decisamente migliore rispetto a quello degli eurobond”, aggiunge De Novellis.

Lo stesso presidente della BCE, Mario Draghi, si è detto “molto contento” delle discussioni di ieri durante il Consiglio Ue di Bruxelles e incalza i leader a continuare oggi le trattative. “Sono stati raggiunti risultati nel breve termine. La deroga dello status di creditore privilegiato per la Spagna è uno di questi risultati”, ha aggiunto. “La futura possibilità di usare l’Esm per ricapitalizzare direttamente le banche, qualcosa che la Bce chiede da un po’ di tempo, è anche un buon risultato. E dobbiamo tenere in mente che tutte queste cose, per essere credibili, dovrebbero essere accompagnate da stretta condizionalità. Questo è essenziale”. “La Commissione europea – ha detto poi Draghi – presenterà una proposta sulla base dell’articolo 136 del Trattato per la creazione di un meccanismo di vigilanza unico, all’interno del quale la Bce assumerà il ruolo di supervisore per l’eurozona”. Per il presidente della Commissione Jose Manuel Barroso il vertice ha rappresentato un passo verso un’autentica unione monetaria della Eurozona. Sempre secondo Barroso, “i leader Ue sono stati capaci di prendere misure di breve e medio termine impensabili solo fino a pochi mesi fa”.

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