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Credo che il “Problema Vero” sia quello di dover creare “Lavoro” e quindi creare nuovi posti di lavoro a beneficio delle persone, delle famiglie e del Paese, invece di eliminarli come sta facendo da tempo il Governo.
Contrastare la crisi significa andare incontro a chi ne ha più bisogno, significa quindi dare lavoro alle persone in modo da renderle più che autosufficienti restituendogli la dignità che gli é stata tolta e che gli si sta togliendo e conservare i posti di lavoro già esistenti.
Penso proprio che i Sign. Governanti e chi per loro debbano mettersi la mano sulla coscienza!
Buongiorno
Per Paolo. Quando mai un uomo politico o un governante ha avuto una coscienza? Forse queste speranze di attribuire una coscienza a politici/anti incalliti sono dovute alla sua giovane età.
Per il presidente Casini
La prego, presidente, non si fidi. Certe alleanze portano più male che bene!
Una citoyenne
Per la citoyenne.
Lei non sa e non può sapere la mia età.
La coscienza ce l’abbiamo tutti e prima o poi, quando qualcosa non va, rimorde sempre.
La speranza é sempre l’ultima a morire.
Orario pesante. Salario leggero.
Ma vi siete chiesti ‘il perché’ dell’alzata di scudi di Confindustria contro il governo, dello starnazzare della Marcegaglia contro Berlusconi, il presidente del consiglio tutto e solo dalla parte dell’impresa? La risposta è semplice. L’imprenditoria italiana fino a quando si è trattato di appoggiare il governo, per dividere il sindacato e porre la parola fine alla concertazione ed alla contrattazione collettiva, ha sostenuto Berlusconi. Nel momento in cui i ‘padroni’ si aspettavano dal ‘loro’ governo il colpo mortale da infliggere ai propri dipendenti, colpo che non c’è stato, hanno scaricato Berlusconi! Il mondo del lavoro ha tenuto botta sia perché il sindacato ha stemperato la conflittualità interna alle ‘sigle’ in nome del buon senso, della responsabilità, ma soprattutto della su stessa sopravvivenza, sia perché il governo, più confuso che liberista, più impegnato nelle vicende sessuali e giudiziarie del premier che nelle riforme, non ha saputo raccogliere quanto seminato, sprecando l’opportunità di sviluppare una politica delle relazioni industriali degna della peggiore globalizzazione: ha sì messo alle corde i lavoratori dipendenti, ma non ha saputo concludere lo scontro con il colpo del definitivo KO, come auspicato da Confindustria! Che il sindacato sia, comunque, in un momento di crisi è inconfutabile! Quel che oggi resta del grande movimento sindacale – nato e consolidatosi come parte integrante del movimento operaio, per proteggere la vita, la salute e la dignità dei lavoratori, ispirato al socialismo, ma anche al cristianesimo sociale – è un sindacato ‘vassallo’ della politica: indebolito, invecchiato, ripiegato su se stesso. Quel che oggi resta del sindacato storico – una delle più grandi istituzioni della democrazia moderna e anche delle più potenti, potenza abusata generando privilegi burocratici che si sono consolidati in una vera e propria ‘casta’ – del sindacato dei grandi scioperi, delle leggi sociali e dei lavoratori, è un relitto anacronistico, un orpello contrattuale: i contratti collettivi di lavoro sono superati e il sindacato è incapace di rappresentare gli interessi dei lavoratori dipendenti. E questo i lavoratori lo hanno percepito! Il sindacato nel corso degli anni ha perso in media oltre la metà degli iscritti, Pubblica Amministrazione esclusa! In Europa la quota dei salari sul Pil è scesa in media di dieci punti. In Italia, dove un punto di Pil vale 16 miliardi, è scesa di dodici punti. In Usa, grazie alle politiche antisindacali cominciate con la presidenza Reagan, i salari dei lavoratori dipendenti sono oggi al medesimo livello, in termini reali, del 1973. In Germania, dove almeno sui grandi temi i sindacati procedono in modo unitario, ed hanno per legge un peso effettivo nel governo delle imprese, il salario netto superava nel 2008 i 20.000 euro. In Italia, dove i sindacati marciano disuniti e nel governo delle imprese contano zero, il salario netto era sotto i 15.000 euro. Questi dati dicono che nei paesi sviluppati quando i sindacati sono deboli le retribuzioni, insieme con altri aspetti delle condizioni di lavoro, virano al ribasso. Ovviamente nei paesi emergenti va peggio. Qui i sindacati non esistono, o hanno scarso potere contrattuale. Risultato: a parità di produttività e di potere d’acquisto, i salari sono da due a cinque volte più bassi, gli orari assai più lunghi, i giorni di riposo e di ferie ridotti al minimo! Ma la colpa è tutta del sindacato? È vero che il mondo del lavoro sta cambiando – nuove tecnologie, mestieri inediti, contratti atipici – e che il peggioramento delle condizioni lavorative non sono da imputarsi esclusivamente al ritardo ‘storico’ dei sindacalisti nel comprendere le nuove realtà produttive. Ma è pur vero che dette realtà sembrano costruite appositamente per ostacolare il sindacato nel rappresentare gli interessi dei nuovi lavoratori: il legislatore permette cortesemente all’azienda di applicare loro l’etichetta di lavoratori autonomi ‘a progetto’, e la tutela del sindacato a questo punto si fa più complicata e lontana! Certo, del sindacato non sanno che farsene i direttori d’azienda, i manager, i liberi professionisti, gli artigiani e i commercianti. Ma i ‘lavoratori dipendenti’ hanno assolutamente bisogno di ‘un’ sindacato. Uno solo, ma potente: il sindacato dei lavoratori dipendenti!
Il nostro caro Presidente credo sia impegnato in altre facciende!!! Credo che non abbia tempo di pensare ai problemi reali della gente e delle famiglia che fanno sacrifici enormi per arri9vare a fine mese! Lui rivendica solo alcuni punti del programma, anzi uno, ma gli altri tra i quali il quoziente familiare e il sostego alle famiglie…be ormai i voti li hya presi!!! Credo però che gli italiani non siano stupidi e ha nno capito l’andazzo, almeno lo spero.