postato il 12 Settembre 2015 | in "Esteri"

Terrorismo: Occidente senza strategia, più debole dell’11 settembre

L’intervista di Marco Ventura a Pier Ferdinando Casini pubblicata su Il Messaggero 

messaggero

«Sembra passata un’epoca dall’11 Settembre, un’intera ondata della storia, e l’amara constatazione dopo 14 anni è che abbiamo fatto passi indietro: la strategia occidentale di contrasto al terrorismo si è rivelata inefficace».

Il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, l’11 Settembre si trovava nella sua stanza di presidente della Camera: «Ero con D’Alema, qualcuno ci disse di sintonizzarci sulla Cnn. Rimanemmo stupefatti di fronte a quella violazione di un tempio, a quella strage».
E adesso?
«Bisognerebbe fare autocritica su certe missioni militari basate, dall’Iraq alla Libia, su un eccesso di fiducia, sull’idea che rimossi i dittatori la strada per la democrazia sarebbe stata più agevole. I dittatori sono stati rimossi, ma quei Paesi sono piombati in un caos generalizzato. E dalle ceneri della primavere arabe sono nate restaurazioni o Stati terroristici».
Che cosa deve temere di più l’Occidente?
«Nuovi attentati, magari per mano di foreign fighters figli di una nostra generazione perduta, ma anche insediamenti territoriali terroristici che grazie a armi, petrolio e tanto denaro hanno fatto saltare le statualità definite dopo la Grande Guerra. Non esistono più Iraq, Siria, Somalia, Libia. Intere aree del’Africa centrale sono dominate dai terroristi di Al Shabaab e Boko Haram. In Siria è impossibile distinguere buoni e cattivi, perché all’Isis si contrappongono eredi di Al Qaeda come Al Nusra o regimi agonizzanti come quello di Assad».
Quanto ci costa il disimpegno americano in Medio Oriente?
«Gli americani scottati dagli interventi in Afghanistan e Iraq, rassicurati dall’autosufficienza energetica raggiunta con lo shale gas, concentrati sul Pacifico orientale, sembrano dirci: adesso siete maggiorenni e provvedete da voi. Ma chi siamo noi? L’Europa è un’entità ancora astratta, purtroppo, nella politica estera e di difesa. E il dialogo con interlocutori fondamentali come la Russia è condizionato dalla vicenda ucraina».
Non rimpiangerà mica la Guerra Fredda?

«Ho una qualche nostalgia, ma di Pratica di Mare, di una stagione in cui la Nato si poneva il problema di interloquire militarmente coi Paesi del Patto di Varsavia e in cui si associava alla Russia contro il terrorismo. È lì che bisogna tornare. Europa, Usa e Russia questa battaglia la condurranno assieme o la perderanno. Certo, la frattura tra sciiti e sunniti e all’interno del mondo sunnita tra Paesi come l’Arabia Saudita e la Turchia, aggrava la situazione. In Libia non a caso l’inviato dell’Onu, Bernardino Leon, non ha ancora raggiunto l’intesa per un governo di unità nazionale. Qatar e Turchia spingono sugli islamisti di Tripoli, Egitto e Arabia Saudita su Tobruk. Guerre per procura».
E l’Isis avanza…
«Anche questo non è un caso. La Turchia, membro della Nato, dopo mesi di disimpegno attacca un po’ l’Isis ma in realtà per colpire il Pkk e i curdi. Finché Assad non sarà rimosso, i turchi non contrasteranno mai sul serio l’Isis. Il presidente israeliano Rivlin, una delle persone più illuminate del Medio Oriente, mi ha detto: abbiamo sempre pensato che il nemico del nostro nemico fosse nostro amico, oggi è saltata anche questa equazione ed è guerra di tutti contro tutti. In un caos come questo, tra Stati fantasma e guerre per procura, mettere gli scarponi sul terreno sarebbe un atto di irresponsabile idiozia. Andare dove? Per combattere chi? Come? Quando? rischieremmo di ripetere l’errore della Libia: con sacro furore la comunità internazionale ha abbattuto Gheddafi per poi paradossalmente doverlo rimpiangere».
Eppure i francesi vogliono bombardare?
«Ho visto in un giornale egiziano una vignetta indicativa: un iracheno vedendo gli aerei volteggiare guarda in alto e dice: che fastidio, quando smetteranno di giocare con gli aeroplanini? I raid aerei sono forme di esibizionismo muscolare che rivelano solo una grande impotenza. Occorre un percorso politico che accompagni Assad al passaggio di poteri verso un governo tra gli Alawiti e la parte presentabile dell’opposizione siriana. Con la necessaria complicità di Russia e Iran».
Eppure proprio la presenza russa in Medio Oriente preoccupa Obama.
«La Russia difende l’unica enclave che gli è rimasta nel Mediterraneo, l’unico porto. La politica estera non è un ballo di gala, è uno scontro di rapporti di forza».
I conflitti in Siria e Libia alimentano i flussi migratori. Che fare?
«Non credo che per fermare la marea umana di profughi la soluzione più efficace e umanamente accettabile sia quella di creare muri. La Merkel ha mostrato la sua leadership proponendo ciò che Renzi, non sufficientemente ascoltato, dice da mesi: finalmente tutti capiscono che l’Italia ha pagato per prima un conto che oggi pagano altri in modo anche più salato. Non è giusto scaricare sui Paesi di primo approdo il problema dei rifugiati. Bisogna operare perché l’Unione Europea delle burocrazie lasci il posto a una politica completa e lungimirante di vicinato con il Mediterraneo, indirizzando risorse ai Paesi che ne hanno bisogno. Dopo gli attentati la Tunisia è stata lasciata sola, tante belle parole e pochi denari per un Paese messo in ginocchio nella fonte primaria del turismo».
E poi?
«Secondo: abbiamo bisogno ancora degli americani, perché non siamo autosufficienti, e dobbiamo lavorare per colmare la frattura con la Russia sull’Ucraina. L’Italia può svolgere un ruolo di ponte col Mediterraneo, senza illudersi di dare le carte ma avendo l’orgoglio della propria identità. Mentre tutti ci facevano le lezioni, noi siamo stati gli unici che hanno salvato vite umane».
Si passerà mai a una seconda fase nella missione aero-navale europea?
«Distruggere i barconi è fondamentale, ma ancora di più lo è sgominare chi tiene le fila di questo orrendo mercato, molti dei quali hanno il passaporto di Paesi europei e conti nelle nostre banche».



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